Al via ‘Tutti i colori del giallo’, dal 3 al 5 maggio al Lux di Massagno. La scrittrice siciliana, ospite giovedì 4 maggio, si racconta
“È meno facile di quanto si creda: piacere alle persone colte pur rimanendo comprensibile per quelle semplici”. In questa breve frase detta dal maestro del giallo e del poliziesco Georges Simenon è forse racchiusa l’essenza di un genere letterario spesso considerato minore, da consumare senza troppo impegno prima di dormire o sulla spiaggia, tra un cruciverba e l’altro.
Eppure i libri dello scrittore belga, divenuto celebre soprattutto grazie ai suoi settantasei titoli dedicati al Commissario Maigret sono stati tradotti in oltre cinquanta lingue registrando un enorme consenso tra i lettori, intellettuali e non. Con una scrittura elementare, priva di orpelli e metafore e ridotta a non più di duemila vocaboli, Simenon riesce nello scopo di piacere a tutti, smentendo i cliché nati attorno al genere.
Per celebrare i 120 anni dalla sua nascita, il festival Tutti i colori del Giallo gli dedica la sua 19esima edizione. ‘Effetto Simenon’ è infatti il titolo/fil rouge della rassegna di quest’anno, in programma da domani al 5 maggio presso il Cinema Lux di Massagno e condotta dal direttore artistico Luca Crovi, da Andrea Fazioli e da Moira Bubola. Diversi gli ospiti e gli appuntamenti con autori che hanno portato avanti l’eredità del maestro del giallo, non solo in letteratura. Dopo l’incontro con Bruno Gambarotta e Alberto Schiavone, a inaugurare la kermesse, si prosegue infatti con la proiezione – in esclusiva per il Ticino – del film ‘Maigret’ di Patrice Leconte, con protagonista Gerard Depardieu. Chiudono la rassegna i giallisti Davide Longo e Valerio Varesi, quest’ultimo soprannominato il Simenon italiano.
Nella giornata centrale, il 4 maggio, saranno protagonisti lo scrittore Bruno Morchio, la curatrice per Adelphi delle opere di Simenon Ena Marchi e la scrittrice siciliana Cristina Cassar Scalia, ideatrice della saga di polizieschi editi da Einaudi incentrati sul personaggio di Giovanna Guarrasi, vice questore della Squadra Mobile di Catania: una sbirra di carta che è anche una rievocazione letteraria. Abbiamo raggiunto proprio quest’ultima per qualche domanda.
Cristina Cassar Scalia: da dove nasce il suo personaggio?
Prima del personaggio è nata la voglia di scrivere un giallo. L’idea di ‘Sabbia nera’, libro che inaugura la saga, mi è venuta dopo aver immaginato un cadavere mummificato dentro un montacarichi. Quest’immagine mi è rimasta impressa, non potevo lasciarla andar via così, dovevo farne qualcosa e trasformarla in una storia. A quel punto mi serviva un personaggio e ho deciso d’inventarne uno su misura, quello che, da lettrice, mi sarebbe piaciuto incontrare in un giallo. Giovanna Guarrasi, detta Vanina, è una donna forte, con una carriera di tutto rispetto. Non ha bisogno di farsi strada in un mondo di maschi perché il suo posto se l’è già guadagnato. Tenevo molto anche a darle un passato ben preciso, che riaffiora a più riprese nei miei libri per portare alla luce e ricordare ai lettori pezzi di storia drammatici che non dovrebbero essere mai dimenticati: il padre di Vanina è infatti uno dei poliziotti uccisi nelle stragi di mafia che in Sicilia, dalla fine degli anni 70 al ’92 (con la morte di Falcone e Borsellino insieme ai membri della scorta), hanno falciato decine e decine di persone, tra forze dell’ordine e civili.
La costruzione di un poliziesco richiede un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Quale metodo di lavoro usa per strutturare i suoi romanzi?
So poche cose quando inizio a scrivere: l’identità di assassino e vittima e il movente dell’omicidio. Tutto il resto arriva un po’ in divenire, pagina dopo pagina. Mi lascio trasportare dai personaggi. È vero però che sono maniacale nella costruzione di luoghi, eventi e trama. Ci tengo che le mie indagini siano verosimili, per questo mi avvalgo di molti consulenti all’interno della polizia. Ormai agli uffici della mobile di Catania e di Palermo mi conoscono tutti. I personaggi sono inventati, ma gli spazi che descrivo corrispondono perfettamente a quelli che ho visitato più volte. Ho dei poliziotti di fiducia a cui sottopongo alcuni passaggi dei miei casi chiedendogli di volta in volta se siano plausibili. Ma non parlo solo con le forze dell’ordine, in generale mi documento su tutte le discipline che non conosco in maniera approfondita. Se devo “fare” un’autopsia a un cadavere, ad esempio, interpello un medico legale. Per ‘La logica della lampara’, invece, ho chiesto consiglio a un musicista del conservatorio di Santa Cecilia che la sapeva lunga in fatto di violini.
Com’è stato il suo incontro con l’opera di Georges Simenon?
È stato un incontro piuttosto felice. Era estate, avevo sedici anni e avevo finito in anticipo tutti i libri che mi ero preparata per le vacanze. Sono sempre stata una lettrice veloce e vorace. Purtroppo però in agosto, nella Noto di trent’anni fa, non c’era neanche una libreria aperta. Fortunatamente però casa mia è sempre stata ben rifornita di ricche biblioteche. E così mi sono imbattuta nei libri di mia madre sul commissario Maigret. Ho divorato tutti quelli che ho trovato. Dovevano essere una decina. Da lì è scattato un grande amore. La cosa bella è che quando credo di averli letti tutti ne salta fuori uno che mi era sfuggito. Simenon è una fonte inesauribile. Ho apprezzato moltissimo anche la serie che la Rai mandò in onda dal ’64 al ’72. Da allora non posso fare a meno di pensare a Maigret con la faccia di Gino Cervi. Nel mio personaggio ho inserito anche un piccolo omaggio al commissario: gli uomini e le donne della sua squadra chiamano il vice questore Guarrasi capo, al maschile, ma lei lo permette solo a quelli di cui si fida ciecamente. Come accade tra Maigret e i suoi. Una piccola rievocazione letteraria dedicata a chi, come me, ha vissuto fianco a fianco con i gialli di Simenon.