il commento

Make Toilets Great Again

Lo sguardo torvo che accomuna la foto segnaletica di Trump, un proprietaria di una stazione di servizio in Tennessee e i misantropi col fucile dei cartoon

In sintesi:
  • Certe facce si somigliano tutte e Trump sa come usarle a suo vantaggio
  • Il suo messaggio è ‘ce l'hanno con me, ce l'hanno con voi. Difendiamoci, difendetevi’
  • Nel nulla puoi imbatterti in un cartello qualunque intriso di razzismo e xenofobia
‘Proprietari americani bagni puliti’
(R. Scarcella)
28 agosto 2023
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Quello sguardo torvo che sta facendo il giro del mondo sulla faccia già respingente di Donald Trump l’avevo visto, tal quale, esattamente otto giorni prima che qualche poliziotto della famigerata prigione di Fulton County scattasse all’ex presidente una foto segnaletica che – si dice – farà storia, ma nel frattempo sta facendo campagna elettorale.

Quello sguardo torvo, dicevo, il 16 agosto era su un’altra faccia, quella della proprietaria di una stazione di servizio in un incrocio di strade del Tennessee, un posto talmente qualunque che sarebbe il nulla se non ci avessero disegnato un po’ d’asfalto intorno. A difesa di quel nulla, la donna ha messo sé stessa e anche un cartello: “American owned, clean restrooms”, ovvero “Proprietari americani, bagni puliti”.

Mi sono fermato a fotografarlo quel cartello, perché, come la donna si è sentita in dovere di segnalare la proprietà americana, io mi sono sentito in diritto di avere una testimonianza di quel messaggio che mi è parso tanto sbilenco quanto violento e razzista.

Scattata la foto sono poi entrato in quel bagno rigorosamente “americano e pulito” anche se in realtà non ne avevo granché bisogno. Quando sono uscito, la proprietaria è venuta da me con la stessa faccia che ho poi ritrovato in Trump.


Keystone
La foto segnaletica di Trump

Quello sguardo torvo (e due) l’avevo già visto, ma ci ho messo un po’ a ricordare dove e quando. Era sui volti incattiviti di quei proprietari terrieri del West che facevano capolino nei cartoon e nei fumetti di quando ero piccolo: tutti uguali, con il grugno, il fucile a pallettoni tra le mani, i cartelli con su teschi e divieti, sempre appoggiati a una staccionata che divideva loro dal mondo esterno, pronti a mostrare al malcapitato di turno chi faceva le regole oltre quel confine di legno.

Il cartello “American owned, clean restrooms” è la staccionata di quella signora, che ha aspettato che uscissi dal bagno per mettere su il grugno e dirmi “ho visto che scattavi delle foto. Perché fai delle foto alla mia proprietà?”. Ho un po’ barato, ma nemmeno troppo, rispondendo che mi piacciono i cartelli e ogni tanto li fotografo. Le ho chiesto del significato di quella scritta e lei ha replicato, orgogliosa, che così i veri americani sanno dove fermarsi a fare benzina, che ci sono troppi posti gestiti da chissà chi, troppa gente venuta da chissà dove, e che i suoi bagni – il più delle volte – li pulisce direttamente lei. Come se fosse una garanzia di qualcosa.

Quando sono uscito mi ha seguito, a distanza, e poi mi ha squadrato senza mai dismettere lo sguardo torvo finché non è sparita nello specchietto retrovisore della mia Chevrolet a noleggio, americana pure lei. Almeno di quello sarà stata contenta.

Tutto quello che Trump esibisce – a partire dalla foto segnaletica – è un senso di pericolo imminente, di fortino assediato: che sia un impero milionario (il suo) o un bagno qualunque alla periferia della periferia della periferia dell’America poco importa. Il messaggio è: “Ce l’hanno con me, ce l’hanno con voi. Difendiamoci, difendetevi”. Poi certa gente gli crede e mette su i cartelli “American owned”, lo sguardo torvo e staccionate, reali e immaginarie, che chissà quanto tempo servirà per buttarle giù.

E non era nemmeno così pulito, il bagno.


R. Scarcella
Hot dog, barbecue e autarchia