L'autunno che aspetta la politica non promette niente di buono, soprattutto se si parla di dialogo ma se è un trionfo di porte sbattute in faccia
Una politica sempre meno credibile agli occhi dell’opinione pubblica e degli elettori, che quando votano fanno impennare la scheda senza intestazione di partito, invece di capire come correggere la rotta continua a perseverare. Un po’ miope e un po’ pinocchia. Persevera dimenticandosi che in tempi di pace si rimedia al massimo una brutta figura, ma che in tempi come quelli in cui ci è dato vivere – con il potere d’acquisto eroso, i costi dell’energia e delle casse malati prossimi a un’altra esplosione, con una manovra di rientro che lo stesso direttore del Dfe Christian Vitta annuncia con scelte difficili e impopolari – è al limite dello sconsiderato.
La prima riunione della Commissione parlamentare della gestione dopo la pausa estiva si sarà pur svolta in un buon clima, come abbiamo evinto a Palazzo tra sorrisi distesi e il presidente della Gestione stessa, Michele Guerra, che citava in allegria Sallustio, senatore e storico nell’Antica Roma. I coltelli però, a proposito di Senato romano, sono già sguainati e nascosti dietro la schiena manco fossero le Idi di marzo. In un contesto dove tutti parlano di dialogo ma, per un motivo o per l’altro, quando in maniera del tutto inaspettata qualcuno apre la porta a questo dialogo, e prova a superare l’ostacolo, riceve in faccia una porta sbattuta. È successo con l’apertura dei socialisti, in fatto di riforma della legge tributaria, allo ‘spacchettamento’ delle parti e con la disponibilità a discutere sulle deduzioni previste opponendosi, però, agli sgravi fiscali per i più abbienti. È successo con il presidente del Plr Alessandro Speziali pronto a discutere “senza tabù” sul (ri)portare, o meno, il coefficiente cantonale d’imposta al 100% e su misure per il ceto medio: anche qui in pochi, almeno pubblicamente, hanno colto la portata della dichiarazione.
Ed è proprio il Plr che, in questa fase delicata e con un parlamento mai così frammentato, deve fare da guida a livello di proposta e a livello di capacità di cercare dei compromessi. Il partito di maggioranza relativa, che fa della responsabilità una sua bandiera, che si definisce interclassista e per il progresso, non può giocare di rimessa e contropiede: deve portare idee, progetti e proposte. Senza l’arroganza del primo della classe, ma con il compito che spetta a chi ‘vince’ le elezioni o, in un sistema elettorale come quello ticinese, semplicemente arriva primo. Certo, molte cose andranno spiegate. Con questi chiari di luna convincere sul perché davvero serva sgravare fiscalmente i più ricchi merita qualche ragionamento in più rispetto alla considerazione che chi è già in difficoltà le imposte nemmeno le paga. Così come fare i guardiani a oltranza dei conti pubblici e, tornando sempre all’Antica Roma, i pretoriani del Consiglio di Stato non sarà per forza pagante a livello elettorale. Nessuno si aspetta un Plr movimentista, per carità. Ma ancor più dinamico sì.
Finita la buriana delle elezioni federali e prima che parta quella delle comunali, una dimostrazione di forza da parte dei liberali radicali sarebbe riunire allo stesso tavolo le presidenze di tutti i partiti per arrivare seriamente a un vero Patto di Paese. Di cui si parla da tempo immemore, a cui nessuno ormai crede più, ma che nel disincanto generale sarebbe forse il detonatore di cui la politica – tutta la politica – ha bisogno per tornare autorevole.