Gli affiliati si sono nel complesso espressi a favore, con delle differenziali all’interno dei settori. Saranno in piazza insieme anche a ErreDiPi e Vpod
Anche l’Ocst si unirà alla giornata di sciopero dei dipendenti pubblici e parapubblici del 29 febbraio. Seppur con delle differenziali all’interno dei settori, gli associati Ocst del settore pubblico – docenti, funzionari di polizia, impiegati dello Stato e dipendenti dell’Ospedale sociopsichiatrico cantonale (Osc) – si sono espressi complessivamente in favore dello sciopero. In piazza, oltre alla Rete per la difesa delle pensioni (ErreDiPi) che aveva già annunciato la sua partecipazione, ha negli scorsi giorni confermato la sua presenza anche il sindacato del personale dei servizi pubblici e sociosanitari Vpod. I Sindacati indipendenti ticinesi (Sit) hanno invece ritenuto accettabile la proposta del governo, emersa durante l’ultimo incontro tra le sigle sindacali e l’Esecutivo cantonale dello scorso 8 febbraio, di un contributo una tantum di 400 franchi e di due giorni e mezzo di vacanza aggiuntivi sul calendario 2024, con la richiesta implicita del Consiglio di Stato di rinunciare allo sciopero.
I risultati della consultazione indetta dall’Ocst delineano delle chiare tendenze. “Coloro che lavorano nelle scuole e presso l’Ospedale sociopsichiatrico cantonale – si legge nella nota diffusa dal sindacato e firmata dal segretario cantonale Xavier Daniel – hanno deciso a grande maggioranza di voler mantenere lo sciopero del 29 febbraio. A loro si affiancheranno i lavoratori dei settori sociosanitario e socioeducativo”. Pur riconoscendo “lo sforzo fatto dal governo”, i dipendenti dell’amministrazione e i funzionari di polizia “hanno invece deciso di voler manifestare il proprio dissenso mantenendo la mobilitazione generale, ma sospendendo lo sciopero”, specifica il comunicato. Alla luce della consultazione, l’Ocst ha quindi deciso di “mantenere la giornata di mobilitazione generale sostenendo tutte le lavoratrici e i lavoratori che vorranno esprimersi nella forma dello sciopero”.
“I lavoratori dell’Osc e della scuola – chiarisce l’Ocst – non ritengono soddisfacente la soluzione proposta dal governo, che non riconosce il mantenimento del potere d’acquisto e non tiene conto delle situazioni specifiche delle diverse professioni. Inoltre, considerano che la decisione di non sostituire il 20% dei partenti nei settori pubblici non sottoposti a Ppa (piano dei posti autorizzati, ndr) equivale a un’ulteriore azione di indebolimento del servizio pubblico, lesiva delle condizioni di lavoro del personale e che non consente una presa a carico adeguata delle fasce più fragili della popolazione”. E sancisce: “Le lavoratrici e i lavoratori dell’Ospedale sociopsichiatrico cantonale e della scuola hanno pertanto chiesto all’Ocst di mantenere lo sciopero”, specificando che “il resto dei dipendenti del settore pubblico ha confermato di voler manifestare per esprimere dissenso per quanto accaduto e preoccupazione per quello che si prospetta con il preventivo nel 2025”.
Ai lavoratori dell’Osc e della scuola si affiancano anche gli operatori dei settori sociosanitario e socioeducativo, “i grandi dimenticati dalle discussioni parlamentari e dal Consiglio di Stato”. I tagli decisi, specifica il sindacato, “hanno infatti privato le istituzioni sociosanitarie e socioeducative delle risorse necessarie per concedere il rincaro, se non addirittura ridotto la massa salariale, accrescendo la disparità di trattamento nel settore pubblico. La riduzione del finanziamento e il prelievo dei fondi, indebolirà pericolosamente l’erogazione di prestazioni e comporterà un peggioramento della qualità dei servizi”. Di più. “Il parlamento non ha inoltre approvato un emendamento proposto dai rappresentanti sindacali che chiedeva di reintrodurre il contributo necessario al progetto di allineamento dei salari tra le case anziani e l’Ente ospedaliero cantonale concluso e sostenuto da enti finanziatori e sindacati”.
Per l’Ocst, “questo modo di agire sta mettendo a rischio il partenariato sociale e il rispetto dei contratti collettivi. Non attribuire il giusto finanziamento agli enti sussidiati e/o ai titolari di un mandato di prestazione in un settore dove il personale è la principale risorsa, equivale a un attacco diretto alle condizioni di lavoro, ai contratti collettivi e alla sostenibilità dei servizi stessi”. Ragione per cui, “è giusto continuare con la mobilitazione, che ha lo scopo di coinvolgere tutti i settori colpiti dai tagli e che vuole consentire a ognuno di esprimersi nella forma che ritiene più adeguata”.
Lo sciopero si pone dunque come obiettivo quello di mettere al centro la domanda se il governo ritenga “i propri dipendenti un costo o una risorsa”, chiedendo allo Stato – dato il suo ruolo di datore di lavoro e finanziatore – di definire “con chiarezza la sua politica del personale, smettendo di imporre misure di risparmio che colpiscono ingiustamente i lavoratori”. Il senso della mobilitazione, scrive dunque il sindacato, è di urlare “basta con la liquidazione totale del servizio pubblico!”.