laR+ IL COMMENTO

Stazioni invernali ticinesi tra visioni e cruda realtà

Pesciüm, Nara e Carì: nelle ultime settimane la sete d’investimenti milionari ha fatto capolino nei conti comunali

In sintesi:
  • Per Pesciüm, Nara e Carì annunciata dai Comuni di riferimento la necessità di massicci investimenti
  • Di Stefano Artioli ce n'è uno solo: il rilancio di San Bernardino mette il turbo, nell'Alto Ticino si avanza lentamente
Al verde
(Ti-Press)
25 maggio 2023
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Scriverebbe Agatha Christie che “un indizio è un indizio, due sono una coincidenza, tre fanno una prova”. Dalle stazioni invernali/estive dell’Alto Ticino tre recenti segnali inviati dai Comuni di riferimento (Airolo e Quinto per Pesciüm, Acquarossa per il Nara e Faido per Carì) portano a un bivio: o s’investono decine di milioni per rinnovare gli impianti e riorientare l’offerta, o si resta sulla riva ad attendere l’obsolescenza programmata. A meno che non riemerga dai cassetti governativi il rapporto della Grischconsulta che nel 2008 indicava come preferibile la sola sopravvivenza di Pesciüm, in soldoni questo significa una sola cosa: non troppo in là nel tempo qualcuno dovrà iniettare parecchia liquidità per far contenti tutti.

Qualcuno chi? I Comuni, il Cantone, la Confederazione, le banche, i privati? Di sicuro non Stefano Artioli che in quattro e quattr’otto ha preso in mano il rilancio in grande stile di San Bernardino. Un’accelerata che può gettare nello sconforto, per fare un solo esempio, chi a Campo Blenio attende da lungo tempo di veder maturare il proprio bel progettino di completamento dell’offerta. Tempi lunghi anche per il Sun Village di Acquarossa, la cui prima picconata dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) risuonare verso fine 2023. E ancor più lunghi per Airolo, il cui sfregio autostradale sarà mitigato dal risanamento del fondovalle fra una decina d’anni grazie alla realizzazione in corso del secondo tubo sotto il Gottardo.

A proposito di liquidità, la domanda che molti si pongono riguarda il futuro di Campra, centro nordico costato 16 milioni di cui 7,5 stanziati dal Cantone. Nato sotto la stella sfortunata del Covid, dopo il fallimento l’anno scorso della Sagl di gestione nulla è dato sapere sulla Sa titolare. I suoi rapporti poco idilliaci con lo Sci club Simano, le poche informazioni che filtrano dalla Sa verso i piccoli azionisti, e dal Comune azionista verso l’opinione pubblica, non fanno che alimentare in alcuni ambienti un clima di scetticismo verso un’infrastruttura considerata necessaria ma diventata una cattedrale nel deserto. D’altronde prima che a Pesciüm iniziasse nel lontano 2009 l’era della Valbianca Sa (in mano ai Comuni di Airolo e Quinto ma co-finanziata dalla Città di Lugano al momento di ritirare all’asta per 70mila franchi gran parte degli impianti stimati in quasi 8 milioni) qualche cadavere lo avevano lasciato sul campo le traversie legate ai massicci investimenti fatti da cordate di privati sostenuti dalle banche. Sforzi immani profusi sin dagli anni ’70 e ’80 per tener viva un’idea di rilancio dell’Alto Ticino.

Sempre ad Airolo una deadline l’ha indicata due anni fa Giovanni Leonardi lasciando la presidenza della Valbianca: “Entro la scadenza della concessione federale fissata per il 2037, bisognerà aver rinnovato e ampliato gli impianti di risalita. Con 10 milioni non si va da nessuna parte e con 100 si farebbe concorrenza ad Andermatt”. Su questo dato dovrà ragionare l’Ente regionale per lo sviluppo che tramite i Masterplan Leventina e Blenio vuole impostare una strategia che unisca le piccole, le medie e la grande stazione verso obiettivi condivisi e una messa in rete. Un esercizio doveroso ma che per le storiche specificità locali (quale stazione rinuncerebbe mai al target famiglie+bambini?) rischia di fermarsi a puntuali sinergie dal profilo organizzativo e della manutenzione. D’altronde era sempre Agatha Christie a sostenere che “il mondo sta diventando un posto difficile in cui vivere, tranne che per i forti”. Ma anche per loro, i soldi non fioccano dal cielo.

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