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Putin e l’arma immorale della fame

Il presidente russo ora minaccia con la bomba alimentare, fregandosene dei milioni di affamati nel mondo

In sintesi:
  • Così lo zar prova a mettere in ginocchio l'economia ucraina e riportare le sue banche nel circuito internazionale
  • Il Cremlino infila anche menzogne su dove sarebbero stati riempiti i silos
  • La fame uccide più delle guerre, Putin lo sa bene
Un deposito di grano a Izmail in Ucraina
(Keystone)
19 luglio 2023
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La fame uccide più delle guerre. Non è una novità. E in entrambi i casi, a causa della follia, dell’egoismo, della prepotenza o dell’indifferenza umana. “Global Hunger Index”, indice che prende in esame le condizioni di 121 Paesi, calcola che per quest’anno saranno 45 milioni le persone a forte rischio per carenza di cibo. In crescita rispetto agli anni precedenti, quando, pur fra numeri sempre spaventosi, c’era stata una inversione favorevole di tendenza. Da decenni si ripete che i morti per fame non sono vittime di una malattia inevitabile e letale, ma una vergogna dell’intera umanità. Ancor più quando essa viene usata come un’arma.

Ne sanno qualcosa proprio gli ucraini, che nella loro tormentata storia hanno conosciuto l’Holodomor, la carestia contro i contadini contrari alla collettivizzazione sovietica delle terre, carestia in buona parte programmata da Stalin, e che nel 1932-33 provocò fra i tre e i quattro milioni di morti. Tragedia ineludibile se si vuol capire la crescita del nazionalismo di Kiev, con tutte le sue pagine anche più odiose (per esempio la formazione di volontari ucraini affiliati alle SS durante l’occupazione nazista). Holodomor che non fu del tutto estraneo alla decisione con cui nel 1954 Kruscev “regalò” la Crimea all’Ucraina, compensazione di quella strage e della deportazione in massa dei Tatari dalla penisola che il Cremlino ha riannesso illegalmente nel 2014.


Keystone
Il grano, fondamentale, per il sostentamento nei Paesi poveri

Calpestato il diritto internazionale

Semplice riferimento storico. Non siamo certo a un nuovo Holodomor. Ma è un fatto che Putin torna cinicamente a minacciare l’uso della “bomba alimentare”. Mosca ha infatti annunciato di non voler rinnovare l’accordo sull’attraversamento in sicurezza del Mar Nero delle navi ucraine cariche di grano, mais, orzo e olio di semi destinati all’estero: in quasi un anno, circa mille convogli per un totale di 32 milioni di tonnellate. Decisione contraria al diritto internazionale. E dalle conseguenze potenzialmente devastanti. “Milioni di persone ne pagheranno le conseguenze”, prevede l’Onu.

Mosca si giustifica sostenendo che l’Occidente non ha rispettato i patti poiché in generale le altre sanzioni imposte alla Russia non consentono una piena attuazione dell’aumento dell’export russo di prodotti agricoli concesso dall’accordo. Non solo: stando al Cremlino il grano ucraino ha riempito soprattutto i silos dei Paesi ricchi, e solo in minima percentuale quelli dei più poveri. Sono due menzogne. Da parte occidentale l’intesa, sotto sorveglianza internazionale, è stata pienamente attuata; dall’altra l’Onu ha smentito la versione di alcune organizzazioni umanitarie, documentando come oltre il 50 per cento delle consegne abbia raggiunto le nazioni più bisognose, soprattutto africane e mediorientali.


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Putin e l’annuncio del grano ai Paesi poveri, era marzo. Tutto è cambiato

I tre motivi

Evidentemente, la verità è un’altra. Putin usa l’arma più antiumanitaria che ci sia per tre ragioni: mettere ancor più in ginocchio l’economia ucraina (i prodotti agricoli sono la voce principale delle sue esportazioni); ottenere il reinserimento di Mosca nelle transazioni bancarie internazionali da cui la Russia è stata esclusa; ridare linfa a una solidarietà antioccidentale che negli ultimi mesi ha perso slancio. La fame, secondo Mosca, sarà perciò totalmente colpa di chi aiuta militarmente Kiev a difendersi dall’invasione russa e non della Russia che blocca la navigazione civile ucraina nel Mar Nero. Evidente rovesciamento della logica e delle vere responsabilità. Ricatto immorale e inaccettabile.