Il Tribunale cantonale amministrativo sarà chiamato a pronunciarsi ancora sul caso dell'Istituto di Mendrisio
Non accenna ad allentarsi il braccio di ferro tra il Decs, il Dipartimento educazione, cultura e sport, e il docente di elettrotecnica della Spai di Mendrisio. Come preannunciato, il professor Roberto Caruso, una volta recapitato il licenziamento ufficiale – controfirmato dal Consiglio di Stato a inizio settembre –, ha formalizzato il suo Appello al Tram, il Tribunale cantonale amministrativo. Impugnata la disdetta del rapporto di lavoro, lunedì è partito infatti il ricorso all'indirizzo dei giudici del Tram. Un dossier di poco meno di una quarantina di pagine nel quale si riaffermano i diritti, violati, dell'insegnante – uno su tutti quello di essere sentito nel corso della procedura –, e si chiede, di fatto, di cassare la rottura unilaterale del contratto. Per la seconda volta, quindi, il Tribunale sarà chiamato a pronunciarsi sul caso. E questo dopo che il Tram, sollecitato sulla sospensione decisa in un primo momento dal Decs, a metà agosto aveva dato ragione a Caruso e annullato l'intera procedura.
I quesiti, che valgono altrettante richieste, messe sul tavolo dal docente e dal suo patrocinatore – l'avvocato Stefano Fornara – sono essenzialmente due. Alla luce di quanto accaduto, in prima istanza si domanda, infatti, di accertare l'infondatezza dello scioglimento del rapporto di lavoro; considerando, di conseguenza, il licenziamento pronunciato dal governo come ingiustificato. Ciò aprirebbe così la strada, almeno sulla carta, a un possibile reintegro – che spetta, però, solo al Decs, ovvero al datore di lavoro, decidere di concedere –, ma in particolare fissando il principio del diritto a un indennizzo.
La seconda richiesta, invece, formula l'annullamento in toto della procedura di disdetta. Che, se accolta, restituirebbe una opportunità concreta all’insegnante di poter tornare a scuola. In buona sostanza, insomma, si sollecita il Tram a valutare se vi siano gli estremi per decretare la nullità assoluta della sanzione e dell'intero iter. E questo, si rimarca, a fronte delle gravi violazioni procedurali che hanno viziato la decisione dal punto di vista formale.
«A fronte degli elementi in possesso – commenta l'avvocato Fornara raggiunto da laRegione –, confidiamo in una nuova sentenza positiva del Tribunale». La parola, del resto, ora torna ai giudici.
Per il docente del Centro professionale tecnico (Cpt) del capoluogo questa è, dunque, un’ulteriore fase in quella che è ormai divenuta, per lui, una battaglia di principio. Lo è diventata soprattutto dopo che all'inizio del giugno scorso, a pochi giorni dalla fine dell'anno scolastico, è stato invitato in modo perentorio, e con effetto immediato, a lasciare la cattedra e i suoi alunni dopo 35 anni trascorsi nel mondo della scuola, di cui circa 12 quale parte integrante del corpo docente del Cpt. Le ragioni addotte dal Dipartimento all'epoca? Il comportamento del professore, ritenuto inadeguato e irrispettoso nei confronti dei suoi superiori. Tanto da portare alla rottura del rapporto di fiducia, all'origine, secondo quanto motivato a livello cantonale, del licenziamento.
Tutte motivazioni, quelle evocate, che hanno fatto reagire il sindacato Ocst, sin dall’inizio al fianco di Caruso, e indotto a discutere la politica, che da più parti – Mps, Centro, Avanti con Ticino&Lavoro e Lega – ha depositato davanti al governo degli atti parlamentari, determinati a chiedere chiarezza e a capire l'impatto di questo modo di agire sull'amministrazione pubblica e sugli studenti. Questa situazione ha portato altresì a mobilitarsi in particolare gli allievi del docente, da subito pronti a manifestargli la loro solidarietà. A tal punto da chiedere alla direttrice del Decs Marina Carobbio Guscetti un incontro per dare voce alle loro testimonianze. Sullo sfondo, come ribadito dai ragazzi, problematiche pratiche e un clima scolastico non sempre favorevole.
Tornando al caso, il Tram l'agosto scorso era stato netto. Procedendo senza aver sentito il docente, il Cantone aveva "privato il ricorrente del diritto di esprimersi prima di adottare la sospensione immediata della funzione". Un modus operandi, si rimarcava tra le righe della sentenza, anche "suscettibile di influire sulla reputazione professionale" dell'insegnante. Il verdetto dei giudici non aveva, però, spostato di un millimetro le intenzioni del Decs. Dipartimento che in seduta di conciliazione aveva poi ribadito la sua posizione, sfociata nel licenziamento sottoscritto al Consiglio di Stato.
Nei fatti, però, agli occhi del professore e del suo legale, l'avvocato Stefano Fornara, né in occasione della prima sospensione, né della seconda – giunta all'indomani della conciliazione –, né prima del licenziamento il docente ha potuto far sentire la sua voce. Non a caso, come nel primo ricorso – in cui si parlava esplicitamente di "ingiustizia" e sospensione avvertita come "puramente vessatoria" –, anche in questo caso il patrocinatore ha ripercorso passo dopo passo quanto avvenuto, non mancando di richiamare gli eventi che, a suo tempo, avevano convinto Roberto Caruso a interpellare i suoi superiori per far presente le cose che, a suo dire e a dire soprattutto degli studenti, non andavano bene. In effetti, già nel 2022 l'insegnante assieme ad altri colleghi aveva documentato in un incarto i vari problemi esistenti all'Istituto. Aspetti che non è dato sapere se a livello dipartimentale siano stati sviscerati.