Un’interpellanza socialista chiede al Consiglio di Stato di chiarire la recente decisione della Cantonale di nascondere parte degli incarti chiesti dal pg
«Vogliamo capire quali sono le motivazioni di questa decisione e chi l’ha presa». È Tessa Prati (Ps) la prima firmataria dell’interpellanza inoltrata da parte di un gruppo di socialisti del Luganese, con lei Mattea David e Maurizio Canetta, che chiede al Consiglio di Stato di fare chiarezza sull’ultimo capitolo dell’infinita vicenda relativa alla controversa parziale demolizione dell’ex Macello di Lugano due anni e mezzo fa. A far discutere, ricordiamo, è la decisione della Polizia cantonale di consegnare una parte degli incarti richiesti dal procuratore generale Andrea Pagani per gli approfondimenti dell’inchiesta dapprima oscurati, e poi sigillati. Tra questi, sembrerebbe, verbali dallo Stato Maggiore che ha pianificato i vari scenari prima dello sgombero. Attualmente, il materiale è in mano al Giudice dei provvedimenti coercitivi (Gpc) Ares Bernasconi che dovrà decidere se togliere o meno i sigilli.
Una decisione, quella della Polcantonale e del suo comandante Matteo Cocchi, che suscita dunque domande. Una decina per la precisione, tante sono quelle contenute nell’atto parlamentare. «Abbiamo presentato un’interpellanza perché vogliamo parlarne il prima possibile, per capire cosa è successo, affinché l’inchiesta prosegua in tempi celeri – spiega la granconsigliera –. È importante che anche dalla politica ci sia pressione affinché si faccia chiarezza sui fatti. Sono passati già due anni e mezzo. La vicenda sta assumendo contorni grotteschi. Soprattutto relativamente a questo presunto oscuramento: non stiamo parlando di un caso di mafia o di terrorismo. Qui stiamo parlando di un atto controverso di un’autorità nei confronti dei cittadini, la trasparenza è fondamentale».
E invece, ci sarebbero stati degli annerimenti. «Se confermata, questa notizia lascia intendere che effettivamente si stia cercando di nascondere qualcosa, creando ulteriori ostacoli alle indagini – osserva Prati –. E qui peraltro si va a toccare un aspetto che trovo centrale: la direzione e l’impiego della polizia nell’ambito di inchieste competono al Ministero pubblico. Mal si comprende come questa autorità possa omettere delle informazioni proprio alla Procura. Cosa c’è da nascondere? Anche le istituzioni possono sbagliare. Ma questo eventuale errore va ammesso, al pari di chiunque altro, per subirne eventualmente le conseguenze. Bisogna assumersi le proprie responsabilità. Se davvero c’è stato un errore e non si vuole ammettere, è un’assurdità».
Prati, che a Lugano è anche consigliera comunale, sottolinea che le domande «mirano a comprendere le ragioni, la legittimità e le conseguenze di queste azioni. Non vedo motivi validi per i quali siano mantenuti gli oscuramenti: la questione è di chiaro interesse pubblico. Il Gpc deve fare in modo che i sigilli vadano tolti». Una decina di domande, si diceva, a cominciare da quella che chiede conferma dell’accaduto. Se questo è effettivamente successo, si chiede al CdS di spiegare le ragioni che hanno portato la Polcantonale ad agire così, su quale base legale e da chi è stata presa la suddetta decisione, in particolare sul ruolo del comandante. Andando poi più nel dettaglio, si chiede quali informazioni – dati personali, opinioni o accertamenti – sono stati censurati e qual è la quota di materiale oscurato sul totale.
Ma a prendere la decisione è stata solo la Polcantonale o anche uno, più o tutti i membri dell’esecutivo cantonale l’hanno avallata, si chiede poi l’interpellanza. Tornando poi alla necessaria pressione che secondo Prati la politica dovrebbe esercitare per venire a capo della vicenda, si chiede pure: “Cosa intende fare il Consiglio di Stato per facilitare e sostenere l’accertamento dei fatti di quella sera?”. E anche: “Alla luce di quanto sopra, quali misure intende prendere il Consiglio di Stato nei confronti dei responsabili di tale scelta?”. Le ultime domande sono per Ministero pubblico e Polcantonale: rispettivamente si chiede se hanno già formulato la richiesta ufficiale di rimuovere i sigilli e di riesaminare la decisione di oscurare i documenti.
Insomma, a pochi mesi dalle elezioni comunali del prossimo aprile, l’ex Macello torna d’attualità. Rischia di essere di nuovo un tema di campagna elettorale? «È probabile. Ma il tema è tutt’altro che risolto, anzi è centrale, a cominciare dagli spazi per la cultura alternativa che ancora non sono stati individuati. E poi c’è l’argomento della fiducia nei confronti delle autorità: deve essere ristabilita perché è quello che ci meritiamo. Invece a causa di tutta questa vicenda, e quest’ultimo episodio non aiuta, l’ha fatta traballare in diverse persone» conclude Prati.