Ex direttore delle Medie arrestato e molti altri casi di disagio: perché non pensare a un numero WhatsApp per gli allievi?
Abbiamo infoline e numeri verdi per ogni problema: dal gioco d’azzardo, all’alcolismo, al numero amico per i momenti di crisi e, con la pandemia, è stato creato anche quello per le domande sul coronavirus. Perché non creare anche un numero a disposizione degli allievi cui rivolgersi per segnalare molestie, pesanti attenzioni o importanti situazioni di disagio? Un canale diretto, come potrebbe essere un numero WhatsApp, gestito da una figura specializzata del Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs) da contattare se si ritiene di essere oggetto di attenzioni sgradite da parte di docenti. Il caso del 39enne ex direttore della scuola media del Luganese arrestato il mese scorso con l’accusa di atti sessuali con fanciulli è emblematico e deve farci riflettere sulle importanti lacune presenti nella comunicazione a più livelli. Nella delicata vicenda, le segnalazioni giunte dai genitori preoccupati sono state gestite all’interno dell’istituto ma non avrebbero mai raggiunto la direzione del Decs. Una comunicazione che si sarebbe inceppata e che, in mancanza di soluzioni pragmatiche, rischia di interrompersi di nuovo. C’è da migliorare e la Scuola deve farsi parte attiva nella ricerca di soluzioni efficaci. Durante l’incontro con i media di settimana scorsa, il direttore del Decs Manuele Bertoli ha fatto presente che se le segnalazioni non fanno il loro corso bisogna trovare altri canali. Quali sono esattamente? Gli allievi lo sanno? Sarebbe utile promuoverli tra di loro in modo che possano orientarsi e sapere cosa fare in caso di bisogno. Ecco perché un numero WhatsApp potrebbe essere una soluzione facile e diretta.
A titolo di esempio voglio ora raccontare delle situazioni che ho vissuto quando frequentavo la scuola media per mostrare come la comunicazione possa interrompersi a vari stadi dell’ordine gerarchico. Siamo nella scuola media di Cadenazzo, è il mese di giugno dell’anno 2001: nella corte interna dell’istituto viene organizzata una festa di fine anno. Siamo contenti di trovarci tra di noi prima delle vacanze estive, io e le mie compagne siamo anche un po’ agitate: è la prima occasione per ballare un lento con i ragazzi. Qualcuna ha pure portato una matita per truccarci gli occhi, ‘così sembriamo più grandi’, in realtà abbiamo solo dodici anni… Arriva il momento dei balli lenti, tra risate e un velo di imbarazzo balliamo con i nostri compagni. A un certo punto però si avvicinano anche tre docenti che si mettono a ballare con noi. Siamo a disagio nel sentirci strette a loro, un contatto vicino, troppo vicino, con uomini molto più grandi. Non ci era mai successo, è accaduto a scuola. Ne parliamo tra di noi e da quel contatto fisico capiamo inequivocabilmente che due di questi docenti avevano provato dell’eccitazione durante quei balli. La situazione ci imbarazza a tal punto che non raccontiamo niente né ai nostri genitori né alla direzione (che peraltro alla festa era presente). Per un allievo che frequenta le Medie non è sempre facile rivolgersi ai genitori e affrontare argomenti che riguardano la sessualità. Sarebbe stato più facile esternare questo disagio a un servizio apposito.
Altro esempio. Siamo sempre a Cadenazzo, anno 2003. Uno di quegli insegnanti che aveva ballato con noi, con varie scuse mi obbliga a trascorrere diverse ricreazioni (pause sacre per ogni allievo) in sua compagnia. Dice che deve fare la sorveglianza e io devo aiutarlo. Le prime volte è una punizione: "Visto che durante la mia lezione hai chiacchierato a ricreazione dovrai stare con me". In classe divento muta. La strategia cambia: "Visto che hai i pantaloni militari puoi aiutarmi a pattugliare la scuola". Io mangio la foglia e stufa di vedermi privata delle mie pause e costretta a stare in sua compagnia mi rivolgo al mio docente di classe cui spiego la situazione. La sua risposta mi lascia di sasso: "Si vede che gli piaci". Mi sono sentita a disagio, perché avevo quattordici anni e perché non mi sono sentita ascoltata. Anche in questo caso un filo diretto allievo-Decs avrebbe aiutato. Altro esempio con un altro docente, sempre a Cadenazzo in quegli anni: durante la ricreazione un’allieva è seduta su una ringhiera con le gambe divaricate, il docente l’afferra per tirarla verso di sé. Lo stesso insegnante, famoso per le continue battutine a sfondo sessuale fatte in classe, durante una gita scolastica scatta delle foto alle ragazze mentre fanno il bagno nel mare. Le allieve, molto a disagio, se ne accorgono e di nascosto riescono a cancellare le immagini dall’apparecchio. Per denunciare i comportamenti di questo insegnante le allieve di una classe scrivono una lettera alla direzione, ma il suo comportamento non cambia. In questo caso la comunicazione è stata interrotta al livello superiore, quello della direzione. Troppe segnalazioni cadute nel vuoto, troppe voci non ascoltate, ecco perché ci vuole un filo più diretto.