L’imputata è accusata di lesioni colpose gravi per non aver diagnosticato il tumore al seno a una paziente. Il dibattimento si terrà il 9 novembre
È stato rinviato al 9 novembre il processo nei confronti di una radiologa accusata di lesioni colpose gravi per, stando alla tesi accusatoria, non aver diagnosticato un tumore al seno a una paziente. La donna, ammalata, ha infatti presentato un certificato medico e la Corte delle Assise correzionali di Lugano, presieduta dal giudice Siro Quadri, non ha potuto fare altro che rinviare il dibattimento. In aula non sono comunque mancate schermaglie tra la difesa della dottoressa, rappresentata dall’avvocato Filippo Ferrari, e l’avvocato Renzo Galfetti, patrocinatore della vittima. Facendo leva su una nuova perizia, la difesa ha chiesto di poter riascoltare la perita e di poter verbalizzare l’imputata visto che «agli atti manca la sua deposizione». Escluso il primo verbale, la radiologa si è in seguito avvalsa della facoltà di non rispondere. «Il clima era tale per cui non ho potuto fare altro che consigliarle questo, anche se non fa parte della nostra cultura difensiva – ha spiegato Ferrari –. Ora non aspetta altro che parlare con lei: se ha sbagliato sarà qui per rispondere. Potrà aver commesso un errore di lettura della radiografia ma non ha provocato il cancro alla paziente». La Corte si pronuncerà sulla richiesta entro la nuova data del dibattimento. Il titolare dell’inchiesta, il procuratore pubblico Zaccaria Akbas, ha definito la richiesta «intempestiva, perché di occasioni ne ha avute», ma si è rimesso al giudizio della Corte sottolineando che «non ho problemi se la perita viene citata un’altra volta». Di parere opposto l’avvocato Galfetti che si è «formalmente opposto a questa ennesima mossa defaticatoria perché l’imputata ne ha fatte di tutti i colori per ritardare il procedimento. Nel merito non abbiamo comunque nulla da temere da un eventuale nuovo confronto con la perita».
I fatti che hanno portato la radiologa in aula risalgono al 2019. La parte lesa si è sottoposta a un esame radiologico alla Clinica Luganese Moncucco (contro la quale non è comunque stato aperto nessun procedimento). A effettuare l’esame è stata la dottoressa imputata, che oggi non è più dipendente della clinica in questione ma lavora in un’altra struttura privata. Dall’esame è emerso che la paziente non aveva un tumore. L’anno successivo, però, un ulteriore esame svolto in una terza struttura privata ha portato alla diagnosi di tumore al seno con la presenza di metastasi in diverse parti del corpo. Le cure per combattere la malattia sono state di conseguenza più invasive. Le analisi retrospettive effettuate dalla paziente per capire se si fosse potuto intervenire prima, hanno stabilito che il tumore si sarebbe potuto vedere già prima. Un errore dunque, che secondo l’accusa implica la responsabilità di chi l’avrebbe commesso in quanto non avrebbe fatto qualcosa che avrebbe dovuto fare. Da qui la segnalazione al Ministero pubblico, l’apertura dell’inchiesta e un decreto d’accusa con la proposta di una pena pecuniaria di 120 aliquote giornaliere da 510 franchi l’una sospesa per un periodo di prova di due anni e a una multa di 1’000 franchi. Gli eventuali provvedimenti d’ordine amministrativo della Commissione di vigilanza sanitaria nei confronti dell’imputata dipenderanno dall’esito del processo.