Alla vigilia della (ora ipotetica) firma del rapporto, la bomba sul taglio dell'1,66%: ‘Contrari a questo modo di procedere, vi invitiamo a soprassedere'
I Comuni fanno letteralmente a pezzi la riforma fiscale che domani, a questo punto il condizionale è d'obbligo, dovrebbe vedere la firma del rapporto in seno alla commissione parlamentare della Gestione. Lo fanno con una lettera anticipata da ‘laRegione’ e inviata nelle scorse ore ai commissari della Gestione stessa (presieduta da Michele Guerra) e firmata dall'Associazione dei Comuni ticinesi (Act) assieme ai Municipi di Bellinzona, Mendrisio, Chiasso, Lugano e Locarno.
Due pagine fitte in cui viene demolito l'impianto e si muovono forti critiche all'operato della commissione che viene invitata a "voler soprassedere a ulteriori interventi". Con ordine. A far saltare definitivamente il tappo, per i Comuni, è il taglio lineare dell'aliquota d'imposta sul reddito dell'1,66%, misura decisa per compensare il ritorno del coefficiente cantonale d'imposta al 100% (ora è al 97). Ebbene, "non possiamo non rilevare come tale soluzione, se adottata, avrebbe ripercussioni dirette e immediate sulle finanze dei Comuni ticinesi – indipendentemente dal loro substrato fiscale – e per importi tutt'altro che marginali. E questo mentre già sono stati presentati, nei termini di legge, i conti preventivi", si legge nella lettera inviata alla Gestione.
Finora, l'Act e i Municipi dei Centri urbani non avevano "lamentato pubblicamente la mancata consultazione dei Comuni sulla riforma fiscale poiché, toccati in misura relativamente limitata dalla riduzione dell'aliquota massima, con una sua logica nel quadro della concorrenza fiscale intercantonale". Ma ora cambia tutto. Perché, con la novità del taglio lineare a tutti, "dobbiamo tuttavia comunicarvi la nostra assoluta contrarietà a questo modo di procedere che, senza alcun tipo di discussione, consultazione ed eventualmente negoziazione si abbatte sui conti comunali".
Se da un lato "sentiamo spesso sottolineata l'importanza del ruolo dei Comuni, delle indubbie prerogative di un sistema, quello del nostro Paese, fondato sui tre livelli istituzionali (Confederazione, Cantone, Comuni) e che, in qualche modo, dovrebbe premiare il rapporto di prossimità con i cittadini garantendo al contempo un certo grado di autonomia politica e operativa ai Comuni, dall'altro – viene messo nero su bianco nella missiva diretta alla Gestione – non possiamo non constatare che, in realtà, decisioni anche estremamente incisive sulla capacità d'azione di questi ultimi vengono adottate senza preoccuparsi, o facendolo solo sommariamente, dei loro effetti sul piano degli enti di primo livello". Parole come pietre.
E l'affondo continua, perché parlando ancora del taglio lineare dell'aliquota d'imposta sul reddito "i nuovi elementi aggiunti alla proposta iniziale del Consiglio di Stato sono tali da stravolgere sostanzialmente l'incidenza prevista per molti Comuni e, di riflesso, la valutazione che forzatamente ne scaturisce". Insomma, "la proposta commissionale cambia il tipo di riforma: si passa da un intervento limitato di fatto agli alti redditi applicato su due anni a un taglio lineare immediato per tutti e una riduzione per i redditi più alti spalmata su parecchi anni".
L'Act e i Municipi di Bellinzona, Mendrisio, Chiasso, Locarno e Lugano ricordano inoltre che "alla riduzione delle aliquote si aggiungerebbe poi la già prevista diminuzione dell'aliquota massima, ora però in forma progressiva che con, dal nostro punto di vista, scarsa trasparenza avrà l'effetto di dissimulare agli occhi del Paese la causa dei minori introiti che andranno a sommarsi sul medio termine per le finanze comunali. A ciò – insistono – si aggiunge l'effetto negativo che il taglio delle aliquote avrà anche sull'imposta alla fonte, elemento fiscalmente rilevante per i Centri urbani".
Finito? Ma neanche per idea. D'altro canto, si continua a leggere, "è doveroso constatare come l'impatto per il Cantone – nel contesto del ritorno al 100% del moltiplicatore cantonale – risulterebbe invece essere addirittura positivo nei primi anni". E l'attacco a testa bassa: "Non nascondiamo l'impressione di un transitorio risanamento delle finanze cantonali effettuato a spese dei Comuni".
Detto in altre parole: "Una simile manovra ribalterebbe sugli enti locali l'onere e la responsabilità di un eventuale incremento della pressione fiscale (con un aumento del moltiplicatore d'imposta) oppure di un ‘taglio’ ai servizi erogati direttamente ai cittadini". Esercizio che, annotano Act e Centri urbani, "già siamo chiamati a gestire in forza delle altre misure di risparmio adottate dal Cantone con conseguenze dirette, per esempio, sulla gestione di istituti comunali". Come se non bastasse, "la diminuzione dei contributi per il settore degli anziani obbligherà, in effetti, i Comuni a sobbarcarsi la differenza laddove, per esempio, volessero riconoscere il rincaro ai collaboratori di un settore già molto sollecitato come, appunto, quello sociale-sanitario di presa a carico degli anziani".
Ciò detto, e non è poco, la richiesta alla commissione parlamentare della Gestione è inequivocabile: "Vi chiediamo pertanto di voler soprassedere a ulteriori interventi – o se del caso coinvolgerci prima di intraprendere eventuali iniziative – che si ripercuotono direttamente e immediatamente sulle finanze e sui bilanci degli enti locali e, di riflesso, sulle cittadine e i cittadini dei nostri Comuni".
Una mozione di sfiducia alla riforma fiscale e al suo operato, firmata dal presidente dell'Act Felice Dafond e dai sindaci Mario Branda, Samuele Cavadini, Bruno Arrigoni, Michele Foletti e Alain Scherrer. E viene davvero da chiedersi se il compromesso che sembrava raggiunto dalla commissione della Gestione supererà la notte.