Intervista al pianista Rossano Sportiello, domani sera in concerto ad Ascona con Nicki Parrott per un tributo a Oscar Peterson ed Ella Fitzgerald
Il Jazz Cat Club presenta domani sera al Teatro del Gatto di Ascona (dalle 20.30) un tributo a Oscar Peterson ed Ella Fitzgerald. Un progetto costruito ad hoc che vedrà in scena due protagonisti del jazz classico mondiale: la contrabbassista e cantante Nicki Parrott e il pianista Rossano Sportiello, che il pubblico ticinese conosce molto bene.
Rossano Sportiello, bentornato in quella che è anche un po’ la ‘tua’ Ascona…
Grazie! Ascona è stata in effetti il mio trampolino di lancio internazionale. Al festival mi ci portò Paolo Tomelleri nella seconda metà degli anni 90 e qui, nel 1998, ho incontrato il trombonista, arrangiatore e band leader Dan Barrett, il quale mi avrebbe poi presentato a un’etichetta discografica americana e a tanti altri colleghi e organizzatori americani, rendendo possibile il fatto che mi trasferissi negli Stati Uniti e che da lì la mia carriera prendesse la piega che ha preso. Tutto è partito da Ascona.
Sei nato a Vigevano quasi 50 anni fa e oggi vivi a New York. Che cosa ti ha spinto a trasferirtici? È stata solo una questione musicale o, come mi sembra di ricordare, anche sentimentale?
No, prima di tutto una questione musicale, ma poi lì ho conosciuto Lala, che tre anni dopo sarebbe diventata mia moglie. Lala lavora alle Nazioni Unite e oltre alla scrittura ha una grande passione per il jazz, ed è per questa ragione che ci siamo incontrati. Diciamo che il passo del trasferimento definitivo è venuto da sé, anche perché quando mi sono sposato, nel 2007, conoscevo già tanti musicisti a New York. È stata la scelta giusta da fare, nel momento giusto.
Come è oggi New York dal profilo del jazz e della musica?
È ancora la capitale mondiale del jazz, una calamita che attira musicisti da tutto il mondo. C’è una concentrazione di talento impressionante. Essere musicista a New York ti dà lo stimolo di continuare a studiare e migliorare; è una fonte di ispirazione continua perché ci sono sempre voci nuove che si avvicendano anno dopo anno.
Hai una formazione classica e sei considerato un maestro dello stride e del jazz mainstream, aperto però a influenze più contemporanee. C’è una linea di continuità musicale in tutto questo?
La mia è una musica ampiamente ispirata a certi stilemi del passato, degli anni 30, 40 e 50. Però essere musicista oggi significa essere continuamente sottoposti a stimoli e influenze attuali, che poi inevitabilmente si riflettono nel tuo modo di far musica. Per cui diventa un riproporre i brani della classicità del jazz con alcune note di originalità e contemporaneità.
Hai suonato con tutti i principali artisti del mainstream, da Slide Hampton a Clark Terry, da Kenny Davern a Bucky Pizzarelli, da Harry Allen a Dick Hyman e tantissimi altri…
Tra cui questa ragazza straordinaria, Nicki Parrott, che sarà con me in questo concerto e che oltre a essere una contrabbassista formidabile è anche una bravissima vocalist. Ed è la partner più appropriata per il progetto dedicato a Oscar Peterson ed Ella Fitzgerald perché dal punto di vista del contrabbasso Nicki è una diretta discepola di Ray Brown, il contrabbassista storico di Oscar Peterson; e poi col fatto che canta così bene ci dà l’opportunità di affrontare il repertorio di Ella Fitzgerald, la cantante che ha lavorato di più con Oscar Peterson grazie ai concerti Jazz at The Philharmonic. Ella e Oscar avevano un repertorio immenso, per cui quello che presenteremo è un tributo che ci dà l’assoluta libertà di spaziare in una moltitudine di autori e stili differenti.
Voi due come vi siete incontrati?
Nicki l’ho incontrata una prima volta nel 2003 in Florida, al festival che la Arbors Records organizzava allora annualmente. Tra noi c’è subito stata una grande sintonia e da allora abbiamo iniziato a collaborare, suonando tantissimo in duetto e poi in trio con il grande batterista Ed Metz. Sfortunatamente un anno fa Nicki ha deciso di trasferirsi nel suo Paese natale, l’Australia, per cui adesso ci sono meno opportunità di lavorare assieme. A maggior ragione ritrovarsi è una grande festa.
Hai insegnato alla Civica scuola del jazz a Milano per quasi sette anni, poi negli States insegni in workshop e sporadicamente dai lezioni private. Qual è la cosa che conta di più quando uno studente si approccia alla musica?
La cosa più importante è avere una passione ardente. Se non senti un bisogno irrefrenabile di voler suonare non combinerai mai niente. Ho visto studenti con grande talento però senza passione, e non hanno combinato nulla. E invece gente meno dotata, ma col desiderio incolmabile di suonare, che ha ottenuto risultati straordinari.
E la tua passione ardente per il jazz come te la spieghi?
Non me la spiego. In casa nostra, anche andando indietro nelle generazioni, nessuno ha mai suonato uno strumento. I miei genitori non sono mai stati grandi appassionati o conoscitori di musica classica o jazz. Ascoltavano la musica popolare del momento, per cui davvero non saprei da dove viene questa fiamma.
Ma la prima volta che ti sei emozionato per la musica te la ricordi?
Eh sì, è stato per le grandi canzoni napoletane che si ascoltavano in casa, quelle classiche e poi specialmente quelle di Carosone. E forse la passione per il jazz è venuta proprio da lì, perché soprattutto la musica di Carosone era fortemente influenzata dal jazz anni 30-40, partendo da Fats Waller fino allo swing. È probabile che lo slancio definitivo verso il jazz sia venuto proprio da lì.
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