A quasi due anni dalla controversa demolizione, e sulla scia di esperienze positive, la proposta della municipale socialista. ‘Con una nuova convenzione’.
‘Riaprire’ l’ex Macello, trovare nuove modalità di dialogo per una soluzione con una nuova convenzione. A quasi due anni dalla controversa demolizione del centro sociale autogestito, qualcosa di concreto e costruttivo nei rapporti fra istituzioni e realtà autogestite si muove. A lanciare l’idea che potrebbe segnare la svolta nel più spinoso dossier della legislatura, è la capodicastero Immobili di Lugano Cristina Zanini Barzaghi, in un’intervista rilasciata in occasione dei suoi quasi dieci anni di Municipio.
Quasi dieci anni, tempo di bilanci. Che legislature sono state?
La prima corta (2013-16, ndr) e traumatica. C’è stato il cambiamento del sindaco che ha spiazzato molti, soprattutto il partito liberale. C’era un’amministrazione ancora da sistemare a seguito delle aggregazioni e ci siamo ritrovati in una crisi finanziaria. Abbiamo dovuto fare cose sgradevoli per ridurre immediatamente le uscite. Ho ricevuto lettere anonime e commenti sopra le righe anche per interventi normali, come ad esempio le aiuole con erbe e fiori perenni. Per il verde pubblico ho rotto il ghiaccio dopo un’era durante la quale la Città è stata poco innovativa. Però diversi municipali erano nuovi e a unirci c’era il sindaco Marco Borradori, persona d’esperienza, in grado di mediare e valorizzare tutti. La seconda è stata invece una legislatura lunga (2016-21, ndr), durante la quale c’è stata continuità d’intenti. Questo ci ha permesso di impostare tanti progetti e dossier complessi, le linee strategiche e la riorganizzazione dei dicasteri. La creazione del nuovo Dicastero immobili, con quattro servizi prima separati, è stato un lavoro poco visibile, ma impegnativo. Il passaggio alla legislatura presente, con la pandemia, è stato difficile e il 2021 è stato un anno funesto con la scomparsa di Borradori. Il referendum sul Polo sportivo e degli eventi (Pse), attaccato da destra e da sinistra, ha diviso la popolazione come un evento sportivo ma il risultato è stato chiaro. E poi, il caso dell’ex Macello: abbattere un nostro edificio con quella modalità è stato un grave errore. E ora la guerra e la crisi energetica. In generale, tre legislature impegnative.
E da statuto del Partito socialista di Lugano, una quarta legislatura non è prevista.
Servirebbe una deroga. Potrei accompagnare la realizzazione di alcuni dossier importanti che ho contribuito ad avviare. Ad esempio il Pse o la nuova scuola elementare di Viganello. Oppure dare un’impronta a dossier ancora indefiniti come il sedime ex Ptt sempre a Viganello. Non solleciterò una deroga, ma resto a disposizione del partito.
Al momento, da esterni, l’impressione è che nel Ps vi siano dei giovani validi ma che abbiano forse bisogno ancora di crescere. Che aria tira nel partito per una sua deroga?
Non è un tema sul tavolo. A livello di opinioni c’è chi ritiene che occorra preparare meglio il terreno per chi arriverà dopo di me. Altri preferiscono una lista senza una persona forte (quale un municipale uscente per definizione è, ndr), ma piuttosto nomi che siano tutti paritari. Ogni elezione in realtà è imprevedibile: quando nel 2013 sono stata eletta non ero certo la candidata di punta. In ogni caso ci saranno comunque delle buone candidature.
Ci sono dei socialisti che emergono e che potrebbero prendere in mano questo ruolo impegnativo?
Certamente, ciascuno con le proprie esperienze. Le persone capaci ci sono, non necessariamente già attive in politica. Non credo che questo sia il vero problema. Piuttosto, trovare candidati in grado di gestire il tipo di vita che impone essere municipale a Lugano, che è un compito a tempo parziale difficile da conciliare con altri impegni di lavoro e famiglia.
Intanto, è fra i candidati al Gran Consiglio. Il Consiglio di Stato non le interessava?
La Commissione cerca cantonale mi ha contattata per la lista del Consiglio di Stato (Cds). Mi ha fatto piacere ma non me la sono sentita. Se parliamo di esecutivo, preferirei continuare a Lugano. Ho detto di sì però per il Gran Consiglio (Gc), perché mi sembra che ci sia bisogno di persone con esperienze pratiche anche su dossier meno seguiti dal Ps. Credo sia importante avere in Gc un gruppo che sia in grado di trattare con un occhio rossoverde qualsiasi argomento.
Per esempio, quali temi sono trascurati?
L’ambito delle costruzioni e delle commesse pubbliche è piuttosto negletto e ci sono dei margini per proposte interessanti. Anche la pianificazione del territorio è trascurata e non solo dal nostro gruppo. C’è un grande bisogno di adeguarsi alla svolta climatica, ma senza penalizzare la popolazione già in difficoltà. Un altro tema è quello dell’edilizia sostenibile. Diversi progetti cantonali prevedono abbattimenti di edifici scolastici, con grande spreco di energia grigia. Penso che a volte si possa fare diversamente.
A proposito di politica cantonale, come giudica le polemiche sulla candidatura di Marina Carobbio?
Si tratta appunto di polemiche. Se dovesse essere eletta, il seggio al Consiglio degli Stati resterebbe vacante qualche mese. In altri Cantoni è già capitato e capiterà ancora. Se si vuole evitare che ciò si ripeta occorre una modifica di legge. Marina Carobbio è la candidata giusta in questo momento.
E sullo strappo di Amalia Mirante?
Amalia è competente e brava nella comunicazione. Apprezzo come spiega i concetti economici con belle analisi. Ma in politica non basta. Bisogna essere disponibili ad aiutare il partito anche senza candidarsi e accettare quanto deciso dal congresso. Mi spiace molto che abbia voluto andarsene dal Ps. Non aiuta certo la causa socialista.
Eppure, i firmatari dell’emendamento a sostegno della sua candidatura erano quasi tutti luganesi. Una spaccatura all’orizzonte anche in città?
Non ho quest’impressione. Credo sia stato un modo di esprimere una protesta contro la formula adottata per la lista, che di fatto ha lasciato solo due posti per i socialisti. Ma questo avrebbe significato rimettere in discussione l’accordo con i Verdi. Io sono molto contenta che quest’intesa sia stata raggiunta. A Lugano è stato fatto già per due tornate elettorali (2016 e 2021, ndr) e sono d’accordo che si riproponga l’anno prossimo.
Un passo alla volta: ad aprile va bene e la eleggono in Gc. Resta in Municipio?
Sì, fino alla fine della legislatura. Poi vediamo cosa succede in seguito alle elezioni cantonali e federali, sia nel nostro partito che negli altri. La politica è sempre piena di sorprese.
Tornando al bilancio di questi dieci anni, in quali temi ritiene di aver lasciato un’impronta di sinistra in Municipio?
Sulla politica dell’alloggio, senz’altro. Abbiamo cambiato il regolamento di assegnazione degli alloggi (partendo da una mozione del Centro, ndr), avviato il progetto di cooperativa abitativa in via Lambertenghi, è stato approvato il credito quadro di dieci milioni per la sistemazione degli appartamenti di vecchia costruzione, abbiamo ora un’ordinanza che propone facilitazioni per gli enti di pubblica utilità. Quando gestivo il verde pubblico, purtroppo solo per due anni, ho iniziato a rafforzare i servizi in quest’ambito. Rispetto alle altre città svizzere siamo sempre sottodotati e ci vorrebbero una decina di collaboratori in più. Sono orgogliosa di piccoli progetti, soprattutto del progetto sociale che ridarà vita alla Masseria di Trevano con Fra Martino e della nuova scalinata della Stazione Ffs, diventata uno dei posti più fotografati di Lugano. Infine sono soddisfatta di aver portato a termine la realizzazione delle mense scolastiche. Adesso in tutti i quartieri, le famiglie che devono conciliare famiglia e lavoro possono accedere a questo servizio. Sono stata critica su tanti dossier e a volte sono riuscita a far cambiare un po’ le cose. Ho avuto la fortuna di avere dei colleghi in Municipio che mi hanno ascoltato.
Non sono però mancate le critiche, anche ‘fuoco amico’. C’è chi l’ha accusata di non essere rappresentativa della sinistra e di essere troppo moderata.
Bisogna definire il termine moderato. Se si intende essere pratici e disponibili a trovare compromessi, allora lo sono. Ma se parliamo di temi, mi sento di sinistra, e se potessi farei scelte più decise. Ad esempio, invertirei la tendenza ad esternalizzare i compiti pubblici, anche nel settore delle costruzioni. In passato anche Lugano ha progettato autosili e strade con il proprio Ufficio tecnico. Mentre ora è tutto privatizzato con salari molto più bassi di quelli che erano usuali trent’anni fa. Secondo me, l’unico modo per ridurre il frontalierato, è rimettere in mani pubbliche i servizi rivolti alla collettività. Gli stipendi sarebbero migliori e i lavori più appetibili per i residenti. In ogni caso, io posso avere idee di sinistra o di destra, ma poi in un esecutivo bisogna saper accettare la posizione della maggioranza. In generale però noto una cosa.
Che cosa?
Che le donne sono più criticate. A volte giustamente, ma se un uomo sbaglia viene giudicato con meno severità. Ci sono anche delle critiche di stampo ideologico. Come ad esempio la posizione contraria al Pse da sinistra, a causa del partenariato pubblico-privato. Ricordo però che anche la Masseria di Cornaredo o la Cooperativa Lambertenghi lo sono. Ed è una cosa che tutte le città svizzere, con maggioranze politiche di sinistra fanno.
A proposito di critiche, ve ne sono piovute addosso da (quasi) tutte le parti sulla gestione del dossier ex Macello. A quasi due anni di distanza, che ricordi ha di quelle settimane?
Quel periodo è stato burrascoso e tutt’oggi è un argomento ostico in Municipio. Durante la mia prima legislatura ho voluto attivare un dialogo, sono stata a un’assemblea del Molino e ho potuto visitare tutti gli spazi occupati. Occorreva procedere per gradi per arrivare a ridefinire la convenzione. Poi in Municipio nel corso degli anni le posizioni si sono irrigidite sempre di più. La demolizione è stata un trauma. Non sono stata interpellata e neanche i servizi del Dicastero immobili responsabile del dossier. Ora dovremo presto o tardi rimuovere le macerie, compreso l’amianto presente in minime quantità. Mi rammarico tanto di non essere riuscita a convincere il Municipio ad agire diversamente: eppure ho riferito più volte sulle esperienze che ho raccolto ad esempio a Zurigo, su come veniva gestito il centro occupato del Koch Areal e su come la polizia cittadina affronta gli squatter negli edifici privati. Su questo non ho trovato ascolto.
E intanto una soluzione per le realtà autogestite non è stata trovata.
No, ma bisogna guardare avanti. Io resto fiduciosa che si riesca a trovare una soluzione con una nuova convenzione. Va detto però che l’autogestione è una galassia con diverse sfumature. Con alcune realtà delle intese si sono già trovate. Una parte dell’ex Macello si potrebbe già ora riaprire. Si può provare a riaprire un dialogo con una nuova modalità e concedere per qualche anno questi spazi per offrire qualcosa di interessante che resta nel tempo. Sarebbe un nuovo inizio che aiuterebbe poi a realizzare il progetto più ampio di riqualifica di tutto il sedime. Di questo ne parleremo presto ancora.