Il presidente si appella a tutte le forze contrarie agli ‘estremismi’, ma è concreto il rischio che l’estrema destra possa entrare nei palazzi del potere
“Mon général – gli chiesero – come sarà il gollismo senza de Gaulle?”. Fulminea risposta dell’uomo che aveva incarnato la resistenza al nazismo, e poi fondato la Quinta Repubblica: “Sarà come la grotta di Lourdes, ma senza la statua della Vergine”.
Colui che aveva dato alla Francia la stabilità politica non poteva certo prevedere che, 65 anni dopo, il suo edificio istituzionale avrebbe dovuto affrontare una prova tanto difficile. Anche perché de Gaulle era fermo nella sua opposizione agli eredi, anche lontani, della repubblica di Vichy alleatasi con Hitler.
Tra pochi giorni, invece, proprio loro, guidati da Marine Le Pen e Jordan Bardella, potrebbero confermarsi alla testa del partito (il Rassemblement National) più votato della République, come già avvenuto nelle recentissime europee. Miccia che ha terremotato il quadro politico nazionale, e spinto il presidente Emmanuel Macron a reagire di scatto con elezioni parlamentari anticipate. ‘Coup de théâtre’, azzardo ad alto rischio, che in molti, anche fuori dall’Hexagone, non hanno né capito né apprezzato. Fra i più severi ‘Le Monde’, per il quale la reazione macroniana è scaturita soltanto dall’amor proprio umiliato del presidente sfiduciato, impopolare per la sua superbia e la promessa ma mancata svolta sociale.
Molto concreto, ripetono i sondaggi, è il rischio che l’estrema destra, per oltre sessant’anni isolata da un ‘cordone sanitario’ democratico, possa questa volta metter piede nei palazzi del potere: subito Palais Matignon, sede del capo del governo, fra 3 anni l’Eliseo, reggia di un ‘monarca repubblicano’. All’ex Front National andrebbe ancora più di un terzo dei suffragi.
Parziale vendetta della Storia: sette anni fa, Macron vinse le sue prime presidenziali disarticolando i due principali schieramenti della nazione (post-gollisti e socialisti), schiacciati dal peso disgregatore del centro, privo di ideologia, compiaciuto di non essere “né di destra né di sinistra”. Che però dopo un solo mandato legislativo ha perso la maggioranza all’Assemblea, costretto a governare grazie a occasionali appoggi esterni.
‘Macronie’, quindi centrismo, rattrappito. Che ora il capo dello Stato spera di poter rianimare, appellandosi a tutte le forze che si oppongono agli ‘estremismi’: categoria in cui tuttavia inserisce non solo la Le Pen, ma una parte dei post-gollisti e una buona fetta del Nuovo Fronte Popolare della sinistra. Gioco complicato: i neo-gollisti si sono divisi fra chi difende il principio del cordone sanitario anti estrema-destra e chi con essa vuole invece collaborare (fine del tabù, ha deciso il minoritario presidente Eric Ciotti); mentre ‘la gauche’ è solo apparentemente compatta nel Nuovo Fronte Popolare.
Condizioni quasi proibitive per Macron, in cerca di voti moderati in bacini ostili. Quindi possibile, anzi probabile, futura sua coabitazione con un premier di estrema destra. Non un inedito, la ‘cohabitation’. Ce ne sono state altre. Ma era un’altra Francia. La coesistenza fu possibile fra chi era in sintonia coi valori della Quinta Repubblica. Con al governo l’estrema destra, nonostante i suoi maquillages, è diverso. Quale sarà allora il proposito di Macron, che rimarrà padrone della politica estera e della difesa? Riuscirà a logorarla o dovrà sdoganarla? Bivio drammatico.