L'Mps interroga il governo sulle affermazioni del presidente Giovanni Leonardi e sulla bassa remunerazione dell'energia fotovoltaica
La (ri)apertura del Consiglio federale alla possibilità di costruire nuove centrali nucleari in Svizzera, annunciata settimana scorsa, ha acceso il dibattito sul tema dell’approvvigionamento energetico. In Ticino non sono passate inosservate le dichiarazioni del presidente dell’Azienda elettrica ticinese (Aet) Giovanni Leonardi che a più riprese si è dimostrato favorevole a questo riorientamento della strategia energetica. Una posizione che, secondo i deputati del Movimento per il socialismo Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi, è chiaramente contraria a quella di Aet. “Leonardi presiede un’azienda che nei confronti dell’energia nucleare mostra una certa prudenza. Infatti, la Legge sull’azienda elettrica ticinese (Laet) afferma che Aet non può acquisire quote di partecipazione in centrali nucleari e centrali elettriche a carbone, né direttamente né indirettamente. Ci pare abbastanza chiaro il suo sottotesto”, scrivono i due granconsiglieri in un’interpellanza inoltrata al Consiglio di Stato dove si chiede, tra le altre cose, se non sia pure contraddittoria la bassa remunerazione – 3,2 centesimi al chilowattora – riconosciuta ai produttori di energia fotovoltaica. “Leonardi – continua l’interpellanza – dovrebbe ricordarsi di quanto è scritto nella legge prima di parlare pubblicamente. Anche perché, esprimendosi a favore della ripresa di una prospettiva nucleare, interviene di fatto nel dibattito strategico coinvolgendo l’azienda Aet. Come cittadino è chiaramente libero di esprimere qualsiasi opinione a favore della ripresa del nucleare. Come presidente di Aet, invece, deve tenere conto che le strategie future del Cantone sono costruite anche tenendo conto delle prospettive delineate dalla Strategia energetica 2050 e dalle modifiche della Legge sull’energia approvate in votazione popolare nel 2017”. Strategia energetica 2050 che prevede anche la rinuncia alla costruzione di centrali nucleari. Questo documento, approvato a livello federale, funge anche da riferimento strategico per il Piano energetico e climatico cantonale. “Le opzioni e gli obiettivi strategici di Aet – affermano Pronzini e Sergi – sono definite principalmente dall’autorità politica d’intesa con il consiglio di amministrazione. Nessun articolo della Laet o del codice delle obbligazioni consente al presidente del Cda dell’azienda elettrica ticinese di propagandare pubblicamente una linea strategica diversa da quella stabilita e decisa dal Consiglio di Stato”.
Oltre alle dichiarazioni di Leonardi ci sono altri elementi che per i due granconsiglieri dell’Mps “confermano in modo sempre più evidente come Aet sia ormai sfuggita a qualsiasi controllo pubblico da parte dell’autorità politica e agisca ormai come una repubblica, o forse un reame, indipendente e autonoma”. Tra i punti sollevati c’è anche la remunerazione dell’energia fotovoltaica che Aet riconosce ai proprietari di pannelli che rimettono in rete l’energia prodotta in eccesso. “È in atto da ormai diverso tempo una discussione pubblica, alla quale il governo sembra essere il meno interessato, dovuta al fatto che il prezzo pagato dall’Azienda elettrica ticinese è sceso dai 22,47 cts/kWh di due anni fa ai 3,2 del secondo trimestre di quest’anno”.
Aet, come ricorda anche l’interrogazione, giustifica questa cifra con l’andamento dei prezzi di mercato a cui si fa riferimento e con il periodo estivo dove la produzione aumenta e la richiesta diminuisce. “È anche vero – fa però notare l’Mps – che questa politica dei prezzi è oggettivamente in rotta di collisione e mette in discussione la politica e la strategia fissate dal Cantone al momento in cui ha deciso di avviare una strategia di sussidi per favorire la realizzazione di impianti solari, in particolare nelle abitazioni private”.
Con le otto domande indirizzate al governo, il Movimento per il socialismo solleva anche la questione legata ai dividendi straordinari versati dalla Società elettrica sopracenerina (Ses) – di cui Aet è azionista con tre rappresentanti su nove nel consiglio di amministrazione – ai Comuni suoi azionisti. Un agire criticato poiché, allo stesso tempo, si è deciso di non abbassate le tariffe a tutti gli utenti. “Ricordiamo che quelle della Ses sono tra le più care della Svizzera e che negli ultimi otto anni sono aumentate complessivamente del 55%, non certo recuperato con il recente annuncio di una diminuzione di circa il 6,5% per il 2025. Continuano Sergi e Pronzini, “non ci interessa tanto mettere in luce il deprecabile atteggiamento degli organi direttivi e dei rappresentanti dei Comuni che dominano l’assemblea degli azionisti, a cominciare da Locarno, Minusio e Biasca, ma sapere quale è stato l’atteggiamento dei rappresentanti dell’azienda elettrica ticinese”.