Conclusa la seconda fase dell’indagine effettuata dal Comune su chi vive ancora a domicilio. Nel frattempo è nato un ufficio per le persone in età Avs
«A sentirsi soli a Chiasso sono pochissimi anziani. Questo mi ha colpito in positivo». Spesso, nell’immaginario comune, la figura dell’anziano viene rappresentata come una persona sola e isolata, ma ciò che emerge dalla seconda fase del progetto ‘Osservatorio Anziani’ è che, per lo meno a Chiasso, la situazione non è questa. «La maggior parte delle persone che abbiamo contattato hanno una rete di sostegno che risponde ai loro bisogni. Sia di tipo informale, dunque parenti, amici, vicini, sia formale, con assistenti di cura a domicilio, medici eccetera», ci spiega Andrea Bianchi, responsabile dell’Ufficio servizi sociali.
Durante la pandemia, si voleva capire come gli anziani avessero vissuto la prima ondata, quale impatto avesse avuto sul loro benessere e quali fossero i loro bisogni. È stato dunque dato avvio al progetto con una prima fase di presa di contatto. È infatti stata inviata una lettera, tra agosto e dicembre 2021, a tutte le 1’125 persone over 75 della città che abitano ancora al proprio domicilio. A rispondere sono state in 113. «Ci aspettavamo questo risultato e quindi siamo partiti con la seconda fase». Quest’ultima, che si è appena conclusa, prevedeva di chiamare chi non avesse dato seguito alla lettera. A occuparsene sono stati tre collaboratori dell’Ufficio e due volontari. «Siamo riusciti a contattarne 575 e 417 si sono resi disponibili per rispondere alle nostre domande». La situazione degli anziani che emerge dopo la seconda fase è in linea con quella della prima: «Lo scorso anno temevamo che ad averci risposto fossero le persone con più risorse e che dunque chi non lo aveva fatto era magari più in difficoltà. Invece, fortunatamente, non è così. È emerso anche in questo caso che c’è un benessere piuttosto diffuso tra gli anziani a Chiasso. Inoltre, in questo secondo stadio, la pandemia viene percepita come qualcosa di legato al passato – indica Bianchi –. Delle persone che ci hanno risposto, meno dell’1% vive un momento di grande sofferenza o solitudine. È un dato davvero rassicurante».
Poche persone, quattro o cinque, hanno però mostrato di essere in difficoltà. Per loro cosa si intende fare? «Durante l’indagine è stato creato l’Ufficio anziani, dedicato a tutte le persone in età Avs. Questo è composto da un’agente di polizia, per una percentuale lavorativa del 50%, e un’assistente sociale, che per il momento se ne occupa al 40%. Uno dei compiti della prima, ribattezzata ‘agente di quartiere’ è quello di incontrare con una certa frequenza queste persone e, insieme all’assistente sociale, trovare un modo per aiutarle a creare una rete sociale di sostegno», spiega Bianchi.
Nemmeno con la seconda fase si è riusciti a contattare tutti, per questo motivo ha già preso avvio la terza. L’agente di quartiere è incaricata di recarsi nelle case delle circa 270 persone restanti. «Desideriamo capire come stanno, se sono persone in difficoltà o se invece sono particolarmente indipendenti e occupate. Finora ne abbiamo già contattate una cinquantina e queste sono risultate essere molto autonome». L’obiettivo resta dunque di parlare con tutti gli over 75 per tastare il polso della situazione: «Chiaramente se poi non sono interessati a rispondere alle nostre domande lo rispettiamo. Cerchiamo però comunque di capire se abbiamo di fronte una situazione di particolare fragilità e isolamento o se non c’è da preoccuparsi. In ogni caso, gli viene consegnato un particolare biglietto da visita con i nostri contatti, tra cui il numero dell’Ufficio anziani, lo 058 122 40 90, che abbiamo deciso di mantenere attivo e che è un importante punto di riferimento per qualsiasi tipo di richiesta». In generale «quasi tutti hanno espresso grande riconoscenza verso il fatto che il Comune abbia preso attivamente contatto con loro».
Una volta contattate anche le restanti persone, cosa succederà? «L’agente di quartiere continuerà a presentarsi ai ‘nuovi’ over 75, anche perché il campione di riferimento attuale è di chi si trovava in quella fascia d’età nel 2021. Inoltre sarà incaricata di informare e proporre dei momenti di formazione agli anziani su temi specifici, come quello delle truffe. Riguardo a quest’ultimo, sono rimasto sorpreso che nessuno finora ci abbia indicato di esserne stato vittima. È una buona cosa, chiaro, noi abbiamo comunque colto l’occasione per informare a tappeto – indica Bianchi –. Inoltre l’Ufficio anziani proseguirà con la presa a carico di chi ne avrà bisogno e continuerà a fare da antenna per capire quali sono le esigenze della popolazione anziana».
Come mai per una delle due figure dell’ufficio si è optato per un’agente di polizia? «Ci sono due ragioni principali. Una riguarda le risorse: come Servizi sociali non potevamo mettere a disposizione una persona al 100% e abbiamo cercato qualcuno adatto al ruolo, che avesse una spiccata sensibilità. In secondo luogo, potersi presentare in divisa a casa di un anziano è un vantaggio. Egli riconosce che si tratta di un rappresentante di un’autorità e non uno sconosciuto. In ogni caso le visite sono fatte in un’ottica da assistente del Servizio sociale, non da poliziotta. L’approccio è più informale e in seguito, se l’anziano lo preferisce, può presentarsi in civile».
Il ruolo dell’assistente sociale, invece, è più amministrativo. Aiuta, per esempio, a fare le tasse, ad attivare una prestazione sociale, a prendere a carico situazioni più complesse dove non è sufficiente una semplice visita occasionale a casa. «Abbiamo cercato una persona con una grande capacità d’ascolto in grado di dedicarsi agli anziani». Dunque, se l’agente di quartiere «apre una breccia, un contatto con la persona, l’assistente sociale si occupa di dare risposte più specifiche per quello che sono i bisogni a 360 gradi dell’anziano».
L’obiettivo di tutto il progetto è quindi di dare risposte concrete ai bisogni della popolazione. Già nella prima fase dell’indagine sono infatti emerse richieste puntuali: avere una figura di riferimento all’interno del Comune alla quale potersi rivolgere, avere una maggiore offerta di attività al pomeriggio invece che la sera. Come pure creare un ‘Punto Posta’ all’interno del quartiere Soldini e avere uno spazio ricreativo facilmente raggiungibile nel quartiere di Pedrinate. Al primo punto è già stata data una risposta con la creazione dell’Ufficio anziani con all’interno due persone di riferimento. Riguardo al secondo, già da quest’anno, indica Bianchi, gli spettacoli pomeridiani sono stati aumentati: «Abbiamo rilanciato ancora il tema al Dicastero attività culturali, ma immagino si voglia capire quanto riscontro avranno le proposte presenti quest’anno». Circa la necessità di un Punto Posta al quartiere Soldini, il tema non è nuovo e i Servizi sociali e il Municipio stanno prendendo contatto con la Posta di Chiasso. Un’idea potrebbe essere quella di inserire la succursale all’interno del Centro di socializzazione, aperto da maggio. Per quanto riguarda Pedrinate, è stato individuato un posto dove realizzare un centro diurno, gestito dai Servizi sociali, da aprire inizialmente un paio di pomeriggi a settimana. Inoltre non mancano i contatti con altre associazioni, come per esempio l’Atte. Con quest’ultima si prevede di organizzare dei momenti informativi su alcune tematiche come l’uso dei mezzi informatici nella vita quotidiana, come per esempio per pagare le fatture con qr code e gestire la posta elettronica.