Luganese

Sparò al figlio, chiesta una condanna a 7 anni e mezzo

I fatti del 2022 ad Agno, dal furto in casa della nonna alla fucilata. Per l'accusa non è un tentato assassinio.

Via Aeroporto ad Agno
(Ti-Press)
7 febbraio 2024
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Un padre mai guarito dalla tossicodipendenza, un figlio che ne ha seguito le orme. Cocaina, erba e alcol gli ingredienti della triste vicenda familiare che portò, il 7 agosto del 2022, un giardiniere di Rovio a sparare con un fucile al figlio, sospettato di aver rubato 50mila franchi a casa di sua nonna, la madre del giardiniere. I fatti sono ora giunti in aula penale, e il procuratore pubblico Moreno Capella al termine della requisitoria ha chiesto una condanna a 7 anni e mezzo e una misura di trattamento ambulatoriale per affrontare le problematiche di dipendenza. La sentenza è attesa per giovedì. Procuratore, ricordiamo, subentrato alla collega Margherita Lanzillo, che dopo aver vista respinta la sua ricusa contro il giudice Mauro Ermani, presidente della Corte, ha deciso di non portare in aula questo caso.

L'interrogatorio

La mattina del processo, davanti alle Assise criminali, è stata dedicata all'interrogatorio dell'imputato, oggi 51enne, in stato di detenzione dal momento dei fatti. Fatti ormai ampiamente noti, accaduti in pieno giorno, una domenica mattina nel centro di Agno. Il giardiniere ha confermato quasi tutto, salvo su punto: sostiene di non aver puntato l'arma contro il figlio. Il colpo, dice «È esploso».

L'imputato, tossicodipendente di lunga data - iniziò con l'eroina ai tempi della scuola reclute - riusciva bene o male a gestire la sua vita, una casa, la ditta di giardinaggio, fino al tracollo dovuto al comportamento del figlio, che a sua volta verso i 16 anni aveva iniziò a manifestare problemi di comportamento e di dipendenza dalle droghe. Screzi, botte, e furti: il ragazzo, dice suo padre, iniziò già allora a rubare in casa. Oggetti di tutti i tipi, compreso un fucile e un teschio, somme in contanti pari a 20mila franchi, almeno così racconta. Il ragazzo scappa di casa, poi inizia a frequentare l’ambiente del Molino, dove il padre va a cercarlo. Il genitore per tentare di riallacciare un rapporto arriva a consumare cocaina insieme al figlio. «So che è sbagliato, ma in quel momento era l'unico modo che avevo per tenerlo vicino a me e non facesse cose peggiori».

Il cofanetto sparito

Col giovane ormai 22enne, tossicodipendente in modo pesante, dedito a furti per pagarsi la droga e ospitato da amici dello stesso ‘giro’, si arriva al momento dei fatti. Della casa della nonna, a Gravesano, sparisce un cofanetto, con dentro 50mila franchi, in pratica tutti i suoi risparmi. I sospetti cadono subito sul nipote, il giardiniere lo cerca presso la casa di un amico, chiama la polizia ma, dice, «gli agenti arrivati sul posto sono rimasti sotto casa a chiacchierare e non hanno nemmeno provato a suonare il campanello». L‘indomani su appuntamento si reca alla centrale di polizia a Noranco, per rispiegare tutta la situazione. Viene rimbalzato tra vari uffici di polizia, la Comunale, la Cantonale e la Giudiziaria.«Mi sentivo veramente preso in giro. Stavo cercando di fare il possibile per collaborare con la polizia, pur soffrendo perché si trattava di mio figlio e mia mamma. Eavevo saputo che mio figlio stava per partire per la Spagna». La compagna dell'imputato, interrogata, ha confermato. «Speravamo di trovarlo e recuperare i soldi per restituirli alla nonna. Erano i suoi risparmi di una vita di sacrificio».

L'appostamento e lo scontro

Arriva la notizia: il figlio si trova ad Agno. Il padre prende il fucile (un semiautomatico a canne mozze con matricola abrasa) lo pulisce, lo carica, con 8 colpi, ne prova il funzionamento e parte la caccia. «La mia idea era trovarlo, e poi chiamare la polizia per farlo arrestare». Si apposta dietro un cespuglio, in via Vecchio Canale. Pochi minuti di attesa, e da una stradina sbuca il figlio, che a piedi si dirige verso la stazione di Agno. Lui lo segue, lungo via Aeroporto e poi verso la stazione. Si ferma una auto, qualcuno parla con il figlio e riparte. Il giardiniere li vede ed estrae il fucile dallo zainetto. «Pensavo di usarlo come deterrente. Invece una decina di metri più avanti mio figlio si gira e mi vede. Gli chiedo: cosa hai fatto alla nonna? E lui mi risponde che tanto, ormai i soldi non ci sono più». I due si strattonano a vicenda, il giovane si allontana e il padre gli spara alla schiena. L'inchiesta parlerà di due colpi, di cui uno a segno. «Ho il ricordo di un unico colpo, e di aver subito gettato per terra l'arma». Il figlio si allontana, ferito e in affanno, viene fatto salire su un'auto e portato a pronto soccorso. Il padre rientra verso casa, a Melide trova un anfratto dove nascondere il fucile e poi si tappa in casa, fino all'arrivo della polizia. La ferita alla schiena si rivelerà piuttosto grave; ma la convalescenza avrà un decorso positivo.

Per il procuratore Moreno Capella, il comportamento dell'imputato smentisce la sua stessa teoria, secondo cui il fucile sarebbe dovuto servire solo nel caso di un confronto con gli amici del figlio. La verità, sostiene, è che voleva recuperare i soldi e la risposta del figlio «i soldi non ci sono più» è stato ciò che ha fatto scattare il ’click‘ sul grilletto del fucile. Tuttavia, lo stesso pp, non sostiene la qualifica di tentato assassinio, ipotizzato dall'atto di accusa della collega Lanzillo. «Non vi nascondo che questa pubblica accusa fa fatica a ritenere la qualifica di assassinio, quando l'autore aveva la possibilità di concludere quello che aveva iniziato. Se avesse voluto, avrebbe potuto uccidere effettivamente il figlio, scaricare tutti i colpi che aveva nel caricatore». L'accusa resta peraltro nell'atto d'accusa: deciderà la Corte. D'altra parte, secondo il procuratore non siamo nemmeno nel campo dell'omicidio ’passionale' dove l'autore è spinto al gesto da una profonda prostrazione. Dunque: la qualifica corretto è di omicidio intenzione (tentato) per dolo diretto. Gli altri reati incidono in modo insignificante, l'infrazione aggravata alla Legge sugli stupefacenti, stupefacenti perlopiù ceduti al figlio mentre un peso ha avuto una parziale scemata imputabilità dell'imputato.

«La voragine di dolore per il tradimento da parte del proprio padre non si rimarginerà mai» ha detto Camilla Cimiotti, la legale del giovane, costituitosi accusatore privato. «Una persona sta peggio di tutte le altre» sostiene. «È purtroppo una persona forse irrecuperabile, che si è trovata confrontata con le peggio cose, la nonna in ospedale gli ha detto che per colpa sua la famiglia era rovinata, che suo padre era in carcere». «Certo, non è un figlio modello, d'altra parte viene da chiedersi come mai sia cresciuto proprio così». Cocaina e hascisc liberamente disponibili in casa, menefreghismo e nessuna autocritica da parte del genitore che elargiva stupefacenti pure agli amici del figlio, ha aggiunto. «Chi vi parla ne ha perduto le tracce, sa che è ricaduto nel consumo». La richiesta di risarcimento è di 40mila franchi.

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