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Verso le Federali: l’Udc accelera, i Verdi indietreggiano

Ultimi ‘test’ cantonali prima delle elezioni di ottobre. Facciamo il punto con il politologo Andrea Pilotti dell’Università di Losanna

Andrea Pilotti, politologo dell’Università di Losanna
(Keystone)
4 aprile 2023
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Negli ultimi ‘test’ cantonali (Ginevra, Lucerna, Ticino) prima delle federali di ottobre, è il risultato ottenuto dal Plr (in particolare il -1,7% a Lucerna) ad aver stupito, più di altro, Andrea Pilotti: «Nel 2022, dopo l’arrivo alla presidenza di Thierry Burkart, il Partito liberale radicale aveva invertito la tendenza al ribasso della prima parte della legislatura, dimostrandosi uno dei partiti più in forma. E anche quest’anno sembrava essere iniziato sotto buoni auspici. Adesso però notiamo una certa ‘stanchezza’. Forse il tracollo del Credit Suisse può aver avuto un certo peso nel caso di Ginevra, per un partito da sempre percepito come molto vicino alle banche», osserva il politologo dell’Università di Losanna.

Viceversa, l’Udc – che conferma sia le indicazioni dei sondaggi, sia i risultati delle ultime elezioni cantonali – potrebbe approfittarne: «Oltre all’immigrazione e alla neutralità, adesso l’Unione democratica di centro può declinare il suo usuale discorso identitario anche nel dibattito sul futuro della piazza finanziaria», dice Pilotti a ‘laRegione’. Come fu il caso nel 2015, con la ‘crisi migratoria’, per i democentristi si apre dunque «una finestra di opportunità» supplementare: «Il partito ora ha buon gioco nel denunciare gli effetti nefasti dell’economia globalizzata, assumendo una posizione ‘nazionalista’. Ad esempio quando critica i manager stranieri alla testa delle ‘nostre’ banche». Il partito di Marco Chiesa – che si è posto come obiettivo di incassare 100mila voti in più rispetto al 2019 – sembra essere sulla buona strada per «recuperare non poco di quanto aveva perso quattro anni fa» alle federali.

Sinistra in affanno

Discorso diametralmente opposto per i Verdi. Finora, grossomodo, nei cantoni «ciò che perdeva il Ps, gli ecologisti lo guadagnavano. E alla fine la sinistra usciva più o meno in pari». Da qualche tempo non è più così. Le elezioni del fine settimana nei cantoni Ginevra e Lucerna lo dimostrano: i socialisti tendono a marciare sul posto, i Verdi invece indietreggiano. «Il cambiamento climatico, secondo i sondaggi, rimane tra le preoccupazioni principali delle elettrici e degli elettori. Però altri temi, come l’immigrazione e il potere d’acquisto, tendono ad acquisire rilevanza». Anche le ricette proposte sembrano non incontrare i favori di buona parte dell’elettorato: «Il Partito ecologista – lo abbiamo visto con il ‘no’ popolare alla legge sul CO2 – fa fatica a far passare i suoi strumenti, a contrastare il discorso dei partiti di destra, che criticano la sua volontà di imporre nuove tasse e divieti, anziché puntare su misure incitative», spiega Pilotti.

Più incoraggianti sembrano essere le prospettive per i ‘cugini’ Verdi liberali. «A Ginevra tutto sommato non hanno fatto male: sono rimasti fuori dal Gran Consiglio solo a causa dell’elevata soglia di sbarramento [7%, ndr]. A Lucerna hanno mantenuto i loro seggi. E in Ticino sono riusciti a entrare in Gran Consiglio, risultato al quale forse non è estraneo lo spostamento a destra del Plr». In vista delle federali, al Pvl il politologo attesta «un certo potenziale, soprattutto nella Svizzera romanda». «Segnali positivi» anche dal Centro: «Si sta rivelando pagante la scelta di cambiare denominazione, di togliere il riferimento cristiano, per andare oltre l’elettorato d’appartenenza tradizionale e cercare di rivolgersi maggiormente a un elettorato d’opinione».

L’elettorato d’opinione, appunto. I risultati ottenuti dai partiti ‘emergenti’ e/o di protesta alle elezioni cantonali ginevrine e ticinesi (dove il ‘partito’ della scheda senza intestazione va ben oltre il 20%) denotano «un approccio molto più critico delle elettrici e degli elettori nei confronti dei partiti tradizionali, legati all’establishment». Una conferma di quanto visto altrove negli ultimi anni: per Pilotti si può tranquillamente affermare che questo elettorato «volatile, incline a votare partiti di protesta o ad astenersi, oppure ancora a comporre le proprie liste smarcandosi dalle scelte dei partiti tradizionali, è in crescita».