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I Giacometti tra la Val Bregaglia e il West

Nel bel documentario di Susanna Fanzun la storia di una famiglia di artisti, in un viaggio all'origine della loro creatività

Gruppo di famiglia in un esterno
(@ Vinca Film)
23 ottobre 2023
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"Dopo aver creato il mondo, Dio passò sopra la Val Bregaglia. Era inverno e guardando giù vide la valle senza sole. Era una striscia nera e scura. Pensò che gli abitanti della Val Bregaglia avessero avuto un po’ di sfortuna con questa valle buia. Per questo ha voluto fare loro un regalo. E così regalò loro la famiglia Giacometti". Nelle parole del devoto Giacomo Dolfi, figlioccio di Alberto, va rilevata un'informazione che travalica il dato geografico: la misera valle e le squallide montagne (aggettivi del capofamiglia Giovanni), ai cui piedi tutti i Giacometti oggi riposano, sono uno sfondo, un paesaggio interiore, un destino, un rifugio, una nostalgia, un limite e una ricchezza, il punto di partenza e il posto in cui chiudere tutti i cerchi. Ed è con immagini grigionesi che inizia e termina il documentario di Susanna Fanzun ‘I Giacometti’, dal 26 ottobre nelle sale ticinesi: inquadrature cesellate con equilibrio e gusto, corredate da frasi secche, scarne, quasi didascaliche, senza l'ansia di affastellare dati come se grandinasse. Con in più un riguardo non da poco per lo spettatore: una lentezza che si fa beffe dell'isteria televisiva, con cui i giovani registi usano confezionare lavori del genere, preoccupati di sventare il rischio che, lasciando il tempo necessario per contemplare un paesaggio, un dipinto, il disordine di un atelier, l'attenzione crolli, la palpebra si faccia pesante, le mascelle si rilassino preludendo al russamento molesto. E invece qui si ha il tempo di interiorizzare le immagini, di lasciarsene commuovere, di riempire i silenzi con la propria sensibilità, di seguire Giovanni a Parigi negli anni dell'Esposizione Universale, con la Torre Eiffel ancora in costruzione, le vetrine dei negozi che sembrano cariche di promesse e i soldi che non bastano neanche per la colazione.

L'Italia, la fame e il ritorno a casa

Ma "l'arte mi chiama, e l'arte devo seguire", scrive Giovanni alla famiglia, e ci vuole molto ottimismo per immaginarsi, da colorista, un futuro nella valle buia. E infatti quando torna a casa constata con triste meraviglia che il cielo è azzurro, ma il sole non abbaglia, anzi non splende mai. Giovanni sogna il mare. Grazie ai proventi di una inaspettata commessa a Coira può concedersi un Grand Tour in Italia: nelle sue tele compare improvvisamente la luce, ma la cronica mancanza di denaro, la vergogna di non essere in grado di guadagnarsi da vivere e l'inedia lo costringono a un mesto rimpatrio. La situazione migliora quando si innamora della brava figlia di un maestro e scopre che anche in Val Bregaglia ci sono alberi, fiumi, pezzi di cielo e lembi di terra da dipingere, una natura da studiare con serietà e coscienza e da ritrarre con colori diversi dal nero e dal grigio. A Savognin incontra Giovanni Segantini, rimanendo colpito dalle piccole pennellate impressioniste che non copiano e non fotografano la natura, ma la ritraggono nel modo in cui la percepiscono gli occhi di un artista e il cuore di un poeta. Con la stessa alternanza di dipinti e paesaggi, Fanzun rende conto dell'apprendistato del figlio di Giovanni, Alberto, e delle tappe che ne condizionano l'evoluzione, fino al raggiungimento della fama mondiale. Innanzitutto, anche per lui la scoperta dell'Italia e dei suoi inconcepibili tesori: "A Venezia la dea dell'arte ha sparso i suoi tesori copiosamente. È come vivere in un sogno. Giorgio Bellini, Vivarini di Murano, Veronese, Tiziano, Tintoretto: rivelazioni inaspettate, incredibili, sbalorditive". E ancora: "Una porta si è aperta davanti ai miei occhi, lasciandomi intravedere uno scorcio indimenticabile nel regno della bellezza. Il fatto che io osi ancora prendere un pennello è umano e perdonabile".

Parigi e qualche lato oscuro

Un'altra tappa fondamentale è la visita al Museo Egizio di Firenze: le linee delle antiche sculture ispireranno le sue figure primitive, aliene e vagamente antropomorfe. Verso l'estrema stilizzazione del corpo umano, che tende verso l'alto come i pizzi e le rocce grigionesi, lo spinge però, fuori da un cinema parigino, l'osservazione della silhouette di una magrissima amica. A Parigi si installa col fratello Diego, apprezzato artigiano mobiliere in un atelier che è una topaia, ma in cui si trova benissimo. La capitale francese è anche lo scenario in cui la personalità di Alberto viene fuori completamente. La frequentazione dell'ambiente surrealista lo spinge a mettere per iscritto le più inconfessabili fantasie, sogni di stupri, violenze e omicidi, senza le quali ammette di non essere riuscito, per un certo periodo, ad addormentarsi sereno. L'amore incondizionato e assoluto di una giovane moglie, una crocerossina di Ginevra, non gli impedisce di sollazzarsi con prostitute né di prendere sbandate, a sessant'anni suonati, per modelle neanche ventenni, premiate con regali costosi. Fanzun riporta queste informazioni quasi freddamente, come in un referto, come esperienze che forse indigneranno i fondamentalisti della cancel culture, i fanatici abbattitori di statue e quei fenomeni che censurano artisti troppo grandi per la loro modestia.