Il responsabile di syndicom Marco Forte commenta la notizia dello stop a un terzo delle filiali entro il 2028: ‘Le abitudini cambiano, ma non per tutti’
«I tempi stanno cambiando, ma non per tutti. E il servizio pubblico deve essere a disposizione di tutti, anche se non è redditizio». Il responsabile per Ticino e Moesano di syndicom Marco Forte ne è convinto: «La Posta deve espandere la sua offerta, non tagliare uffici e servizi». Il sindacalista, a colloquio con ‘laRegione’ prova ad allargare il compasso che come punto di partenza ha la notizia anticipata dal nostro giornale venerdì, vale a dire la prospettata chiusura di un terzo degli uffici postali in Ticino da qui al 2028. E con i primi dodici già identificati: Cadro, Maglio di Colla, Mezzovico, Bellinzona 2 - Semine, Bellinzona 5 - San Paolo, Faido, Lodrino, Novazzano, Arzo, Locarno 4 - Solduno, Verscio e in Mesolcina quello di Mesocco. Nell’edizione di sabato abbiamo accolto le reazioni dei sindaci dei Comuni coinvolti, e la serenità sembrerebbe nella stragrande maggioranza dei casi alloggiare altrove. Così come nel mondo sindacale.
Come avete accolto questa notizia? E soprattutto, quanto vi preoccupa quella che sembra essere una tendenza ormai consolidata?
Abbiamo accolto con grande preoccupazione la notizia della decisione della Posta di chiudere circa venti uffici postali sui 62 ancora presenti in Ticino. Sebbene la Posta non abbia rivelato quali comuni saranno colpiti, sappiamo che i Municipi interessati sono già stati contattati. A nostro avviso, la Posta dovrebbe essere più trasparente e fornire una lista completa degli uffici che intende chiudere, affinché i cittadini siano adeguatamente informati riguardo ai cambiamenti che la Posta intende fare. Questo cantone è tra i più colpiti da questo nuovo smantellamento che la Posta attua ormai già da diversi anni, nonostante la resistenza dei Municipi, le petizioni e tutti gli interventi che i cittadini fanno per opporsi alle chiusure.
A pagare potrebbero essere anche i dipendenti, nonostante le rassicurazioni fornite dal direttore Roberto Cirillo alla presentazione della nuova strategia del Gigante giallo in primavera. Cosa chiederete alla Posta? Un passo indietro o dovrete accontentarvi di salvare il salvabile con i piani sociali?
Abbiamo scritto a tutti i Municipi che dispongono ancora di un ufficio postale, invitandoli a opporsi alle chiusure presentando un ricorso a PostCom nel caso in cui fossero interessati dalla riorganizzazione. Questa possibilità, prevista per legge, raramente riesce a fermare una chiusura, ma può almeno rallentare il processo di smantellamento. Guadagnare tempo significa evitare licenziamenti attraverso il naturale ricambio del personale e favorendo prepensionamenti. La Posta ha dichiarato pubblicamente che non ci saranno licenziamenti, ma sappiamo che la situazione in Ticino è critica per i dipendenti. E non farà un passo indietro a meno che non intervenga la politica. Sappiamo che in questa direzione sono già state avviate diverse iniziative nei parlamenti cantonali e nazionali, e abbiamo ribadito alla Posta che deve mantenere le promesse fatte pubblicamente e quindi evitare licenziamenti in Ticino. Se non si fermerà questa riorganizzazione in ogni caso molti posti di lavoro qualificati nella nostra regione scompariranno.
D’altro canto però è la Posta che rileva, come molti, che le abitudini stanno cambiando e sempre meno utenza si reca allo sportello fisico potendo effettuare i pagamenti anche dallo smartphone. Come si possono conciliare la difesa dei lavoratori e quella del servizio pubblico con il mondo che cambia?
È vero che le abitudini stanno cambiando, ma non per tutti. È fondamentale tenere in considerazione le persone anziane, che spesso hanno difficoltà con la tecnologia. Stiamo parlando di un servizio pubblico che deve essere accessibile a tutti, anche a costo di non essere redditizio. La recente strategia adottata dalla Posta, prima dell’annuncio delle nuove chiusure, si concentrava sull’aumento delle entrate anziché sulla riduzione dei costi. La Posta ha infatti cercato nuove collaborazioni con partner bancari e assicurativi, e ha introdotto nuovi servizi, come la possibilità di richiedere il casellario giudiziale. Dal nostro punto di vista, la Posta deve continuare a espandere la sua offerta, cercando sempre più collaborazioni con i Comuni, i Cantoni e la Confederazione. Crediamo che questa sia la strada giusta per mantenere posti di lavoro e garantire un buon servizio pubblico. Va inoltre considerato che gli uffici postali rappresentano un importante punto di incontro e socializzazione. Gli uffici postali hanno il vantaggio di poter offrire un servizio di prossimità, anche nelle zone più remote, mantenendo al contempo un elevato standard di qualità. Tuttavia, questa strategia richiede impegno e tempo. Purtroppo, anche a causa del contesto in cui opera, la Posta si concentra principalmente sull’aumento degli utili, mentre gli aspetti sociali vengono sistematicamente relegati in secondo piano.
Quali mosse potrete mettere ancora in campo a livello sindacale? E con quali speranze?
Abbiamo intrapreso già diverse iniziative, tra cui il lancio di una petizione per mantenere aperti gli uffici postali. Assicuriamo anche, però, che continueremo a sensibilizzare cittadini e rappresentanti comunali sui rischi connessi alla chiusura degli uffici. Forniamo e forniremo inoltre supporto ai Comuni che vogliono opporsi alla chiusura, mantenendo un dialogo costante con i responsabili regionali della Posta per monitorare la situazione e identificare soluzioni che possano evitare licenziamenti. Stiamo anche considerando l’organizzazione di assemblee, e altre forme di mobilitazione per dare voce alle preoccupazioni del personale e della comunità.