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Catastrofi naturali, l’appello di Fabio Regazzi

Il consigliere agli Stati del Centro propone di creare un apposito Fondo nazionale. ‘Dobbiamo uscire dai soliti schemi’

Il ‘senatore’ ticinese ha depositato un’iniziativa parlamentare
(Keystone)
11 settembre 2024
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Un ‘Fondo nazionale catastrofi’, affinché la Confederazione possa finalmente agire in maniera proattiva in caso di danni causati da disastri naturali. La proposta è del consigliere agli Stati Fabio Regazzi. In un’iniziativa parlamentare depositata in questi primi giorni della sessione autunnale del Parlamento, il ‘senatore’ del Centro chiede che il Consiglio federale crei le basi legali per l’introduzione di “un Fondo nazionale dedicato alla gestione delle emergenze causate da catastrofi naturali, in modo da garantire le necessarie risorse per indennizzare rapidamente ed efficacemente le comunità colpite”. Intervista.

Fabio Regazzi, già oggi la Confederazione eroga aiuti di vario tipo in caso di catastrofi naturali. E stando alla Rsi, il Consiglio federale si appresta ad approvare un credito aggiuntivo di una cinquantina di milioni di franchi per le regioni colpite quest’estate dalle alluvioni, Mesolcina e Vallemaggia comprese. Che bisogno c’è di avere un apposito ‘Fondo’?

Finora la Confederazione ha sempre agito in modo reattivo, facendo capo a diversi strumenti esistenti qua e là. Manca un approccio proattivo, ‘organico’ e più a lungo termine. A questo si aggiunge che gli strumenti a disposizione oggi non sono adeguati a catastrofi di grandi dimensioni che spesso comportano danni per decine e decine di milioni di franchi.

Dice questo poche settimane dopo gli eventi che hanno devastato la Mesolcina, l’Alta Vallemaggia, il Vallese e l’Oberland bernese. Significa che qualcosa è andato storto nella risposta da Berna?

Finora ho sentito solo promesse di intervento. Esercito e Ufficio federale delle strade (Ustra) hanno fatto la loro parte, è vero. E infrastrutture come la A13 in Mesolcina e il ponte di Visletto in Vallemaggia sono state ripristinate, quest’ultimo per lo meno a titolo provvisorio. Niente da dire, su questo piano. Ma non ci si può fermare alla fase d’emergenza. Anche perché questi eventi ‘straordinari’, legati al cambiamento climatico, diventeranno sempre più ricorrenti. Non può essere che, a ogni occasione, la Confederazione debba inventarsi una risposta ad hoc, andando a reperire i fondi chissà dove.

I Verdi vorrebbero poter attingere dal fondo ‘Fostra’ per le strade nazionali per finanziare le misure necessarie per adeguare le infrastrutture al cambiamento climatico. Lei cosa propone?

L’idea è di fare in modo che vi sia un ‘Fondo’ al quale poter attingere per far fronte in maniera strutturata e tempestiva a queste catastrofi: non concentrandosi solo sull’aiuto alla ricostruzione delle infrastrutture, ma anche investendo in opere di rilancio territoriale e garantire le condizioni per mantenere l’attrattiva residenziale – per le famiglie e le aziende – delle zone periferiche colpite dai danni del maltempo. Meccanismi di questo tipo esistono già in Paesi a noi vicini.

Sono ambiti almeno in parte già coperti dall’intervento della Confederazione, ad esempio dalla Nuova politica regionale o dal regime del lavoro ridotto in caso di intemperie. Non si rischia di creare doppioni?

Oggi non c’è chiarezza. Può darsi che determinati strumenti esistano già, ma non sono riuniti in un corpus organico. Il mio atto parlamentare serve a provocare una discussione, a lanciare una sorta di appello a non mettere la testa sotto la sabbia e a uscire dai soliti schemi. Il Consiglio federale dovrà quindi venire allo scoperto, mettere le carte in tavola e riflettere su una soluzione coerente. Ad esempio, sul tema dei terremoti e le assicurazioni per gli immobili si è spinto esattamente in questa direzione.

Non è la prima volta che se ne parla. Vent’anni fa il consigliere nazionale Sep Cathomas chiedeva al Consiglio federale di esaminare la possibilità di creare un “istituto che consenta di fornire rapidamente ai Cantoni e ai Comuni aiuti finanziari dopo gravi calamità naturali”. Non se ne fece nulla.

Allora il Consiglio federale in pratica buttava la palla nel campo dei Cantoni. Ma in vent’anni sono cambiate molte cose! E comunque ribaltare l’onere di questo problema nazionale sugli enti di livello inferiore non è giusto, né realistico. Parliamo, per ciascuna delle regioni colpite quest’estate, di danni per decine e decine di milioni di franchi, nel migliore dei casi. Non tutti i Cantoni – senza parlare dei Comuni delle regioni periferiche, maggiormente soggette a questi rischi – possono permettersi di destinare sufficienti risorse alla prevenzione e alla mitigazione dei danni della natura sul loro territorio.

Di quanti miliardi di franchi dovrebbe essere dotato il Fondo?

È troppo presto per pronunciarsi su questo aspetto. Adesso siamo a uno stadio preliminare: si tratta semplicemente di capire se Parlamento e Consiglio federale ravvisano l’esistenza di un bisogno di intervenire oppure no. Poi toccherà casomai al Consiglio federale elaborare i criteri per il finanziamento, la forma giuridica, i beneficiari, così come i requisiti per attingere al Fondo. Si può ad esempio pensare a strumenti finanziari pubblico-privati, come l’emissione di obbligazioni territoriali o soluzioni analoghe. Occorrerà inoltre tener conto della forza finanziaria dei Cantoni.

Un politico-imprenditore che propone di attribuire nuovi compiti allo Stato non si vede tutti i giorni. Oltretutto, lei si è sempre battuto per snellire burocrazia e regolamentazioni.

Non sono io, è la realtà che attribuisce questo nuovo compito alla Confederazione. E più che un nuovo compito si tratta di mettere ordine nelle diverse misure in essere che tuttavia sono arzigogolate e difficilmente applicabili in caso di catastrofe. Mi rendo comunque conto che la proposta arriva in un momento poco propizio dal punto di vista finanziario, alla luce dei deficit miliardari previsti nei prossimi anni. Ma il tema a mio avviso va messo sul tavolo. Mi aspetto che la proposta qui a Berna venga sostenuta in particolare dai rappresentanti dei cantoni alpini. Ma non solo: dato che sono le zone alpine quelle più duramente colpite da questi eventi, si pone anche una questione di solidarietà interregionale. In Parlamento questo Fondo per le catastrofi naturali sarà un ulteriore banco di prova per testare il rapporto centro-periferia, che si sta deteriorando a scapito di quest’ultima.