Il 57enne si è tuttavia scusato con il proprio legale via e-mail. Chieste in aula dai difensori massicce riduzioni di pena per i quattro imputati.
Resta uccel di bosco il 57enne imputato scappato ieri pomeriggio durante una pausa del processo in corso alle Assise criminali a Mendrisio per reati finanziari avvenuti nel Sottoceneri circa un decennio fa. Durante la giornata odierna, è stato il turno delle arringhe degli avvocati difensori. E se gli avvocati c’erano tutti, di imputati invece se ne sono presentati solo due. Uno latitante da tempo e l’altro, sebbene sia stato definito ieri dal presidente della Corte Siro Quadri «formalmente in stato di fermo», non si è presentato in aula, dove deve rispondere alle accuse formulate nei suoi confronti dal procuratore pubblico Daniele Galliano assieme ad altre tre persone.
Il motivo della sua fuga è riconducibile alla richiesta avanzata dal pp, che ne chiedeva la carcerazione di sicurezza in quanto considerato mente del reato di appropriazione indebita aggravata e a rischio di fuga. In effetti, i timori a lui legati si sono concretizzati nel giro di pochi minuti. L’uomo, approfittando del breve intervallo, ha proprio deciso di sfuggire alla legge prima ancora che il presidente la Corte potesse prendere una decisione. Durante la requisitoria, si sono presentati diversi agenti di polizia che, unitamente alla richiesta formulata da Galliano, hanno evidentemente portato l’imputato a prendere la decisione di scappare, dopo un breve colloquio col suo legale. «Se l’imputato non è presente oggi – ha esordito il suo difensore, l’avvocato Romeo Mazzoleni –, è per l’agire della pubblica accusa. Si tratta di un caso senza precedenti. La richiesta di ieri di internarlo è contraria a qualsiasi principio, anche solo di proporzionalità».
Il 57enne non ha tuttavia fatto perdere del tutto le proprie tracce. Dopo aver abbandonato prematuramente l’aula penale che lo vedeva imputato – insieme alla moglie di 55 anni e all’ex collega 61enne – ha inviato al suo rappresentante una e-mail di scuse: "Sono traumatizzato da quanto richiesto durante la requisitoria del procuratore pubblico. Ho pensato al fatto che non avrei più potuto riabbracciare le mie figlie, è stato un gesto istintivo. Non era mia intenzione sottrarmi alla legge". In sua difesa, nonostante l’imputato si sia effettivamente sottratto alla legge, l’avvocato ha richiesto la riduzione della sua pena da 4 a 2 anni, sospesi condizionalmente. «Il mio assistito è a sua volta vittima (del 46enne, latitante e processato in contumacia, ndr). Non vi ha ricavato alcun guadagno, al contrario, ha subito gravi danni a livello personale, professionale e reputazionale».
La vicenda, protrattasi dal 2011 al 2013, è complessa. L’atto d’accusa vede i quattro imputati colpevoli, a vario titolo, di appropriazione indebita aggravata, amministrazione infedele aggravata e falsità di documenti, per aver creato l’artificio di un nuovo fondo di investimento lussemburghese tramite un prestito obbligazionario fittizio, in modo tale che la società di uno di loro (il 46enne) incassasse tutte le quote, prosciugando la liquidità del fondo a scapito di tutti gli investitori che si sono affidati alla sua figura di amministratore e del fondo. L’indebito profitto ricavato da queste operazioni finanziarie ammonta a oltre 8 milioni di franchi. Il fondo del 46enne era un fondo di finanziamento istituzionale, e «non è possibile – queste le parole del pp –, che si creino simili situazioni finanziarie, perché si possono creare danni inimmaginabili ed è un pericolo per l’ordine pubblico». Quella del 57enne e del 61enne, secondo l’accusa, è una complicità «molto vicina alla correità. Entrambi sapevano cosa succedeva, e fanno credere che ci fossero investimenti diversificati, come indicava il fondo della società».
In sostanza, il protagonista della vicenda, dopo aver costituito la propria società svizzera nel 2008 con lo scopo di gestire un fondo alle Isole Vergini Britanniche e dopo che questo fondo aveva subito ingenti perdite a causa del fallimento della banca americana Lehman Brothers, al posto che informare i propri finanziatori della situazione, attinge in parte alla liquidità residua della società e cerca di tappare i buchi. Quando però le banche gli negano prestiti entrano in scena il 57enne e il 61enne, creando un disegno per far sì che il 46enne si appropriasse dei soldi del suo fondo, come se fosse un bancomat.
Secondo Galliano, il 46enne, reo confesso, «è quello con la colpa maggiore. Ha incassato più di 8 milioni a danno dei finanziatori senza il minimo freno morale, non so come faceva a dormire la notte. Dopo il fallimento ha abbandonato il territorio elvetico e ha fatto perdere le proprie tracce. Sono passati 7 anni prima che ritornasse nel 2021 dietro salvacondotto». Per l’uomo è stata richiesta una pena di 6 anni. In aula oggi, la sua avvocata Maria Galliani, è intervenuta in sua difesa, premettendo che «è difficile difendere un imputato assente». Il 46enne, secondo Galliani, «non ha usato quei soldi per fare la bella vita, ma ha cercato di rimborsare in parte gli investitori del suo fondo. Solo in minima parte li ha usati per sé». L’imputato ha una spiegazione che ci teneva venisse esposta alla Corte: «Avevo delle buoni intenzioni nella mia testa, volevo fare qualcosa non per danneggiare ma per arricchire gli investitori e il sottoscritto». «È una persona fragile, poco coraggiosa, che fa fatica ad affrontare le difficoltà della vita» ha aggiunto Galliani. Per questi e altri motivi più tecnici, l’avvocata ha chiesto una significativa riduzione della proposta di pena dell’accusa: 3 anni di detenzione parzialmente sospesi.
Il 61enne, per il quale è stata richiesta la carcerazione per 3 anni e 6 mesi, è rappresentato dall’avvocato Simone Beraldi. «L’operazione sarebbe stata fatta dai due per aiutare una persona pressoché sconosciuta, mettendo a repentaglio la propria carriera. Non hanno mai avuto l’intenzione d’ingrossare il suo (del 46enne, ndr) portafoglio». La difesa, ha ritenuto la proposta di pena «sproporzionata». Sottolineando che né il suo assistito né il 57enne hanno «tratto guadagno da queste operazioni, al contrario hanno subito immensi danni economici e personali». Per lui, Beraldi ha chiesto 24 mesi sospesi condizionalmente.
Per la moglie del 57enne fuggito ieri, l’ultimo anello della catena accusatoria, il pp ha proposto una condanna di 24 mesi sospesi condizionalmente per un periodo di prova di due anni. Il difensore della donna, l’avvocato Mattia Bordignon, ne ha invece chiesto il proscioglimento da entrambi i capi d’accusa. La Corte si riunirà per comunicare la sentenza, giovedì 24 novembre.