Sul set di ‘La violenza senza maschera’ di Marco Bitonti, che andrà anche nelle scuole. Maurizio Tamagni: ‘Occorre mantenere viva l’attenzione sul tema’
Audio ok? La giriamo? Sì! ‘La violenza senza maschera’ Scena 12 Inquadratura 2 Prima. Silenzio! Azione! Vestita con una tuta rosa, Beatrice nei panni di Anna apre la porta della camera e raggiunge Sebastiano (che interpreta il fratello Giacomo). Una, due, tre, quattro volte. Poi si cambia scena. Anzi, ‘shot’ come indica il regista. Gli spazi sono esigui, ingombri come sono di persone e attrezzature cinematografiche; ma i membri della troupe si muovono come se seguissero una coreografia studiata a memoria. Nell’appartamento al primo piano di una palazzina in via San Gottardo a Bellinzona si sta girando il cortometraggio ‘La violenza senza maschera’, produzione indipendente ‘Over Film Productions’. È il terzo di sei giorni di riprese, iniziate lunedì 14 nel Locarnese (Gordola e Minusio), proseguite martedì all’Ospedale Italiano di Lugano, giovedì in viale Franscini sempre a Bellinzona, venerdì alla spiaggetta di Arbedo e concluse sabato a Zurigo.
Il progetto è nato sei anni or sono. «Avevo terminato il mio primo film, ‘Take Control’, sul cyberbullismo e il sexting – ci racconta il regista e produttore Marco Bitonti durante una pausa –. Cercavo uno spunto legato ancora a temi sociali, che sono un mio pallino. Forse perché sono cresciuto guardando film di questo genere. Mi piacciono le storie vere, amo Clint Eastwood che racconta avvenimenti reali. Mi sono imbattuto in un articolo che riprendeva la vicenda di Damiano Tamagni e ho sentito che era una storia da raccontare. Ho preso contatto con il papà di Damiano, Maurizio, che ha accolto con favore l’idea e, attraverso la Fondazione istituita un anno dopo la morte del figlio, ci ha dato e continua a dare un appoggio fondamentale tanto da essere il principale sostenitore finanziario».
Dall’idea iniziale di un’opera basata fedelmente sui fatti accaduti nel 2008 durante la Stranociada di Locarno, che portarono alla morte del ventiduenne a causa delle botte inferte da tre giovani, si è passati a un racconto ispirato a ciò che accadde. «Ci siamo accorti che per noi l’importante era il fatto che il cortometraggio sia leggibile e riconoscibile ovunque. Deve cioè poter funzionare, anche senza conoscere la storia di Damiano. Per quanto il progetto non sia realizzato per conto della Fondazione, con essa ne condividiamo l’obiettivo: sensibilizzare sul problema della violenza e scongiurare che simili episodi si ripetano».
Quella che dovrebbe uscire a febbraio 2023 (in concomitanza con il quindicesimo anniversario), dopo un «iter travagliato, in particolare con le istanze che si occupano dei finanziamenti», è una pellicola di venti minuti con la sceneggiatura di Laert Karalliu. Con chiari richiami all’episodio che sconvolse un cantone intero e situazioni riadattate. Così, ad esempio: i nomi sono inventati; l’attore principale (Giacomo Faroldi che con Massimo Villucci, Maurizio nel film, è il solo attore non ticinese) «si è ispirato a Damiano, ma nel film non è per forza Damiano e non viene mai chiamato per nome»; la tragedia non si consuma a carnevale, «più complicato da ricreare in termini di logistica», bensì nel corso di un rave. «Sarà un lavoro assai denso», prosegue Bitonti. Ciononostante non ci si è voluti scostare dal formato del cortometraggio. «Fin dal principio era pensato come tale. Inoltre ho già esperienza con questo tipo di cinema e poi un lungometraggio è più complesso in termini di scrittura e costi. Nemmeno il documentario è entrato in linea di conto: non ne ho mai fatti e mi sento di prediligere la fiction, che mi permette di disporre di una maggiore libertà. Il nostro scopo, come detto, non era raccontare il fatto di cronaca».
Oltre a venire proposto in vari festival di cinema internazionali, ‘La violenza senza maschera’ sarà parte di un progetto di sensibilizzazione e prevenzione promosso dal Dipartimento sanità e socialità; mentre col supporto del Dipartimento educazione, cultura e sport sarà portato nelle scuole ticinesi e con quello di Skppsc (servizio intercantonale Prevenzione svizzera della criminalità) nelle scuole svizzere. «I recenti episodi di violenza accaduti anche nel Locarnese, evidenziano come sia fondamentale tenere viva l’attenzione sul tema», ci dice Maurizio Tamagni (presidente della Fondazione dedicata al figlio). «I protagonisti sono ragazzi che, quando morì Damiano, erano troppo piccoli per capire la portata di quanto successo, di cui non è nemmeno detto siano oggi a conoscenza». Il cortometraggio di Bitonti «ha tutto il nostro supporto, morale oltre che finanziario; abbiamo discusso assieme anche la scelta di non farne una storia fedele. Abbiamo subito aderito al progetto, poiché è essenziale far comprendere che certe cose accadono a persone vere e che le conseguenze ricadono su tutti. Una violenza non lascia strascichi, talvolta tragici, solo su chi la subisce, ma pure su chi la commette e sulle famiglie. Quando ho occasione di parlare coi giovani, vedo che il mio racconto suscita una certa empatia: capiscono che ciò che dico è accaduto a persone reali. Speriamo che questo ‘corto’, insieme ad altre iniziative, contribuisca a sensibilizzare i ragazzi e i genitori. Mi auguro che si riusciranno a trovare i finanziamenti che ancora mancano, così da coprire, oltre ai costi vivi, tutto il lavoro di post produzione».
Un salto sul set ci teneva a farlo, Maurizio. Ci è stato a Gordola «e sono rimasto colpito dalla somiglianza incredibile dell’attore con Damiano, che pure fuori dal set aveva gli stessi suoi atteggiamenti». Di più non è riuscito a seguire le riprese a causa di numerosi impegni. «Del resto non potevo mica andar lì a intralciare – sorride – e poi non avrei avuto nulla da dire sulla lavorazione. Ho piena fiducia».