Germano Mattei: ‘Decisione inevitabile, anche se tardiva’. L’esemplare aveva attaccato e ucciso 19 pecore lo scorso 26 aprile in Val Rovana.
Il Consiglio di Stato ha autorizzato l’abbattimento del lupo che lo scorso 26 aprile ha ucciso 19 pecore in zona Piedipiodi vicino a Cerentino, in Val Rovana.
«Finalmente! Questa decisione era inevitabile. Altrimenti il consigliere di Stato Claudio Zali si sarebbe trovato le pecore predate in ufficio. Gli allevatori di tutto il Ticino sono esasperati – commenta, a caldo, Germano Mattei, co-presidente dell’Associazione svizzera per la protezione del territorio dai grandi predatori –. Ora dovremo sentire quali saranno le modalità di cattura. Ricordo che nell’alta Vallemaggia gli esemplari che si muovono indisturbati alla luce del sole sono almeno tre. Non credo che le predazioni siano tutte opera di un solo esemplare. Finché non ci sono le prove del Dna, quindi, non sarà facile capire quale lupo va eliminato. A ogni buon conto l’autorizzazione all’abbattimento giunge a mio avviso tardiva. Doveva arrivare già due settimane or sono. Non dimentichiamoci che in questi ultimi giorni, altre quattro capre di due allevamenti risultano mancanti. I pastori le stanno cercando, invano. È quindi ipotizzabile siano state pure loro aggredite e sbranate».
I grandi predatori, tra i quali il lupo, sono protetti e non rientrano dunque nel novero degli animali cacciabili, ricorda il Dipartimento del territorio (Dt). Il diritto federale ammette comunque la possibilità d’abbattimento per singoli esemplari che causano danni rilevanti ad animali da reddito. L’ordinanza sulla caccia subordina l’ordine d’abbattimento al superamento di un determinato numero di capi predati (in questo caso 10).
Per essere considerato come capo predato, l’animale dev’essere stato protetto dal lupo se possibile con misure come recinti elettrificati e cani da protezione. Nel caso di Cerentino queste protezioni "non sono tecnicamente realizzabili per le difficoltà del territorio (pendii scoscesi, continui terrazzamenti, estrema parcellizzazione e dispersione delle superfici, come pure l’esiguità delle parcelle), né economicamente sostenibili", spiega il Dt. Le 19 pecore vittime della predazione del 26 aprile sono quindi da considerare non proteggibili e possono dunque essere imputate al contingente per l’abbattimento.
Alla luce di ciò, il Consiglio di Stato è entrato nel merito autorizzando l’abbattimento di un lupo all’interno del perimetro della Val Rovana. La decisione, contro la quale può essere fatto ricorso, è immediatamente esecutiva e pubblicata sul Foglio ufficiale. L’autorizzazione ha validità 60 giorni dalla pubblicazione della decisione e l’esecuzione è assegnata ai guardacaccia dell’Ufficio della caccia e della pesca.
"Rimane la considerazione – scrive il Dt – che il quadro normativo attuale a livello federale non risolve in modo soddisfacente il conflitto tra le esigenze di tutela del lupo in quanto specie protetta e le peculiarità dell’attività d’allevamento di montagna, in Ticino, in cui si rivela problematico mettere in atto le misure di protezione richieste a livello federale.
«Questa decisione governativa giunge tardiva. Siamo andati troppo per le lunghe. Si sarebbe dovuto seguire l’esempio del Canton Vallese, dove in men che non si dica il Governo, dinnanzi alle importanti predazioni di ovini, ha autorizzato i guardacaccia a sparare al lupo». E un misto di soddisfazione e rabbia il giudizio di Marco Frigomosca, allevatore di bestiame valmaggese al quale i lupi (tre quelli balzati nel suo recinto) hanno ucciso 19 pecore, al quale abbiamo chiesto un giudizio sulla luce verde concessa dal Cantone all’eliminazione del lupo problematico in Rovana. «Il lupo è ancora qui. Proprio stamane uno di essi è uscito da una baracca in un cantiere nelle vicinanze del paese. Ma vi rendete conto? Credo sia difficile capire quanti esemplari siano presenti nei boschi ticinesi. Ho il timore che gli uffici preposti abbiano perso il controllo della situazione e che si stia ripetendo quanto accaduto, qualche decennio fa, con i cinghiali. Oltrettutto questi esemplari sono diventati stazionari. La prova è che mancano ancora quattro capre all’appello e che se contiamo gli attacchi al bestiame dei mesi precedenti, ci accorgiamo che la soglia limite per l’intervento armato è stata ampiamente superata».
«Non conosciamo i dettagli del dossier sul lupo allestito dall’Ufficio caccia e pesca, motivo per cui non possiamo esprimerci al riguardo. Ogni decisione adottata in questo senso a livello nazionale viene comunque preavvisata da giuristi; se l’iter legale viene rispettato, non abbiamo nulla da dire. Fermo restando che non è sparando al lupo che si risolve il problema. Da tempo andiamo ripetendo che è la politica agricola che nel nostro paese deve cambiare» - osserva, anche a nome di Pro Natura, Silvia Gandolla, biologa faunista del WWF, membro del Gruppo di lavoro grandi predatori.
Non sarà evidente, per i guardacaccia incaricati di puntare la mira sul lupo problematico, evitare di sparare a quello sbagliato. Gli esemplari accertati, ci spiega Sandro Destefani, direttore Divisione dell’ambiente e Coordinatore Dipartimento del territorio, sono infatti due. E nessuno dei due predatori si sposta con una targhetta che lo renda riconoscibile a prima vista. «Per prima cosa posso dirle che abbiamo sentito il parere dei nostri omologhi vallesano e grigionese, che in materia di abbattimenti hanno una maggiore esperienza. L’operazione presenta non poche difficoltà, dal momento che si tratta di animali selvatici diffidenti e scaltri. Dalle analisi del Dna giunteci proprio in queste ore risulta chiaro che l’uccisione delle pecore sia opera di lupi. Ma solo verso fine mese l’identificazione dell’esemplare problematico potrà essere più precisa. Proprio per ridurre il margine d’errore, il perimetro all’interno del quale sparare è stato ristretto all’area delle predazioni. C’è da sperare che l’eliminazione di uno dei due scoraggi l’altro dal restare nel comparto».