Erede e innovatore della grande tradizione creola, il musicista zydeco spiega perché è importante coltivare e promuovere la propria eredità culturale
«La musica è vita. Da quando avevo cinque anni, è quello che ho sempre voluto fare. So che non si può rendere felice nessuno, ma la musica è la cosa più vicina a poterlo fare». Sean Ardoin è nato a Eunice, in Louisiana, patria del cajun. Discendente di Amédé Ardoin, considerato il padre del genere zydeco dagli studiosi per aver posto le basi della musica creola all’inizio del XX secolo. Sean è anche il nipote del noto musicista creolo Alphonse «Bois Sec» Ardoin, il figlio del musicista Lawrence «Black» Ardoin, e il fratello maggiore del fisarmonicista hip-hop zydeco Chris Ardoin. Questo per dire che la musica cajun, Sean Ardoin, ce l’ha davvero nel sangue. A proiettarlo verso il successo in una carriera lunga un trentennio è stato l’album ‘Kreole Rock and Soul’, nominato ai Grammy Awards 2019; lo stesso anno la canzone ‘Kick Rocks’ è stata nominata anche nella categoria "Best American Roots Performance". Da allora le sue quotazioni sono salite moltissimo, fino alla terza nomina ai Grammy 2022, per l’album ‘Live in New Orleans!’, che sintetizza efficacemente musica creola e rock.
Sean, lei discende da una famiglia di artisti che hanno scritto la storia della musica. Ad Ascona si esibisce sul palco con suo figlio. È un ricevere e un dare. Perché è così importante prendersi cura del proprio patrimonio culturale?
È estremamente importante portare avanti un’eredità culturale, perché è questo che la storia ricorda. Il mio patrimonio culturale è la musica. Se non lo si mantiene, coltiva e promuove, se non lo si porta avanti, si rende un cattivo servizio alle generazioni future. Perché quelli che ci hanno preceduto lo hanno fatto. Quindi per me è molto importante che la musica creola sia sempre presente nel panorama internazionale. Qualsiasi cosa possa fare per assicurare che sia così, la faccio.
Lei sta facendo conoscere al pubblico svizzero il ‘Kreole Rock and Soul’, un genere da lei stesso creato che piace moltissimo. Come descriverebbe la sua filosofia?
Io vengo dalla musica creola e, partendo da lì, dalla musica zydeco. Ma lo zydeco sta diventando una categoria generica, come il blues, suonata anche da persone che non hanno radici nella cultura creola. Così, per mantenere una sorta di direzione, di influenza, ho creato un nuovo genere, chiamato appunto "Kreole Rock and Soul", in modo da poter esprimere appieno la mia creatività, senza limitazioni o imposizioni. Allo stesso tempo, sto promuovendo e spingendo la cultura creola, di cui lo zydeco fa parte. Noi creoli della Louisiana amiamo questa musica. La mia è un po’ diversa, ma se volete l’autenticità, andate nel Sudovest della Louisiana.
Che cosa è lo zydeco?
Mio padre suona musica francese, mio nonno suonava musica francese. La chiamavamo musica francese o "lala". Mio nonno non suonava zydeco. Ma a partire dalla metà degli anni Novanta, nel Sudovest della Louisiana se vedi un uomo di colore con una fisarmonica è zydeco. Il nome è stato coniato da un giornalista del Nord degli Stati Uniti per assonanza con le parole di una canzone di Clifton Chenier, ‘Les haricots sont pas salés’ ("non c’è sale sui fagioli"). Quello che facciamo nel Sudovest della Louisiana in realtà non lo esportiamo, sono io l’unico che lo fa. Tutto succede in una piccola bolla. Lo zydeco rimane lì perché i musicisti fanno i soldi, hanno successo, suonano 2-3 volte a settimana. È tutta una cultura. Ma io amo stare lontano da casa e portare la mia musica nel mondo, è sempre stato il mio obiettivo. Lo faccio da più di trent’anni e continuerò a farlo.
Le lezioni più importanti che ha imparato?
Una cosa che ho imparato è: lascia che il tuo sì sia sì e il tuo no sia no. O ce la fai o non ce la fai. Questa è la prima cosa. La seconda è che non si ottiene ciò che si merita, ma solo ciò che si negozia. E ho imparato che quando il pubblico viene al tuo spettacolo, non gli importa che tipo di giornata hai avuto. Perciò, quando lo spettacolo inizia, ci devi dare dentro. Il mio lavoro è creare un’atmosfera che permetta alle persone di scegliere di essere felici. E i sorrisi sui loro volti mi fanno capire se lo sto facendo bene o no.
Ha qualche nuovo progetto all’orizzonte?
Ne ho due. Il primo è un album con la mia musica suonata dalla banda musicale della Louisiana State University in collaborazione con la mia band, i Kreole Rock and Soul. Una prima assoluta. Uscirà in agosto con il titolo ‘Full Circle’. Dato che ho studiato in questa università e suonato nella banda, poter fare un album con loro significa completare un cerchio. Ed è proprio quando ero nella banda dell’università che ho deciso che avrei fatto il musicista a tempo pieno! L’altro progetto, che uscirà l’anno che viene, è un album di studio che ho iniziato prima della pandemia. I brani erano così belli che non volevo rovinarli con un lavoro frettoloso, quindi mi sto prendendo il mio tempo.
Quella di oggi è la terzultima serata di JazzAscona e sui suoi palchi tornano le stelle di New Orleans che hanno animato le giornate sin dai primi giorni: Piazzale Elvezia ospiterà (alle 22.45) il gruppo funk di Bo Dollis & The Wild Magnolias con i suoi Mardi Gras Indians. Il palco alla chiesa, alle 23.30, vedrà esibirsi i migliori solisti della New Orleans Jazz Orchestra. Erica Falls dal palco New Orleans farà ballare il pubblico da mezzanotte in poi.
Si aggiungeranno alcuni debutti, come quello del gruppo svizzero Swiss Jazz Ambassadors che dal palco New Orleans (alle 20) si esibirà con un’ospite speciale, la giovane sassofonista americana Sarah Hanahan.
L’entrata ai concerti è gratuita. Il programma su: www.jazzascona.ch.