L’incontro tra Iran, Turchia e Russia non ha sortito granché né sulla Siria, né sull’Ucraina, né sul grano
Il triangolare di Teheran ha partorito il classico topolino. Iran, Turchia e Russia – in quello che doveva essere il controvertice in risposta all’appena conclusa visita dell’americano Biden in Medio Oriente – non sono riusciti neanche a mettersi d’accordo su luogo e data per riannodare i lavori del Comitato costituzionale siriano all’interno del cosiddetto "processo (di pace) di Astana".
"Noi come Paesi garanti – ha rimarcato il turco Erdogan – dobbiamo fare tutto il possibile affinché si tenga un ulteriore incontro". Ankara propone di organizzare la sessione di questa assemblea costituzionale a Ginevra sotto l’egida dell’Onu. Troppi gli interessi divergenti: Teheran e Mosca sostengono Damasco; Ankara, invece, è contro il regime di Assad. Siamo pertanto alle solite. Finché ci si limita a slogan anti-occidentali i "nuovi" fautori dell’ordine mondiale sono tutti d’accordo, ma non appena si passa dalla teoria ai fatti, a dover costruire qualcosa, è notte fonda. Tocca prendere atto del fatto che oggi – a parte gli Stati Uniti zoppicanti e in riposizionamento – non vi sono Paesi in grado di esercitare una leadership a livello globale. Questa la lezione di Teheran.
L’altro aspetto che lascia a dir poco sconcertati è che Erdogan, nel primo incontro a quattr’occhi con il russo Putin, aveva l’obiettivo di ottenere il permesso di Mosca di utilizzare lo spazio aereo del Nord della Siria per poter lanciare la sua "operazione speciale" contro i "terroristi" (questa la definizione usata da Ankara), contro gruppi democratici (per l’Occidente) tra cui i curdi, appoggiati dagli Stati Uniti. Ma cosa bolle in pentola? Con le elezioni alle porte, il prossimo anno, secondo gli analisti il presidente turco intende sollevare un’ondata di patriottismo per garantirsi un successo alle consultazioni, anche perché la situazione economica interna è davvero pesante. Se questo è il mondo futuro in cui vogliamo vivere, apriti cielo. Appena i rating scendono si vanno a menare le mani all’estero?
L’azione diplomatica turca non ha nemmeno sortito effetto sulla questione grano ucraino. Ma sono mesi che si va avanti di questo passo e gli attori protagonisti paiono interessarsi poco dell’allarme "fame" lanciato dall’Onu. Fino a ieri era stato annunciato dal Cremlino che erano i militari di Mosca e di Kiev a trattare direttamente la questione. Ora ci sarebbero dissidi commerciali-politici. Di questo passo il grano marcirà dove si trova.
Poi, nelle dichiarazioni rese alla stampa, Putin ha ribadito "l’affidabilità" di Mosca nella consegna di gas all’Ue, addossando come sempre le colpe di quanto sta accadendo sui partner occidentali che "sono grandi specialisti in rapporti non tradizionali, e in campo energetico hanno deciso anche di puntare su forme non tradizionali di energia: solare ed eolica". Lo stesso spartito, in pratica, che suona da mesi, condito con avvertimenti alla Germania sulle future forniture di gas. E l’aggiunta che è l’Ucraina a non volere la pace.
Che la turbo-globalizzazione ante 24 febbraio necessitasse di interventi era palese, ma così imponenti azioni non erano ipotizzabili. Se si vorrà garantire il futuro delle giovani generazioni occidentali, servirà pensare a un modello che non faccia dipendere le democrazie da queste situazioni.