Marco Passalia e Fiorenzo Dadò passano dalle parole ai fatti e chiedono al governo se ‘non si stia esagerando’ e se ‘l’intenzione sia far cassetta’
"Non stiamo esagerando con i controlli di velocità in Ticino?". Il Centro passa dalle parole all’azione. E dopo quanto ventilato a ‘Tio/20minuti’, con un’interpellanza inoltrata al Consiglio di Stato dai deputati Marco Passalia e Fiorenzo Dadò va all’attacco chiedendosi se sia corretta la sensazione che in sempre più persone comincia ad aleggiare: vale a dire che i controlli radar siano aumentati. E infatti, Passalia e Dadò chiedono, con precisione, "quanti apparecchi di rilevamento velocità ha in dotazione la Polizia cantonale, se sono previsti nuovi acquisti e con quale frequenza vengono utilizzati".
Ma non solo, perché si passa a un altro tema sensibile e attuale: vengono usati per ‘far cassetta’ o no? E quindi al governo viene chiesto se "ci sono anche ragioni finanziarie con obiettivi di budget (e relativo premio) da raggiungere per i poliziotti" nella scelta su dove effettuare i controlli, ma anche "una statistica di tutti i controlli della Polizia cantonale negli ultimi 5 anni di cui fanno parte anche i cosiddetti ‘controlli radar’" e, sempre negli ultimi 5 anni, "a quanto sono ammontati gli incassi annui per multe di velocità". Compreso "quanto è stato preventivato per il 2023". Infine, i due deputati del Centro chiedono se "il Dipartimento istituzioni ha richiesto di aumentare i controlli di polizia e i controlli da radar nel 2023".
Con una base di partenza, però. Il rapporto commissionale su due mozioni, una dell’allora granconsigliere Marco Chiesa (Udc) e Dadò, una del solo Chiesa. Votato dal Gran Consiglio nella sessione del 18 aprile 2016, il rapporto vedeva relatore un leghista, Fabio Badasci. Tra i cinque punti che il parlamento aveva chiesto al governo di implementare figuravano "l’arrestare l’ingiustificata tendenza di aumento dei controlli avuta negli ultimi anni"; "introdurre l’obbligo di segnalare le postazioni di radar mobile 200 metri prima della sua posizione"; "informare i Comuni e le rispettive Polizie comunali sul corretto uso di un mezzo che non deve assolutamente tramutarsi in ‘trappola’ per i cittadini al solo scopo ‘finanziario’". Ormai sette anni dopo, Passalia e Dadò chiedono al governo se questi e gli altri punti siano stati rispettati.
Un’altra interpellanza che l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio trasformerà in interrogazione, come avvenuto di recente con il dossier Unitas, con conseguente allungamento dei tempi d’attesa della presa di posizione del governo, dato che la risposta del Consiglio di Stato sarebbe scritta e non orale come per le interpellanze? «Il rischio c’è ma spero che non succeda – dice Marco Passalia –. D’altronde i criteri dell’urgenza e dell’interesse generale che giustificano un’interpellanza sono dati, secondo me». Per quel che riguarda l’urgenza, continua Passalia, «ho fatto presente a mo’ di premessa che nel gennaio di quest’anno c’è stato un numero di controlli radar inspiegabilmente sproporzionato, assai maggiore rispetto al recente passato e tante, davvero tante, sono le segnalazioni di automobilisti che ho ricevuto, a conferma di questa situazione».
Quanto all’interesse generale, «dobbiamo capire se stiamo parlando di una polizia che deve fare prevenzione o che deve fare cassetta, cosa che immagino e spero le forze dell’ordine non vogliano. A ogni modo, mi auguro che dietro a questo consistente incremento dei controlli radar non vi sia l’intento del governo di compensare i minori introiti per le casse del Cantone, dovuti da un lato all’abbassamento di un’imposta di circolazione che era la più alta della Svizzera – abbassamento, ricordo, avallato dal popolo con il sì all’iniziativa promossa dal Centro – e dall’altro al mancato incasso delle quote della Banca nazionale svizzera». Aggiunge Passalia: «Non si vuole mettere in dubbio l’importanza della prevenzione, ma la posa di radar in tratti stradali o autostradali per esempio subito dopo il cartello che segnala la riduzione del limite di velocità fa sorgere legittimi interrogativi».
Non solo. «Se ci sono dei punti della nostra rete viaria problematici dal profilo della sicurezza sarebbe allora opportuno interpellare degli ingegneri del traffico affinché studino misure per indurre i conducenti a rallentare, anziché ricorrere sistematicamente al radar, perché altrimenti il dubbio che si voglia fare cassetta è lecito».
«Noi abbiamo sempre ritenuto che il radar deve essere uno strumento di prevenzione e non vessatorio o punitivo nei confronti dei cittadini», rammenta dal canto suo a ‘laRegione’ il presidente cantonale del Centro Fiorenzo Dadò. I radar «utilizzati nei luoghi sensibili come davanti a scuole e ospedali sono evidentemente giustificati – aggiunge Dadò –, ma utilizzarli per fare cassetta come si è visto troppe volte in questi anni non è più accettabile: oggi la popolazione fa fatica, e si va a punirla ingiustamente».
Anche perché «con ‘Via Sicura’ un momento di disattenzione, a mezzanotte, in una strada deserta, può avere ripercussioni molto gravi nella vita di una persona fino alla perdita del posto di lavoro». Il problema per Dadò è molto attuale, dal momento che «abbiamo ricevuto più segnalazioni che questi controlli siano aumentati nettamente». E, con ‘Via Sicura’, «si punisce pesantemente una persona ancora prima che commetta un crimine, e in maniera a volte maggiore di chi commette un reato nei confronti di un minore».
Ne ha per tutti, il presidente del Centro. Dai Comuni – «che guadagnano con le Polizie comunali, quindi è un incentivo a usarli» – fino al Dipartimento istituzioni, «che mette le multe nel Preventivo, facendo quindi un processo alle intenzioni della popolazione dando per scontate le infrazioni che verranno commesse». E, parlando del direttore del Di Norman Gobbi, Dadò è netto: «È una cosa che ha dell’incredibile pensare che Gobbi è stato eletto proprio grazie a una politica contro i radar e contro l’accanimento nei confronti dei cittadini, la bocca ha detto una cosa ma la mano ne sta facendo nettamente un’altra».