AlpTransit a Sant’Antonino e Capriasca: l’Ufficio federale dei trasporti ha informato il Cantone che sosterrà misure concrete contro la contaminazione
Passo avanti a Sant’Antonino e Capriasca per eliminare le sostanze chimiche Pfas dall’acqua potabile captata nei rispettivi pozzi Boschetti e Pezza e in contatto con la galleria di base del Ceneri. Rispondendo al neoconsigliere nazionale Simone Gianini (Plr), che appena entrato in carica lo scorso autunno aveva subito interpellato Berna, il Consiglio federale sgombra oggi il campo dai possibili fraintendimenti che potevano sorgere dalle spiegazioni fornite in quelle settimane sull’origine del problema e sull’onere finanziario a carico dei Comuni danneggiati per la posa dei filtri (ad esempio il legislativo di Sant’Antonino ha già stanziato 1,82 milioni di franchi con clausola d’urgenza e autorizzato il Municipio a restare in lite in caso di vertenza).
A inizio ottobre, ricordiamo, il Cantone in un comunicato spiegava che “i rilievi effettuati al deposito ex AlpTransit di Sigirino e al portale nord (in zona Vigana) della Galleria di base del Ceneri, insieme ad altre indagini, hanno permesso di stabilire che almeno una tipologia di materiale da costruzione utilizzata nella realizzazione dell’opera è all’origine della presenza di Pfas nell’acqua che fuoriesce dai due versanti del tunnel”. I valori rilevati non presuppongono tutt’oggi restrizioni sulla potabilità, ma resta il fatto che il problema esiste e la concentrazione di Pfas potrebbe aumentare superando i livelli di soglia. Le due domande di fondo, allora rimaste inevase, sono: chi è il responsabile e chi sarà chiamato alla cassa. Visto che AlpTransit San Gottardo Sa è stata sciolta – domandava lo stesso Gianini –, le Ffs e/o l’Ufficio federale dei trasporti si faranno carico delle conseguenze del cantiere a tutela della popolazione toccata?
Il Consiglio federale ora chiarisce: “Le analisi sul sistema di drenaggio della galleria del Ceneri e sulle acque di percolazione del deposito di Sigirino (materiale di scavo) indicano che la contaminazione da Pfas proviene da additivi aggiunti durante la costruzione (ad esempio accelerante per calcestruzzo proiettato). L’Uft, in quanto autorità di approvazione e vigilanza per il progetto, ha informato il Consiglio di Stato che sosterrà misure concrete per ridurre o eliminare la contaminazione da Pfas nell’acqua potabile dei comuni interessati. La ripartizione dei costi dovrà essere regolata d’intesa tra Confederazione, Cantone, Ffs e Comuni. Inoltre, occorre chiarire se sia necessario bonificare il deposito di Sigirino”.
Spiegazioni che soddisfano sia Gianini, sia la sindaca di Sant’Antonino Simona Zinniker. La quale si dice però scettica sul fatto che una parte della spesa debba ancora ricadere sul Comune, «parte lesa». E rimanda qualsiasi informazione alla serata pubblica che il Municipio organizza il 29 febbraio alle 20 nella sala multiuso. Oltre a lei interverranno il vicesindaco Ivan Zufferey (capodicastero Acqua potabile) e il collega Alex Malinverno (capodicastero Salute pubblica), Nicola Solcà (capo Sezione protezione aria, acqua e suolo al Dipartimento del territorio), Roberta Cattaneo (direttrice Ffs regione Sud), Nicola Forrer (direttore Laboratorio cantonale) e Cristina Trombetta (progettista dell’impianto di filtrazione per la ditta Cc4U Sagl). In sala anche Simone Gianini.
Il quale, inoltre, chiedeva al governo federale se fosse in grado di escludere che nel caso di cantieri simili, attuali e futuri (vedi la seconda canna autostradale sotto il Gottardo), si utilizzassero ancora Pfas e che quindi il rischio di contaminazione fosse eliminato. Le Pfas, rileva il Consiglio federale, “sono praticamente onnipresenti. L’obiettivo di tutte le parti coinvolte nei progetti infrastrutturali (autorità, committenti, produttori, fornitori) dev’essere quello di ridurre la contaminazione da Pfas alla fonte. Oggi non risultano contaminazioni rilevanti né nelle gallerie di base del Gottardo e Lötschberg, né nella costruzione della seconda canna nel Gottardo”. Il rischio, prosegue Berna, “può essere ridotto chiedendo a produttori e fornitori una dichiarazione sull’assenza di Pfas nei prodotti usati”. Si apprende quindi che l’Uft “ha fatto tale richiesta per la prima volta per i lavori di risanamento del tunnel ovest Faido-Bodio della galleria di base del Gottardo”, nel tratto teatro del deragliamento verificatosi lo scorso 10 agosto. Inoltre “in futuro l’analisi delle acque reflue dei cantieri, del materiale di scavo e di altri rifiuti dovrà interessare la presenza di Pfas. Per i progetti i committenti devono fare in modo che, laddove possibile, si passi all’uso di prodotti privi di Pfas con richiesta nelle gare d’appalto”. Allargando il discorso, sempre Berna aggiunge che “i risultati ora disponibili mostrano che anche in Svizzera è necessario intensificare gli sforzi per contenere le Pfas. Secondo la legge sui prodotti da costruzione e la legge federale sulla sicurezza dei prodotti, questi devono soddisfare i requisiti di protezione ambientale. Nell’Ue si sta valutando la necessità di adeguamenti legislativi, in particolare il divieto di utilizzare Pfas in tutte le applicazioni non indispensabili”. Dal canto suo il Consiglio federale afferma di seguire l’evoluzione delle restrizioni nell’Ue e ne valuterà tempestivamente l’importanza per la Svizzera: “In linea col principio di precauzione, l’obiettivo è limitare in futuro l’uso di Pfas ad applicazioni indispensabili”.
Il discorso si allarga ulteriormente, infine, sia perché dal 2026 la Confederazione intende abbassare i valori limite di Pfas nella legislazione sulle derrate alimentari, in conformità con le disposizioni Ue, sia perché entro fine 2024 attende un rapporto voluto dalle Camere federali sulla contaminazione delle acque elvetiche da Pfas e Clorotalonil, fungicida usato in agricoltura, vietato in Svizzera dal gennaio 2020 e tutt’oggi rilevato in falda soprattutto nell’Altipiano. Ma anche nel pozzo di Gudo, bloccato dallo scorso dicembre. In ogni caso, la Confederazione tratterà anche la questione “del finanziamento delle misure volte a garantire la qualità dell’acqua potabile”.