laR+ Ticino

Plr, è Luca Renzetti il quarto nome per la corsa al governo

Il presidente distrettuale del Locarnese, imprenditore e capogruppo in Consiglio comunale ufficializza la sua candidatura: ‘Coinvolgere tutta la società’

Campagna lanciata
(Michel Zylberberg)
20 ottobre 2022
|

È il presidente distrettuale del Locarnese Luca Renzetti il quarto nome della lista del Plr per la corsa al Consiglio di Stato delle prossime elezioni cantonali, assieme all’uscente Christian Vitta, alla capogruppo in Gran Consiglio Alessandra Gianella e al consigliere comunale di Lugano Jean-Jacques Aeschlimann. In attesa di ufficializzare l’ultimo nome è stata riempita una casella strategicamente importante per i liberali radicali, quella appunto del Locarnese. Con il capogruppo in Consiglio comunale a Locarno, che ha alle spalle la campagna per le cantonali 2019 dove nel suo distretto è risultato il primo dei subentranti, e che è «un imprenditore cresciuto con la passione per la politica e con l’obiettivo di invertire un po’ la tendenza che vede la figura dell’imprenditore poco presente nella politica di oggi», afferma a colloquio con ‘laRegione’.

In che senso poco presente?

L’imprenditore alla politica può portare coraggio, responsabilità, capacità di trovare soluzioni quotidianamente, interpretazioni, mediazioni e visioni. Tutte cose che servono alla politica, e sarebbe deleterio che una parte della società e del tessuto economico ticinese così importante non sia rappresentata in Consiglio di Stato e non a sufficienza in Gran Consiglio. In più, la figura che desidero rappresentare ha una trasversalità che va dalla parte progettuale che presuppone un costante confronto col territorio, all’economia e alla finanza, gestendo al meglio risorse umane e capitali, mantenendo un dialogo continuo con le istituzioni e naturalmente con il cliente. Penso che alla politica serva il punto di vista di chi vive in prima persona questi ambiti.

Può fare un esempio in cui questo punto di vista potrebbe essere un valore aggiunto?

Sicuramente la revisione della legge edilizia, un tema d’attualità e molto importante. È giusto che vengano coinvolti architetti, associazioni di categoria, sindacati e altre controparti, ma è fondamentale che l’imprenditore, colui che investe in prima persona, possa portare la sua voce senza intermediazioni o rappresentanze e partecipi in prima linea. Ma questo è un esempio, ci sono molti argomenti discussi a livello di governo e di parlamento che beneficerebbero di questo punto di vista.

C’è però chi l’imprenditoria non la vede di buon occhio.

La premessa doverosa è che gli imprenditori non sono tutti uguali, ci sono quelli più virtuosi, che sono la maggioranza, e quelli meno. Ma non si può fare di tutta l’erba un fascio. Dobbiamo evitare di generalizzare. Ricordiamoci che una grande parte del mondo del lavoro è composta dalla piccola imprenditoria, che va dal parrucchiere al piccolo artigiano. Non esistono solo le grandi realtà. Le aziende virtuose vanno valorizzate. E con loro bisogna tenere in considerazione chi crea posti di lavoro e partecipa alla vita sociale ed economica del cantone.

Quali sono tre priorità su cui secondo lei il Consiglio di Stato dovrebbe cambiare passo, o che dovrebbe affrontare in maniera più decisa?

Partiamo dal fatto che stiamo vivendo un momento molto particolare, che ci confronta con sfide come l’inflazione, la perdita del potere d’acquisto da parte dei cittadini, la conseguente contrazione della domanda, la difficoltà nel reperire le materie prime e il loro aumento a livello di costi. È evidente che questa situazione congiunturale richiede interventi straordinari. A medio-lungo termine per me la priorità è agire sulle competenze. La fuga dei cervelli, che porta alla mancanza di profili qualificati per il tessuto economico ticinese, è un tema cruciale. Bisogna puntare sulla formazione continua ben indirizzata, per governare un’innovazione tecnologica che è arrivata dirompente. Vanno superate le difficoltà che si hanno nel reperire persone qualificate che accompagnino questa transizione, non solo tecnologica. Una risposta potrebbe essere intensificare i rapporti tra le imprese e le nostre università e istituti superiori, a partire dalla Supsi, e creando maggiori partnership pubblico-privato. Una seconda priorità è porre attenzione all’eterogeneità del territorio, e capire attraverso progetti e pianificazioni che sebbene gran parte dei ticinesi viva nelle città, vanno valorizzate anche le valli. I piani devono valere per tutti, sia chiaro. Ma la loro applicazione non può essere generica e uguale nel centro di Lugano come a Olivone. Ci vogliono più flessibilità, più possibilità di interpretazione e il comprendere quelle che sono le esigenze locali.

La terza priorità?

Terza, ma non certo ultima, il tema dell’energia, senza dubbio. Ci vogliono soluzioni verso il decentramento energetico, complementare alla tradizionale produzione centralizzata. Dobbiamo diventare il più possibile produttori d’energia a livello locale. Siamo il cantone più soleggiato e fatichiamo a mettere pannelli solari, ci vorrà del tempo e non lo nego, qualcosa si sta già facendo, ma si deve accelerare ricordando che non esiste solo il fotovoltaico. Si va dallo sfruttare meglio le dighe all’investire in altre tecnologie come le batterie, o i sistemi Kers, come quelli che siamo abituati a vedere in Formula 1, ma che oggi si applicano anche agli ascensori in modo che quando scendono recuperano l’energia cinetica. E attenzione: un ascensore consuma molto di più rispetto alle luci delle scale, e questo mi porta a dire che ci vuole una corretta informazione ai cittadini sul tema.

Parla delle campagne governative sui consumi?

Sì, ma non solo. In questo momento di incertezza e timori per le fatture dell’elettricità, tra l’altro illeggibili, bisogna sapere quanto consuma una lampadina Led. Cioè poco. Ridurre l’illuminazione pubblica e fare la doccia in due, forse, non è la risposta. Il Comune di Locarno, che ha già l’illuminazione Led al 90%, se si spegnessero tutte le luci farebbe sicuramente qualcosa, certo, ma senza portare un risparmio considerevole. Sono altri gli ambiti più energivori, il problema non è il lampione. Bisogna aiutare il cittadino a essere più consapevole riguardo ai suoi consumi. Per renderlo così più responsabile. L’ecologia deve essere senza ideologia, è un dovere della politica fare almeno lo sforzo di provare a trovare soluzioni alternative che vadano anche incontro all’economia per mantenere determinati standard qualitativi, sia per quanto riguarda il territorio sia la vita quotidiana.

Ecco, però un determinato standard qualitativo una persona deve anche poterselo permettere. E veniamo al tema dei salari. Il Plr è sempre stato contrario al salario minimo, ma è da rilevare che riguardo alla fuga dei cervelli e alle difficoltà di molte persone il problema degli stipendi si pone.

Il mio settore, l’architettura, da pochi anni ha il contratto collettivo di lavoro. È questa la strada da percorrere, perché ogni settore ha le sue peculiarità e necessità. Gli strumenti generalizzati non mi sono mai piaciuti. Inoltre, spesso succede che una volta fatta la legge si trova l’inganno, magari con assunzioni al 50% per lavori svolti all’80%. Questa è una delle sfide per le autorità di controllo. C’è un problema di salari, sono d’accordo. Ma non possiamo pensare di alzare gli stipendi bruscamente, perché il sistema imploderebbe. La via è il partenariato e la concertazione.

D’accordo, ma a Bellinzona sono appena sfilati moltissimi lavoratori dell’edilizia preoccupati per il mancato rinnovo del loro Ccl, e qualcuno ha la sensazione che se non sono i datori di lavoro a volerlo le situazioni non si risolvono. Come replica?

Beh, potrei dire che vale anche il contrario. Soprattutto sull’esempio del Ccl dell’edilizia. Faccio notare, con molta umiltà, che a causa della congiuntura di cui parlavamo poco fa il caro energia e il rincaro delle materie prime è sulle spalle dei datori di lavoro, bisogna mettersi nei panni degli altri con la giusta empatia. Non sto dicendo che gli imprenditori dell’edilizia hanno ragione e i sindacati torto, ma se partiamo dal presupposto che la ragione è da una sola parte non si arriva a nessuna soluzione. Ci vogliono mediazione e interpretazione della situazione: l’imprenditore è una persona che si prende notevoli rischi, rendiamocene conto e non sottovalutiamo il fatto che si tratta di generatore di lavoro e di valore.

Abbiamo parlato molto di politica, imprenditoria, temi e priorità. Ma cosa c’è di suo, davvero di suo in questa scelta di candidarsi per il Consiglio di Stato?

Il mio motore principale è la passione, mi viene dalla famiglia materna che trae le sue origini dagli Elzi di Bosco Gurin e i Canonica di Bidogno. Una famiglia storicamente liberale e attiva politicamente sin dal nonno Flavio, fino a mia madre Loretta, tra l’altro, primo ingegnere donna in canton Ticino, in tempi in cui le donne avevano appena ricevuto il diritto di voto. Anche lei, oltre che impegnata nella famiglia e nel lavoro, si è dedicata alla politica ed è stata capogruppo a Locarno. Questo radicamento al territorio si unisce a quanto mi ha trasmesso mio padre, arrivato in Svizzera dall’Abruzzo ancora bambino, in quegli anni 60 nei quali essere immigrati italiani era ben diverso da ora. Mentre i miei nonni, arrivati con le valigie di cartone, lavoravano a Lucerna, mio padre Angelo doveva stare in collegio a Bellinzona. Poi si è fatto strada, è diventato imprenditore e ha presieduto per anni una società di calcio con i suoi legami con la città e la tifoseria: un’esperienza vasta e bellissima. Senza dimenticare tutte quelle passioni che fanno parte della mia vita quotidiana, come il lato associativo, che spazia dal Carnevale allo sport, fino all’amore per i motori. Mi porto dietro questo bagaglio culturale e di vita, che nella politica locale e un domani spero in quella cantonale, mi aiuta e aiuterà ad avere una visione più allargata, a identificarmi in più situazioni e affrontarle in modo migliore, rimanendo sempre agganciato ai problemi della gente e del territorio.

Partendo da questo suo bagaglio, materialmente, cosa significa per lei fare politica?

Essere proattivi offrendo un progetto e spiegandone la bontà, senza essere contro qualcuno, ma per qualcosa. Recentemente sono stato a un’assemblea del partito, era da anni che non mi capitava di assistere a una discussione così distesa. Tranquillità che non significa "va tutto bene", ma che indica concentrazione, presa di coscienza del momento difficile e volontà di offrire soluzioni concrete. Per me la politica dev’essere vissuta come la vita di tutti i giorni, bisogna lavorare per un obiettivo, senza retropensieri, ma con trasparenza. Anche le mie esperienze sportive, non solo quelle lavorative, mi hanno dimostrato che alla fine è la squadra che fa vincere e questo vale anche in politica. Bisogna ascoltare, ascoltare e ascoltare. Impegno e trasparenza sono la mia cifra.

Leggi anche: