Bellinzona, l’ente di primo soccorso chiede di non scartare a priori l’edificazione della sua nuova sede nel comparto della Saleggina
‘Caro Ente ospedaliero coinvolgici’. Tagliando con l’accetta è questo lo spirito con cui i vertici della Croce Verde di Bellinzona hanno scritto questo martedì al direttore dell’Eoc Glauco Martinetti alla luce del bando di concorso pubblicato settimana scorsa per la progettazione del nuovo Ospedale regionale del Bellinzonese che sorgerà nel vasto terreno della Saleggina. La Croce Verde, da anni in cerca di una nuova soluzione logistica che sostituisca l’attuale sede di via Rodari in città divenuta stretta, ha infatti notato di non essere stata considerata né durante la fase politica che ha riguardano l’acquisto dei terreni da parte del Cantone (ceduti dall’Esercito per 13,4 milioni), né durante la preparazione del bando di concorso, né dal lato pianificatorio del comparto. Anche per questo motivo, ‘laRegione’ nell’intento di completare l’informazione relativa al bando, aveva interpellato il direttore Eoc Martinetti. La cui risposta, seppur non totalmente negativa, era stata comunque abbastanza chiara sull’eventualità o meno d’inglobare la Croce Verde: «Probabilmente i suoi tempi non coincidono con i nostri, che sono più lunghi». E diffusi in due tappe realizzative: la prima nel 2030/35 con 240 letti acuti e la seconda nel 2045/50 con altri 240.
Tempistica che tuttavia alla Croce Verde potrebbe anche andar bene. Nella lettera il presidente Vincenzo Lacalamita e il vice Emilio Scossa-Baggi premettono che l’ente di primo soccorso "da tempo cerca una nuova sistemazione e purtroppo gli sforzi intrapresi per trovare una soluzione non hanno sortito alcun risultato". Andando al nocciolo della questione, evidenziano che "la nostra attività presuppone che la mobilizzazione dei mezzi possa avvenire, oltre che in tempi brevi, da una posizione strategica adeguata verso il principale nosocomio di riferimento". In questa ottica, tale posizione "è innegabilmente legata al comparto di via Tatti", luogo idealmente preferito dalla Croce Verde per la vicinanza all’autostrada (semisvincolo) e la centralità. La soluzione immaginata occupando un terreno del Patriziato di Carasso presente sulla sponda sinistra del fiume Ticino a sud di via Tatti, non ha però mai fatto breccia per motivi pianificatori. Terreno verde è, e tale sembra destinato a rimanere, nonostante i vari tentativi messi in atto negli ultimi 15 anni per modificarne le sorti.
La Croce Verde se n’è ormai fatta una ragione, e lo ribadisce nella lettera andando a toccare anche un altro tema irrisolto, ossia l’ipotesi di realizzare una Centrale di pronto intervento comune che inglobi anche Pompieri, Protezione civile e Azienda multiservizi. Lo studio di massima, commissionato ormai alcuni anni fa da uno speciale gruppo di lavoro, indica un investimento attorno ai 70 milioni in un comparto sul quale il Municipio di Bellinzona – un po’ come sta accadendo alla Croce Verde – riesce soltanto a posare gli occhi ma non le mani perché le varie ipotesi individuate hanno sin qui sempre visto il Cantone in pole-position nel diritto di prelazione laddove la Confederazione e il Consorzio correzione fiume Ticino sono disposti a cedere terreni situati fra Giubiasco e la Gerretta.
Ti-Press
L’attuale sede della Croce Verde in via Rodari a Bellinzona
Da qui l’appello di Croce Verde all’Eoc: "Ritenuta la situazione di stallo che si trascina da anni e che non ci permette ottimisticamente di aspettarci che nel medio-lungo termine si possa giungere concretamente alla realizzazione di un Centro di pronto intervento, sarebbe poco lungimirante scartare a priori l’eventualità di poter edificare la nostra nuova sede nel contesto del nuovo ospedale". Una soluzione di questo tipo, prosegue la lettera, "permetterebbe tra l’altro di reciprocamente beneficiare delle evidenti sinergie che ne deriverebbero". Da qui la richiesta ufficiale volta a intavolare una discussione con Eoc.
Interpellato dalla redazione, Vincenzo Lacalamita specifica che l’ente è aperto a un approfondimento su varie ipotesi di lavoro: «Per esempio, il fatto che da tempo cerchiamo un terreno ideale ci fa dire che siamo pronti a edificare a nostre spese qualora ci venisse messa a disposizione una piccola parte della Saleggina, magari con un diritto di superficie». Soluzione immaginabile, par di capire, solo se la progettazione venisse affidata allo stesso studio di architettura che al termine della gara d’appalto si aggiudicherà l’importante mandato dell’Eoc. O se il bando di concorso venisse completato inglobando anche gli spazi necessari alla Croce Verde. Il bando indica infatti la necessità di un progetto modulare ma uniforme e dalla spiccata qualità architettonica e paesaggistica. Detto altrimenti, non uno zoccolo e una scarpa.
Infine, restando in tema di Centrale di pronto intervento, considerata l’impasse il Dicastero opere pubbliche della Città lo scorso dicembre ha avviato una raccolta dati sugli spazi a disposizione nel comparto ex Birreria di Carasso, di proprietà comunale da 35 anni, dove finora solo una delle tre/quattro componenti del previsto Centro Mep è stata realizzata, l’Ecocentro, lasciando le altre due in stand-by ossia Magazzini comunali e Pompieri, più la Protezione civile a suo tempo dichiaratasi interessata a occupare degli spazi. L’obiettivo della raccolta dati è di mappare le necessità odierne per Pompieri, Magazzini comunali e Protezione civile rispetto al progetto modulabile del 2015, quando l’investimento globale previsto era passato da 18 a 26 milioni inducendo l’allora Città non aggregata ad avviare la realizzazione del solo Ecocentro (3,9 milioni) attendendo le valutazioni riguardo appunto a un’eventuale Centrale di pronto intervento. A sette anni di distanza i rispettivi bisogni potrebbero essersi modificati richiedendo, se sarà il caso, un aggiornamento del progetto. Sempre che alla fine le autorità cittadine optino per questa soluzione.