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Strage di Samarate, anche in Appello è ergastolo per il padre

Confermata la sentenza di primo grado verso l'uomo che nel maggio 2022 uccise moglie e figlia 16enne nel sonno e ferì gravemente il figlio

Il Palazzo di Giustizia di Milano
(Keystone)
14 febbraio 2024
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La Corte d'Assise d'appello di Milano ha confermato la condanna all'ergastolo e a un anno e mezzo di isolamento diurno per il 60enne interior designer che, nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022, uccise nella casa di famiglia a Samarate (Varese) la figlia di 16 anni e la moglie di 56 a colpi di martello mentre stavano dormendo. Subito dopo l'uomo tentò di ammazzare anche il figlio maggiore, di 23 anni, rimasto gravemente invalido e oggi assente al processo perché ricoverato in ospedale per un nuovo intervento chirurgico programmato.

La difesa dell'uomo, accusato di omicidio volontario aggravato e tentato omicidio, aveva provato a giocare la carta della riapertura del processo chiedendo una nuova perizia psichiatrica. L'accertamento nel processo di primo grado ha stabilito che il 60enne era pienamente capace di intendere e volere. Dopo un'ora e mezza di camera di consiglio, la Corte ha confermato il verdetto di primo grado (motivazioni tra 15 giorni). "Non vi è dubbio alcuno che l'imputato volesse eliminare tutti i membri della propria famiglia, forse anche se stesso", hanno scritto nelle motivazioni i giudici di primo grado. L'uomo massacrò la famiglia, tra le 4 e le 5 del mattino, uccidendo la moglie e la figlia e ferendo in modo gravissimo il figlio maggiore, che per mesi era rimasto su una sedia a rotelle. E pur disponendo "di beni immobili e di liquidità consistente, come affermato dall'amministratore di sostegno", avevano scritto i giudici, il 60enne "non ha mai offerto alcun risarcimento a sostegno delle lunghe e costose cure che il figlio ha affrontato e ancora dovrà affrontare". I giudici di primo grado avevano già escluso l'aggravante della crudeltà, mentre hanno mantenuto ovviamente quelle dei rapporti familiari e avevano concesso le attenuanti generiche, ma non equivalenti alle aggravanti.

"La giustizia qualche volta c’è, la legge c’è ed è stata rispettata. Non credo alle sue scuse, al suo pentimento, l'ha fatto per trarre vantaggio. Il perdono? Ci mancherebbe altro... ho avuto pietà a vederlo". Sono le parole dell'82enne nonno materno dell'unico sopravvissuto alla strage dopo la conferma dell'ergastolo per l'imputato, che è rimasto impassibile durante la lettura del verdetto. "Mio nipote fortunatamente sta bene", ha aggiunto l'uomo, parlando coi cronisti, visibilmente commosso.

"Siamo convinti di quello che ha sostenuto il nostro psichiatra e lo porteremo avanti. Soffre di una depressione maggiore con delirio distruttivo, è pacifico". È quanto ha affermato l'avvocato Gino Colombo, difensore dell'uomo. Il legale che si riserva di fare ricorso in Cassazione dopo la lettura delle motivazioni ha sottolineato che il suo assistito "è in cura da più di un anno", aggiungendo che "non è corretto dire che ha commesso quel gesto per problemi di lavoro". Problemi che "non esistevano".

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