Foto create al computer, ma verosimili, prese per vere. Dalle pitture rupestri a Magritte, il confine tra realtà e rappresentazione è sempre più labile
Per dirla alla Magritte, che non diceva, ma dipingeva: “Ceci n’est pas un Papa”, eppure lo è. Perché l’immagine di Bergoglio con un piumone della Moncler (Monclero?) ci riporta alla famosa, immortale pipa del surrealista belga, che non esiste anche se è lì, la vediamo: è e allo stesso tempo non è.
Il cortocircuito tra rappresentazione e realtà ha radici talmente lontane che se dovessimo cercarne l’inizio dovremmo addentrarci in qualche caverna, e diventerebbe un po’ lunga. Restiamo dove siamo oggi, cioè in una centrifuga i cui giri si sono moltiplicati per via dei social e dell’impellenza di avere sempre cose nuove da vedere e commentare 24 ore su 24, in un ciclo da dove non si esce mai più puliti, casomai più stropicciati. Non vogliamo fermarci mai, e se non ci fermiamo mai, riflettere diventa un po’ come parcheggiare con la musica troppo alta: più complicato.
Magritte docet (Wikipedia)
È dentro questa bulimia centrifugata che foto false come quella del Papa alla moda, di Trump arrestato o di Putin inginocchiato davanti a Xi Jinping come fosse l’ultimo degli scagnozzi davanti al boss, passano per vere, diventano – in qualche modo – vere. Sono verosimili, e tanto basta.
Ratzinger in versione omino Michelin immacolato non era credibile, ma Papa Francesco, che è più pop, perché no? E Trump, con tutti i guai che ha, non ce lo vedi a divincolarsi per strada tra gli agenti? C’è pure la foto. Finta. Vorrai mica perdere tempo a controllare? C’è la partita, la pagina dei gattini pucciosi che sforna video a ripetizione e l’ultima story dell’ex da sbirciare su Instagram.
“Hanno arrestato Trump, c’è la foto sui social” è il nuovo “l’ha detto la televisione”. Condivido ergo sum. Cogitare è roba da vecchi, fuori moda come le pennette alla vodka. Bastano pochi dollari e puoi cucinare tutte le foto che vuoi, puoi far arrestare il Papa, puoi essere il poliziotto che arresta Trump. Se quella foto prodotta in casa con l’aiuto dell’intelligenza artificiale viene condivisa dalla persona giusta, va a finire che Trump l’hai davvero arrestato tu, almeno per qualcuno e per un po’.
Senza entrare nelle grotte di Lascaux a cercare cacciatori di bisonti disegnati dai bambini dell’umanità, basta andare al secolo scorso per vedere la pericolosità di un gioco che sembra già sfuggito di mano ancor prima di iniziare. Un esempio per tutti: i sovietici che cancellarono Trotsky da ogni foto con Lenin. Insomma, se il passato non ti piaceva, lo modificavi, lo alteravi. Ma ormai vale anche per il presente, basta un clic.
Pitture rupestri ad Altamira (Wikipedia)
Sembra un gioco, ma c’è chi ha iniziato la partita da tempo e la prende maledettamente sul serio: governi e sigle più o meno sommerse dedite alla disinformazione possono servirsi di questa tecnologia per piegare il destino dalla loro parte.
C’è un film del 1997 intitolato in italiano “Sesso & Potere”: lì il governo americano s’inventa un finto conflitto in Albania per distrarre il popolo da uno scandalo sessuale del presidente. La guerra era un set cinematografico, ma lo diceva la tv, quindi era vera. In inglese il film s’intitola “Wag the Dog”, che viene dal modo di dire “the tail is wagging the dog” (“la coda sta scodinzolando il cane”), ovvero “una parte più piccola sta muovendo tutto il resto”, distraendoti dal resto. Le foto false circolate in questi giorni sembrano le prime di innumerevoli code a venire pronte a far scodinzolare cani. A noi spetta riconoscere i cani, le code e, soprattutto, chi le muove. Sempre che non saremo tutti a guardare gattini su YouTube, facilitando il lavoro a chi vuole confonderci.
Il falso arresto di Trump (Twitter)