Parlamentari ecologisti auspicano pragmatismo sui grandi impianti in alta montagna. Rodewald (Fondazione tutela paesaggio): restiamo molto critici
Grandi impianti fotovoltaici dotati di pannelli bifacciali (con cellule fotovoltaiche su entrambi i lati) sulle Alpi svizzere, per supplire almeno in parte alla penuria di elettricità in inverno? Due progetti – uno promosso da Alpiq sopra Gondo, l’altro dall’albergatore ed ex presidente del Partito socialista svizzero Peter Bodenmann a Grengiols – stanno facendo discutere in Vallese. E anche nella Berna federale. In un documento, alcuni parlamentari dei Verdi propongono ora di rivedere la posizione fin qui piuttosto rigida del partito sul ‘solare alpino’: a determinate condizioni – affermano – simili impianti potrebbero venire installati anche in campo libero, ovvero in alta montagna (e sulle superfici agricole). Tra le organizzazioni per la protezione dell’ambiente e del paesaggio, ‘cugine’ degli ecologisti, al momento sembra prevalere lo scetticismo.
Il ‘documento di posizione’ (‘Positionspapier’ in tedesco) è stato redatto dalla delegazione dei Verdi alla Commissione ambiente del Consiglio nazionale. Secondo i giornali Tamedia, che ne hanno rivelato l’esistenza, siamo di fronte a una svolta per il partito. Delphine Klopfenstein Broggini relativizza: «La nostra posizione non è cambiata fondamentalmente: lo avevamo detto già ai tempi della Strategia energetica 2050. Adesso semplicemente riaffermiamo questa posizione», dice a ‘laRegione’ la consigliera nazionale ginevrina, che ha preso parte all’elaborazione del documento. Per il partito, comunque, «resta assolutamente prioritario sfruttare l’immenso potenziale ancora esistente per il fotovoltaico sul ‘costruito’, ovvero tetti, facciate, autostrade, autosili e via dicendo, nonché quello – anch’esso enorme – a livello di risparmio energetico».
Guerra in Ucraina, rischio accresciuto di penuria energetica e sviluppo delle ‘rinnovabili’ meno rapido del previsto: ora però anche i Verdi pigiano sull’acceleratore. Il consigliere nazionale Kurt Egger (Tg), anch’egli coinvolto nella redazione del documento, ha spiegato che "si tratta di collaborare in modo costruttivo alla ricerca di soluzioni, affinché la Svizzera possa evitare di ricorrere a centrali a gas e di prolungare la durata d’esercizio delle centrali nucleari". Sul ‘solare alpino’, quindi, «dobbiamo essere aperti alla discussione», ribadisce Klopfenstein Broggini. Nessuna carta bianca, però: vanno messi chiari paletti. «Specialmente durante l’inverno, gli impianti fotovoltaici sono meno efficaci in pianura che in montagna, dove il soleggiamento è molto maggiore. Gli eventuali siti dovranno quindi essere scelti in modo che gli impianti rendano al massimo dal punto di vista energetico, siano il meno possibile visibili e non compromettano la biodiversità».
Il riposizionamento dei Verdi accresce intanto la pressione sulle organizzazioni ambientaliste e per la protezione del paesaggio. Greenpeace e Pro Natura hanno dichiarato ai giornali Tamedia di non essere contrarie per principio all’installazione di enormi impianti fotovoltaici ad alta quota. Prima di volgere lo sguardo fuori dalle zone edificabili, però, va sfruttato appieno il potenziale offerto dalle infrastrutture esistenti. Nemmeno la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (Fp) chiude la porta. Ma «rimaniamo molto critici su questi grandi impianti laddove il paesaggio è ancora intatto e dove non esistono né edificazioni né un accesso stradale», dice alla ‘Regione’ il suo direttore Raimund Rodewald.
In Svizzera il primo grande impianto fotovoltaico in campo libero è sorto nel 1992 sul Mont-Soleil, nel Giura bernese. Tra il 2019 e il 2020 si sono aggiunti l’impianto di Felsberg, nei Grigioni (su una cava abbandonata), quello vicino alla funivia Hohsaas (regione di Saas-Fee, in Vallese) e la centrale solare galleggiante del Lac des Toules (sempre in Vallese).
La Fondazione non si è mai messa di traverso per partito preso. E non lo farà nemmeno in futuro. Molto dipende da quanto un determinato luogo fuori dalle zone edificabili è già stato compromesso da attività e infrastrutture esistenti o passate, spiega Rodewald. A suo parere occorre «una risposta differenziata». «In certi luoghi già edificati, dove c’è già stata una trasformazione del paesaggio – penso ad esempio a certi comprensori sciistici – possiamo immaginare di realizzare grandi impianti fotovoltaici in campo libero. Andrà in ogni caso effettuata una ponderazione degli interessi completa tra produzione di energia e protezione della natura e del paesaggio».
L’Fp sostiene anche lo sviluppo del cosiddetto agrovoltaico. Rodewald pensa in particolare a impianti fotovoltaici che «coprono determinate coltivazioni, come le bacche, producendo energia e al contempo proteggendole dalla grandine». Pannelli solari potrebbero essere utilizzati pure come recinzioni per allevamenti intensivi in prossimità delle stalle, aggiunge il direttore della Fondazione. Esclusa, per contro, l’installazione di grandi impianti nelle zone terrazzate protette, come ne esistono in Vallese, nel Lavaux vodese e in Ticino.
Il contesto negli ultimi tempi è mutato. Si è così fatta strada anche in seno all’Fp – tra le meno inclini al compromesso fra le organizzazioni interessate – la consapevolezza che «non possiamo chiudere gli occhi»: «Di fronte alle difficoltà nell’approvvigionamento energetico – rileva Rodewald – dobbiamo trovare rapidamente delle soluzioni. Senza perdere di vista i valori culturali, del paesaggio e della natura, ma nemmeno avendo un atteggiamento nostalgico, restando attaccati a un paesaggio che ormai da tempo non esiste più». Il direttore dell’Fp ricorda che «abbiamo sempre cercato di trovare delle soluzioni ragionevoli, che conciliassero i diversi interessi in gioco [utilizzo e protezione, ndr]». Un esempio: il parco eolico sul San Gottardo, dove «abbiamo negoziato e alla fine trovato una soluzione che dal nostro punto di vista non è certo ottimale, ma pur sempre accettabile».
I parlamentari ecologisti ora vogliono portare il dibattito sul piano politico. Il ‘documento di posizione’, spiega Klopfenstein Broggini, è «in divenire»: sarà discusso «a fine estate» in seno al gruppo alle Camere, prima di sfociare in atti parlamentari che potrebbero essere depositati già in settembre. L’auspicio, poi, è che si apra una tavola rotonda anche sul fotovoltaico, sulla scia di quella sull’idroelettrico istituita dalla ministra dell’Ambiente Simonetta Sommaruga. «L’idea è di innescare un’ampia discussione, che coinvolga le organizzazioni ambientaliste, le società elettriche e tutti gli attori interessati: è questa la condizione indispensabile per avviare una vera e propria offensiva sul fotovoltaico», osserva la ginevrina.
Rodewald dice che sarebbe «molto stupito» se i Verdi dovessero sostenere i due progetti vallesani, in particolare il mega-impianto di Grengiols, previsto «in un parco naturale, una zona nella quale non vi sono altre infrastrutture, dove ci sono solo mucche al pascolo». Delphine Klopfenstein Broggini non si esprime nel merito: «Non possiamo dirlo adesso. Per ora ci limitiamo a dire che dobbiamo pensarci, che occorre gettare subito le basi della riflessione. Anche se la priorità, ripeto, deve restare lo sfruttamento del ‘costruito’ e il risparmio energetico».