Meno code o più traffico? Il ‘senatore’ del Centro e il consigliere nazionale del Ps la vedono in maniera diametralmente opposta. Il dibattito
Siete entrambi di Gordola. Come siete venuti a Bellinzona stamattina?
Bruno Storni: Con il treno.
Fabio Regazzi: In macchina. A dir la verità avrei voluto venire in treno. Ma dovevo fermarmi in un posto per una commissione, quindi ho preso la macchina. Poi però al rientro darò un passaggio al Bruno.
Storni: Car pooling!
Regazzi: Sì, car pooling! Come abbiamo già fatto a Melide, per il dibattito a Teleticino.
Ci fosse stato il collegamento veloce A2-A13?
Storni: Sarei venuto in treno comunque. Ci avrei impiegato 18 minuti, più una breve passeggiata fino alla ‘Regione’. Non credo che con l’A2-A13 [prevista non prima del 2040, ndr] sarei arrivato prima.
Lei è in pensione. Per Fabio Regazzi sarebbe stato più difficile.
Regazzi: [ride] Senza offesa. Anzi, con una punta di invidia… Per me è una questione di praticità. A Berna vado sempre in treno. Lo prendo di solito anche se ho un appuntamento in centro a Lugano, perché è più comodo. Ma anche solo per andare a Comano, le cose già si complicano. Dipende dalle circostanze: non è una questione ideologica.
Storni: Da Gordola a Bellinzona c’è un Tilo ogni mezz’ora e ci sono i bus della linea 311. Con l’auto non ci metterei di meno.
Regazzi: Poi arriverà la nuova fermata di Piazza Indipendenza. Era stata una mia proposta [ripresa dal Cantone, che a sua volta aveva recepito un’idea dell’Associazione traffico e ambiente-Ata, ndr], quand’ero nella commissione dei trasporti [del Consiglio nazionale, ndr].
Se il 24 novembre i sei progetti verranno respinti, l’A2-A13 slitterà alle calende greche.
Regazzi: È chiaro: questa votazione è uno spartiacque. Qui si decide il futuro della nostra rete autostradale. L’obiettivo di chi ha promosso il referendum [l’Associazione traffico e ambiente-Ata e l’associazione Umverkehr, ndr] è di mettere una sorta di tappo sulla rete delle strade nazionali. Le conseguenze di un ‘no’ andrebbero ben al di là dei sei progetti in votazione: in futuro su ogni progetto di ampliamento della rete – collegamento A2-A13 compreso – penderebbe una spada di Damocle.
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Il consigliere agli Stati del Centro Fabio Regazzi, presidente dell’Unione svizzera arti e mestieri (Usam)
Lei sostiene che questo è «un referendum ideologico». Quindi siamo alle solite: strada contro ferrovia?
Regazzi: Ideologico lo è, mi dispiace. Io questa contrapposizione l’ho superata da tempo [mostra una sua fotografia su un volantino del 2014, nel quale un comitato in cui c’era anche Bruno Storni invitava a votare a favore del fondo Faif per l’infrastruttura ferroviaria, ndr]. Sono convinto che dobbiamo continuare a investire in un’infrastruttura ferroviaria capillare ed efficiente. Ma lo stesso dobbiamo fare con la rete delle strade nazionali. Entrambe sono indispensabili per far fronte a un’esigenza di mobilità che non cessa di crescere, sia per la popolazione che per l’economia. Non a caso il simbolo della nostra campagna è un puzzle: i sei progetti autostradali sono soltanto un tassello di un mosaico molto più ampio, che comprende anche la ferrovia e la mobilità lenta.
Bruno Storni, siete contrari per principio ad ampliare le autostrade, oppure l’uno o l’altro di questi sei progetti potrebbe anche andarvi bene?
Il problema è che si è voluto farne un unico pacchetto. La maggioranza del Parlamento ha voluto metterci dentro anche l’ampliamento a tre corsie per senso di marcia dell’A1 tra Le Vengeron e Nyon. Persino l’Ufficio federale delle strade [Ustra, ndr] dice che nel 2040, nove anni dopo essere stato ampliato, su questo tratto autostradale avremo le stesse colonne che abbiamo oggi. In futuro i progetti andranno esaminati caso per caso. In tante situazioni si può e si deve investire. Basti pensare a Roveredo, dove si è corretto un errore fatto negli anni Settanta [l’autostrada che tagliava in due l’abitato, ndr], oppure alla stessa A2-A13.
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Il consigliere nazionale socialista Bruno Storni, presidente della sezione Ticino dell’Associazione traffico e ambiente (Ata)
Quindi siete disposti a entrare in materia su singoli progetti?
Sì, basta che non aumentino la capacità e servano effettivamente a migliorare la rete autostradale. Gli impresari costruttori non devono temere: di lavoro ce ne sarà sempre. Tra l’altro: una buona fetta dei soldi del Fostra [il Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato, dal quale sono prelevati i 4,9 miliardi che servono per finanziare i sei progetti in votazione, ndr] va per la manutenzione.
Fabio Regazzi, i contrari affermano che l’ampliamento delle autostrade permette di decongestionarle per un breve periodo, ma che poi a medio termine il traffico aumenterà.
[ride] La tesi ‘più strade uguale più traffico’ è smentita dai fatti. Dal 2011 a oggi non abbiamo aumentato la capacità della nostra rete autostradale, eppure le ore di coda sono quadruplicate. Il fatto è che la popolazione cresce in modo costante. E queste persone hanno bisogno di muoversi, per una ragione o per un’altra. Esiste un’alternativa alla strada: la ferrovia. Che però, nonostante tutti gli investimenti che sono stati fatti e che verranno fatti, potrà assorbire solo in maniera limitata l’importante aumento del traffico su strada. Per questo occorre anche adeguare in modo mirato la nostra rete autostradale.
Storni: Il problema non è l’incremento del traffico, che in realtà non cresce così tanto, ma quello degli ingorghi. I dati dell’Ustra fanno vedere ad esempio che sull’A1, tra il 2018 e il 2023, c’è stato addirittura un calo complessivo dei chilometri percorsi. Le ore di colonna invece sono aumentate sensibilmente. È sul problema dei picchi di traffico che si può e si deve lavorare.
Regazzi sostiene che l’assioma ‘più strade uguale più traffico’ non è che un mito da sfatare.
Storni: Un gran numero di studi, fatti in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone, giungono alla stessa conclusione: aggiungere corsie alle autostrade non risolve il problema degli ingorghi. Anzi: ne crea di nuovi. Ma per tornare alla ferrovia: abbiamo 22 miliardi di franchi di investimenti entro il 2042, già approvati. Serviranno tra le altre cose a raddoppiare la cadenza su decine di tratte. L’offerta ferroviaria verrà quasi raddoppiata!
D’accordo. Ma non sarà sufficiente.
Non dobbiamo dimezzare il traffico stradale. Dobbiamo ridurlo del 10-20%, nelle ore di punta, se vogliamo tornare ai livelli di 10-20 anni fa. Il raddoppio dell’offerta di trasporto pubblico su rotaia consentirà di sgravare notevolmente la strada del 3-4%, forse anche di più. Ma questo è solo un elemento. Poi ce ne sono altri: il telelavoro, il car pooling, il mobility pricing.
Le alternative esistono, quindi. Allora perché investire 5 miliardi – e molti di più negli anni a venire – in quello che sembra un pozzo senza fondo?
Regazzi: Il discorso che Bruno porta avanti per la ferrovia, non capisco perché non debba valere anche per la mobilità individuale. Il suo è un approccio ideologico: considera il traffico individuale come il male da combattere. Dimentica tra l’altro che questo diventerà sempre più sostenibile, sulla scia della crescente elettrificazione del parco veicoli. E omette di ricordare che questi progetti sono finanziati esclusivamente dagli automobilisti: non gravano perciò di un solo franco sul bilancio della Confederazione.
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???
Nell’aprile del 2023 è stata inaugurata la terza canna del tunnel del Gubrist, nel canton Zurigo. Da allora il traffico sulla rete stradale secondaria nelle vicinanze è diminuito fino al 20%, gli incidenti del 75%. Non è la dimostrazione che ampliare le autostrade migliora sia la fluidità del traffico che la sicurezza?
Storni: Non è un esempio valido. È passato troppo poco tempo. Normale che dopo l’apertura della terza canna la situazione migliori. Poi però il traffico aumenterà, di anno in anno. Non si scappa: un ampliamento della capacità rende più attrattiva la strada. La stessa cosa l’abbiamo vista nel Locarnese con la Mappo-Morettina. O con la terza canna del tunnel del Baregg, nel canton Argovia: in un primo tempo le ore di coda erano diminuite, oggi siamo vicini alla situazione che avevamo prima della sua inaugurazione nel 2004.
Se la terza canna non fosse stata realizzata, quel tratto autostradale sarebbe stato da tempo al collasso.
Storni: No, non sono d’accordo. Per lungo tempo in Svizzera si è investito solo nelle autostrade. Fino agli anni Novanta, l’infrastruttura ferroviaria invece è rimasta praticamente quella del diciannovesimo secolo. Solo da qualche anno stiamo recuperando il ritardo. I quattro binari tra Zurigo e Aarau [dove si trova il Baregg, ndr] sono in costruzione adesso!
Avrebbero permesso di assorbire solo una minima parte dell’aumento del traffico sull’A1.
Storni: Non è vero. Se raddoppi la capacità della ferrovia, l’effetto di sgravio sulla strada sarà tangibile. Ne guadagnerà anche Fabio Regazzi: su strade non così intasate, i furgoncini della sua azienda resteranno incolonnati meno a lungo.
Regazzi: Bruno continua a parlare della ferrovia. Ma non possiamo usare i soldi del Fostra per finanziare la ferrovia, la 13esima Avs o chissà cos’altro: se lo facessimo, tradiremmo la volontà popolare [che si è espressa a favore del Fostra, i cui mezzi sono a destinazione vincolata: non possono cioè essere utilizzati per altri scopi, ndr]. A parte questo: le autostrade rappresentano il 2,7% dell’intera rete viaria nazionale, ma canalizzano il 41% del traffico individuale e il 74% del traffico merci. Sulle autostrade si verifica solo il 14% degli incidenti della circolazione. Questi sei progetti consentiranno di riportare un cospicuo numero di veicoli sulle autostrade, togliendoli dalle strade cantonali e comunali. A tutto beneficio anche degli abitanti dei comuni colpiti dal fenomeno del traffico di aggiramento. L’inquinamento infatti diminuirà. Ma soprattutto avremo meno incidenti. Ciclisti e pedoni, che l’Ata difende, dovrebbero essere favorevoli a questi progetti.
Storni: Più auto sulle autostrade, come dice Regazzi, significa più auto anche sulle strade cantonali e comunali: i veicoli non si fermano alle uscite e alle entrate autostradali. L’effetto sperato sul piano della sicurezza non ci sarà. La sicurezza la si migliora ad esempio con Via sicura, cioè inasprendo le sanzioni per chi viola le norme sulla circolazione. Oppure adeguando le norme tecniche sui veicoli, come stiamo facendo: da luglio vige l’obbligo del sistema di frenata d’emergenza. Avremo più sicurezza anche grazie ai sistemi di guida autonoma, che renderanno più fluido il traffico sfruttando meglio le corsie autostradali: l’ordinanza del Consiglio federale dovrebbe essere pronta ancora quest’anno. L’aumento del traffico indotto da questo investimento plurimiliardario per ampliare le autostrade non ridurrà il numero di incidenti.
Regazzi: Se in un certo punto dell’autostrada c’è colonna, cosa fanno gli automobilisti e i camionisti (spesso su suggerimento dei navigatori o di apposite app sul loro telefonino)? Cercano percorsi alternativi, evitando di entrare in autostrada o uscendo prima di arrivare alla coda. Il traffico c’è, si tratta di decidere come e dove lo vogliamo incanalare. Con questi sei progetti vogliamo fare in modo che il minor numero possibile di auto e camion si riversi sulle strade secondarie. Certo, non sono la soluzione miracolo al problema delle code in autostrada. Ma permettono quantomeno di ridurre il traffico parassitario, fastidioso, nocivo e anche pericoloso per gli abitanti.
Storni: Oltre Gottardo siamo ormai un Paese metropolitano. Sempre più gente vive nelle grandi città e negli agglomerati urbani. A Zurigo un’economia domestica su due non ha la macchina. Queste persone preferiscono condividere l’auto, puntano sull’abbonamento generale per i trasporti pubblici, vengono in Ticino in treno. Il fenomeno si rafforzerà, parliamo di un trend sociodemografico. Di conseguenza, il fabbisogno per quanto riguarda la mobilità privata non crescerà. Anzi. La Svizzera non ha bisogno di più autostrade, ma di sviluppare il trasporto pubblico. Questa è una posizione realistica, non ideologica.
Regazzi: La teoria della Svizzera urbana è bella. E sono d’accordo – lo sono da sempre – su un punto: dobbiamo creare l’offerta ferroviaria. Ma guardiamo in faccia la realtà, per favore. La capacità della ferrovia è stata aumentata in modo importante negli ultimi anni. Nonostante questo, le ore di colonna sulle autostrade sono più che quadruplicate dal 2010. Se la teoria di Bruno fosse valida, vedremmo un’inversione di tendenza. Che però non c’è. Non possiamo costringere le persone a utilizzare treni e bus al posto dell’auto!
Storni, allora è così: teoria, o ideologia? Insomma: poca aderenza alla realtà?
Prendiamo il Ticino. Dopo la Gottardbahn, per oltre un secolo non si è battuto un chiodo per la ferrovia, se non per smantellare le rotaie nelle valli. Invece si sono costruite diverse strade, come la A2, le gallerie nel Locarnese, la T21, la Vedeggio-Cassarate, la Mendrisio-Stabio, eccetera. L’apertura della galleria di base del Ceneri [nel dicembre del 2020, ndr] ha finalmente dato un enorme slancio allo sviluppo del trasporto pubblico. L’offerta sulla rete Tilo è cresciuta del 60%. E sia il tasso di motorizzazione [il numero di auto per abitante, ndr] che il traffico stanno diminuendo.
Questo cosa vuol dire?
Storni: Che più persone scelgono treno e bus.
Regazzi: Va benissimo, va benissimo. E grazie al cielo abbiamo fatto la Mappo-Morettina e la T21, altrimenti Gordola e gli altri comuni lungo la strada cantonale per Locarno sarebbero stati costantemente sommersi dalle auto incolonnate.
Storni: La Mappo-Morettina? Ha fatto aumentare il traffico del 40% e spostato le colonne dalla Verbanella a Quartino. Tornando ad oggi: l’effetto sulla strada di questa ‘rivoluzione’ del trasporto pubblico è evidente. In Ticino non vediamo quell’aumento delle ore di coda di cui tanto parla l’Ustra.
Sarà anche così, ma nelle ore di punta sul Piano di Magadino, tra Bioggio e Ponte Tresa e nel Mendrisiotto le strade continuano a essere intasate.
Storni: In quasi tutti i punti di misurazione, il traffico nelle ore di punta è diminuito. È il segnale che quello che abbiamo fatto in Ticino con il Tilo funziona. E siamo solo agli inizi. C’è ancora un potenziale di crescita: avremo la cadenza di 15 minuti tra Locarno e Bellinzona; e magari fra dieci anni circoleranno pure treni a due piani.
Regazzi: Su questo hai un alleato. Non mi va di passare per quello che contrasta il potenziamento del trasporto pubblico. So benissimo che un’offerta ferroviaria efficiente è nell’interesse di tutti, quindi anche di chi utilizza la strada. Il problema è che, per quanto la sviluppiamo, non basterà. Per questo servono anche interventi come quelli di cui parliamo oggi. Interventi mirati, fra cui tre nuove gallerie (per cui l’impatto ambientale sarà assai contenuto), su punti della rete delle strade nazionali particolarmente sotto pressione, dove si formano sistematicamente delle code. Non costruiamo nuove autostrade. Né andiamo ad ampliarle a casaccio, o in modo ‘smisurato’, come dicono a torto i contrari.
Cinque progetti più uno
La ‘Fase di potenziamento 2023’ della rete delle strade nazionali comprende sei progetti. Costo complessivo: circa 5 miliardi di franchi. In origine il Consiglio federale ne aveva proposti cinque, tutti nella Svizzera tedesca: l’ampliamento dell’A1 tra Berna-Wankdorf e Schönbühl (otto corsie) e tra Schönbühl e Kirchberg (sei corsie), nel canton Berna; una nuova galleria dell’A2 sotto il Reno a Basilea; la seconda canna della galleria Fäsenstaub, sull’A4 a Sciaffusa; la terza canna della galleria del Rosenberg, sull’A1 a San Gallo. Il Parlamento ha poi aggiunto un progetto ‘romando’: l’ampliamento a sei corsie dell’A1 tra Le Vengeron (Ge) e Nyon (Vd). L’obiettivo è di decongestionare questi tratti, evitando che auto e camion si riversino sulle strade cantonali e comunali adiacenti. L’Associazione traffico e ambiente (Ata) e l’associazione umverkehR hanno lanciato il referendum. Si vota il 24 novembre.
Fabio Regazzi
Classe 1962, di Gordola, avvocato. Consigliere agli Stati del Centro. Presidente del consiglio d’amministrazione della Regazzi Sa e dell’Unione svizzera arti e mestieri (Usam).
Bruno Storni
Classe 1954, di Gordola, ingegnere. Consigliere nazionale del Ps. Presidente della sezione della Svizzera italiana dell’Associazione traffico e ambiente (Ata).