Più delle esternazioni di Berlusconi, stupiscono quelli che si stupiscono: gente che la pensa come lui, che ora sarà al governo ma anche all’opposizione
Vodka e lambrusco. Poteva andare peggio, dai. A guardare la lista dei regali – veri o millantati – che Silvio Berlusconi e Vladimir Putin si sono scambiati nel corso degli anni, le ultime smancerie paiono modeste: nell’inventario troviamo un copriletto con la faccia dei due, un letto matrimoniale, perfino un cuore di cervo che l’amico Volodya, a sentire lo zar di Arcore, avrebbe strappato ancora pulsante dal petto della povera bestia durante una battuta di caccia, solo per farne dono all’amico. Anche limitandosi alla carta dei vini, in passato la coppia ha compiuto imprese ben più incresciose: nel 2015, nella Crimea appena occupata, stapparono una bottiglia di Sherry del 1765 – valore di mercato: 150mila dollari – rubata alle cantine d’un palazzo imperiale. La procura di Kiev aprì un’inchiesta per sottrazione di un bene pubblico ucraino e il consiglio di sicurezza nazionale vietò per tre anni a Berlusconi l’ingresso nel Paese, come si fa a San Siro con certi ultrà. E poi naturalmente ci sono le feste con tanto di vulcani artificiali ed esibizioni del Bagaglino, scollacciata compagnia di rivista che fu simbolo e sineddoche dell’Italia anni Novanta.
Insomma, non stupisce che anche ora – mentre Giorgia Meloni vara il suo governo – escano audio nei quali il vecchio Papy parla di lettere affettuose dal Cremlino e incolpa Zelensky per la guerra in corso. Di più: non si capisce neppure la fregola con la quale i retroscenisti italiani s’affrettano a cercare la ‘manina’ che avrebbe consegnato quelle dichiarazioni alla stampa, o a indovinare i perché e i percome del gesto di Berlusconi. Ovvero l’ennesima boutade d’un maestro della provocazione, un po’ biascicante e rimminchionito, certo, ma bisognoso di rimanere al centro della scena, anche a costo di abbandonarsi al dadaismo più senile: un po’ Cabaret Voltaire, un po’ Villa Arzilla.
A stupire è semmai l’indignazione di chi gli dà del traditore o del demente, pur pensandola esattamente come lui. Perché quando Berlusconi racconta che il povero Putin non voleva invadere l’Ucraina, che l’hanno costretto e provocato, che è intervenuto per difendere la minoranza russofona e che l’Occidente non dovrebbe armare Kiev, la voce non è solo quella d’un dispettoso brianzolo con la faccia arancione. Da sotto al cerone trasudano le stesse opinioni di Giuseppe Conte e dei grillini, secondo i quali Putin vuole la pace e non bisogna armare Zelensky, di Meloni fino a un attimo prima di nascondere il fascismo nell’armadio, di Salvini con le sue magliette, ma anche di una parte della sinistra in fissa con la Nato e gli ‘Amerikani’. Per non parlare di tanti ospiti da talk show e intellettuali a manovella, di quelli che ogni paio di giorni giocano a salvare il mondo con "proposte di pace" tradotte direttamente dal russo. Tutti a seguire la pallina del Cremlino, come in quella copertina di ‘Chi’ col barboncino Dudù che gioca insieme allo zio Vladimir.
Mentre aspettiamo di capire se a sabotare il neonato governo basterà un megalomane pieno di sé e di soldi, non ci resta che assistere all’ennesimo cinepanettone zeppo di colbacchi, battute grevi e scenette surreali, come quella in cui Berlusconi parla proprio come i comunisti che tanto odiava. Intanto, proprio i partiti che almeno fino a ieri erano più vicini al Cremlino governeranno l’Italia. Sono popcorn amari.