La giornalista Cristina Kiran Piotti, autrice del libro ‘India Mania’, commenta lo storico sorpasso alla Cina: “È l’ora di cogliere grandi occasioni”
L’India, con quasi 1,43 miliardi di persone sta per diventare – anzi, è già diventata da qualche tempo, sebbene non ufficialmente – la nazione con più abitanti al mondo, scalzando dal primo posto la Cina, considerata irraggiungibile dal 1950, anno in cui le Nazioni Unite hanno iniziato a tenere i registri della popolazione globale.
L’India supera la Cina grazie non solo alla rapida crescita della sua popolazione, ma anche per via del calo di nascite registrato a Pechino e dintorni. Considerato il Paese più popoloso al mondo dalla caduta dell'Impero Romano, la Cina dovrebbe assistere a un decremento delle nascite costante fino a raggiungere circa un miliardo di persone entro la fine di questo secolo, secondo le proiezioni dell'Onu. Mentre l'India continuerà a crescere, raggiungendo il picco di 1,7 miliardi entro il 2064: oggi in media nascono 86’000 bambini indiani al giorno contro 49’400 cinesi.
Il record indiano, al di là dei numeri, rappresenta ora una sfida per il primo ministro Narendra Modi, che dovrà trovare il modo di garantire lavoro a milioni di giovani. L’impresa non pare così facile, almeno secondo Cristina Kiran Piotti, giornalista italoindiana e autrice del libro illustrato “India Mania” (edizioni Rizzoli).
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Gli indiani sono 1,43 miliardi
Cosa c’è dietro questi numeri?
Sono tantissimi i fattori da considerare dietro a questa crescita: una è legata all’età. L’India non è solo la nazione più popolosa, ma anche una delle più giovani, perché il 40 per cento ha meno di 25 anni e, secondo i dati ufficiali, una persona su cinque sotto i 25 anni vive in India. La stessa età mediana è molto bassa: 28 anni. Quella della Cina invece è 39. Da una parte è una benedizione, perché hai una forza lavoro giovane, hai energie e attività che si possono muovere. Ma allo stesso tempo hai una popolazione che mensilmente entra nel mercato del lavoro, quindi aumenta la difficoltà a mantenere i tassi di occupazione elevati.
Qual è la fotografia del mondo del lavoro?
Nell’ultimo trimestre del 2022 la disoccupazione è rimasta intorno al 7 per cento. Il rischio è di avere quel 7 per cento, che è un numero enorme di persone, fortemente frustrato. Consideriamo poi che chi ha un’occupazione, ma è sottopagato, non se la passa molto meglio. Resta da capire, ma non è facile, quante persone sono occupate in modo continuativo, quanti portano avanti lavori occasionali, stagionali, agricoli e faticosi. L’India però è anche la patria di una fiorente classe media, che in questo momento è l’obiettivo primario delle compagne di e-commerce di tutto il mondo. Parliamo di un mercato immenso a cui vendere. Ed è anche leader nell’It: perché sino agli anni Novanta l’India era il call center del mondo, ora invece è la patria delle start-up. Pensiamo poi che dopo la crisi della catena di approvvigionamento sono molte le aziende che provano a diversificare la propria presenza rispetto alla Cina. Certo, c‘è anche il Vietnam e altri Paesi nell'area che sono buoni competitor, ma l’India in alcuni suoi hub come Bangalore sta cercando di proporsi come alternativa. Si lavora anche molto sulla rete infrastrutturale, ancora abbastanza carente, e sulle leggi sul lavoro.
Quanto è indietro il Paese sulla tutela del lavoro?
Ricordiamo che l’India è formata da 28 Stati, alcuni enormi, e 8 territori. Questo significa che ogni Stato ha normative proprie. E pure per le infrastrutture hanno un loro Parlamento che prende decisioni a livello locale. Anche la tassazione cambia fortemente, un esempio su tutti, a Delhi l’alcol costa molto meno che a Bombay. Immaginiamo le stesse differenze nell'ambito dello spostamento delle merci; o allo stato delle strade.
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La folla sui binari della stazione di Mumbai
In questo momento, poi, si parla moltissimo dell’ingresso di Apple sul mercato indiano, che ha da poco aperto un negozio a Bombay e poi un altro a Delhi. Anche la stessa produzione delle aziende che lavorano per Apple si sta spostando in India. Si ipotizza che questa sia anche la ragione per cui tanti Stati stanno cambiando le loro leggi sul lavoro. Faccio un esempio: il Karnataka, che è uno Stato meridionale, storicamente benestante e dotato di buone leggi sul lavoro, quest’anno ha liberalizzato e cambiato per consentire la produzione su due turni. Da una parte ci sono aziende di lunga data che contestano il fatto che ci siano leggi troppo rigide, dall’altro i sindacati temono che si arrivi a una liberalizzazione estrema e dannosa per la vita dei lavoratori.
Quindi le condizioni possono cambiare molto da Stato a Stato?
Sia a seconda degli Stati che dei settori di produzione. Resta su tutti il problema del lavoro informale, non proprio il cosiddetto “nero”, ma un lavoro non completamente contrattualizzato o fortemente stagionale. Ricordiamo che l’India durante la pandemia ha vissuto uno dei peggiori lockdown al mondo, e durante quel periodo si è assistito a un esodo epocale: si trattava di stagionali che lavoravano nelle fabbriche delle grandi città. Lavoratori che durante il periodo della semina lavorano nei campi, in terre spesso nemmeno di loro proprietà, e nelle stagioni di ferma, vanno in altre città, altri Stati a centinaia e centinaia di chilometri. Gente che non aveva più forme di sostentamento ed è tornata a casa a piedi. Quello è stato un momento decisamente tragico. E che ha fatto capire anche la portata del lavoro stagionale, che riemerge soprattutto nei periodi delle elezioni, perché essendo registrati in uno Stato e lavorando in un altro non possono votare. Ora si parla di concedere il voto elettronico, ma non è così semplice. Eppure parliamo di percentuali di votanti elevate, che possono in alcuni casi arrivare a spostare un esito elettorale.
Il quadro politico qual è?
Il partito che oggi domina in tutti i sensi è il Bjp, che possiamo tradurre come Partito del Popolo, guidato dal premier Narendra Modi. Un partito nazionalista di destra. In questo periodo si stanno tenendo alcune elezioni, uno degli Stati a cui stiamo guardando è il Karnataka, che tra pochi giorni dichiarerà i risultati del voto. L’anno scorso è toccato al Gujarat. Il partito dominante a livello nazionale è però quello di Modi. Salvo sorprese, sarà così anche nel 2024.
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Un sostenitore di Narendra Modi
Alternative?
Fino a non molto tempo fa a dettare l’agenda era il Congress Party, della famiglia Gandhi, che ora ha passato la mano e a guidarlo c’è Mallikarjun Kharge. Anche se Rahul Gandhi resta una figura di riferimento del partito. Gandhi è stato anche recentemente condannato per diffamazione dopo una battuta su Modi fatta proprio nello Stato d’origine di Modi, il Gujarat. In seguito a ciò è anche decaduto il suo ruolo in Parlamento. Una situazione infelice, ma dubito che sia una mossa politica caduta dall’alto, perché il Congress Party in questo momento è scarsamente rilevante e questa notizia l’ha riportato un po’ al centro del dibattito. Ovviamente, se fosse voluta da Modi, sarebbe un boomerang.
C’è una terza via?
Ampliando lo sguardo ci sono diversi partiti che possono creare qualche problema a Modi. Uno è l’Aam Aadmi Party (Aap), ribattezzato in Italia come Partito dell’Uomo comune, che è arrivato al potere nello Stato di Delhi e in Punjab, entrambi molto importanti. Parliamo di un partito paragonato in parte al Movimento 5 Stelle in Italia, nato quasi dal nulla. Anche loro stanno subendo diversi processi e attacchi politici L’Aap, ma non solo, accusa Modi per questi attacchi, anche perché le agenzie che lo accusano sono vicine al governo, essendo gestite a livello nazionale e non statale. Accuse, ovviamente rispedite al mittente dal partito di Modi, che ricorda come i casi di corruzione in India siano da sempre molti e non è così infrequente trovare corrotti in politica. Sembra un po’ il solito gioco delle parti. Altro nome interessante è quello di Mamata Banerjee, prima ministra del West Bengal dal 2011 e leader dell’All India Trinamool Congress: anche lei è potente ed è una figura da tenere d’occhio, almeno a livello statale.
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Proteste dopo la condanna a Rahul Gandhi, rivale di Modi
Quindi Modi è e Modi sarà...
È un leader molto amato, addirittura al primo posto nella classifica globale stilata ogni anno da Morning Consult, con il 76% di approvazione. Modi era primo anche l’anno precedente. Gli indiani sono una popolazione estremamente orgogliosa, con un’idea di un mancato riconoscimento internazionale del proprio valore, con Modi molti hanno ritrovato quell'orgoglio.
Ma c’è chi getta ombre sul suo operato...
Modi si fece un nome diventando primo ministro del Gujarat, che sotto la sua guida è diventato uno dei più ricchi del Paese. Lui non ha fatto altro che promettere lo stesso livello di sviluppo a livello nazionale, in parte riuscendoci. Ma è anche fortemente legato a un partito pro induismo chiamato Rfs, e per questo criticato.. Alcune misure adottate sono in linea con l'agenda hindutva: ad esempio ha cambiato lo status di Jammu e Kashmir, che sono Stati sensibili che avevano uno status particolare proprio perché con una maggioranza musulmana. Insomma, c'è chi accusa Modi di portare avanti un’agenda anti-musulmana, questo succede anche per una macchia sul suo curriculum raccontata da un documentario della Bbc che racconta le rivolte in Gujarat scoppiate nel 2002. Lui era primo ministro dello Stato e scoppiarono enormi disordini tra musulmani e induisti che portarono a un massacro dei musulmani. Modi, stando al documentario, sarebbe stato coinvolto, ma dai processi è uscito sempre pulito. Tuttavia, a causa di quei processi, per anni non ha potuto viaggiare negli Usa o nel Regno Unito. Poi questo divieto internazionale è decaduto.
E passando allo scacchiere internazionale?
La cosa rilevante in questo momento è che l’India resta un alleato, non di fatto e non di nome, della Russia. L’interesse è evidente, se torniamo all’inizio del discorso e consideriamo il numero di abitanti. Dalla Russia, ad esempio, l’India compra petrolio a prezzi vantaggiosi e al tempo stesso mantiene relazioni economiche con tutti i Paesi che non hanno preso posizione nella guerra in Ucraina. Non ha ovviamente relazioni con la Cina e anche con il Pakistan, altro nemico giurato. Con la Russia c’è un’alleanza di comodo, storicamente si sono affidati molto più alla Russia che agli Uss, soprattutto sulla questione Pakistan. Poi c’è il tema della Cina, che si può tradurre con “gli amici degli amici non sono miei amici”.
Il rapporto con gli americani e il posizionamento sulla guerra in Ucraina?
L'India ha firmato accordi multilaterali come il Quod, nel Pacifico, insieme ad Australia, Giappone e, appunto, Usa. Accordo malvisto dalla Cina, ovviamente. Delhi ha provato a porre l’accento su un accordo volto a migliorare la cooperazione in più settori, cercando di annacquare la parte militare dell’accordo, che invece c’è. Come vediamo questa linea apertamente ondivaga, permette agli indiani di fare affari sia con i russi che con gli americani. Ad esempio in questo momento la stragrande fornitura della Difesa indiana è ancora di provenienza russa. Ma avendo due confini contesi con CIna e Pakistan, il tema della Difesa e delle provenienze degli armamenti è cruciale. Infatti l’India viene rifornita sempre più anche dalla Francia e dagli stessi Usa. Poi ricordiamo che sulla questione ucraina, l’India non si sente così coinvolta, anche per evidenti motivi geografici. Per l’Asia quello è un conflitto relativamente lontano e dalle ricadute minime.
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Il libro di Cristina Kiran Piotti
Insomma, che aria tira nel Paese? Qual è la percezione?
Sono rientrata dall’India due settimane fa. La Banca Mondiale aveva previsto una crescita del Pil del 6.9%, ora ritoccata comunque sopra al 6%, una delle più alte del mondo. Questa cosa si tocca con mano se si frequenta la classe media. A settembre ci sarà il G20, il governo ha sviluppato un programma per dare un ulteriore impulso al Paese, e c’è un'evidente risposta nelle grandi città, l'impatto indubbiamente c’è e si vive. A prescindere dal credo politico, la popolazione, dicevo, è molto orgogliosa, e in questo momento c’è fermento e ottimismo. Quelli più attenti hanno capito che è un momento nevralgico, perché il rallentamento non solo demografico, ma economico della Cina, crea condizioni abbastanza uniche. La grande promessa cinese non è stata mantenuta, ora spetta all’India afferrarla. Tuttavia il Congress Party e altre minoranze, come musulmani o cattolici, si dichiarano preoccupati e segnalano intellettuali e giornalisti indagati, studenti incarcerati troppo a lungo dopo le proteste di Delhi. Anche diverse Ong concordano, segnalando limitazioni alla libertà d’espressione.