Per due degli operatori coinvolti nella vicenda di Balerna, la difesa chiede l‘assoluzione in Appello: ’Solo capri espiatori’
Assoluzione piena, e risarcimento per torto morale: questo chiedono alla Corte di appello e revisione penale i legali di due ex dipendenti della casa anziani di Balerna. Finiti, nel centro di accuse non credibili, dicono, "capri espiatori" in una manovra pesantemente mediatizzata, e che voleva in ultima analisi prendere di mira i vertici della struttura. Se la linea della difesa venisse accettata, queste assoluzioni andrebbero ad aggiungersi a quella di un loro collega, un infermiere italiano prosciolto nel novembre del 2019 dalla stessa Corte di appello. La sentenza verrà comunicata prossimamente; al dibattimento di oggi a Locarno non era presente la titolare dell’inchiesta, la procuratrice Valentina Tuoni.
La vicenda, ricordiamo, dei denunciati maltrattamenti alla casa anziani di Balerna aveva sollevato un grande clamore pubblico, con riflessi anche sul piano politico.
In questo caso alla sbarra della Corte di appello (presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will) due ex dipendenti della casa anziani, entrambi residenti nel Mendrisiotto: un 44enne che in primo grado era stato condannato a 10 aliquote per coazione, nel senso di costringere a mangiare una anziana, e una 36enne condannata per coazione ripetuta, due episodi, a 20 aliquote giornaliere. Le sentenze erano state emesse dalla Pretura penale il 31 ottobre 2019. Sospesi dall’esercizio delle loro funzioni, sono poi stati integrati in altri ruoli nel Comune di Balerna. Lei prima dell’impiego balernitano aveva lavorato in molte case anziani, mentre oggi sempre per il Comune di Balerna è una impiegata d’ufficio in formazione. «Sono soddisfatta ma il mio vecchio lavoro mi manca, era quello che avevo scelto per la mia vita. Ma mi sono dovuta reinventare. E poi non riuscirei a lavorare serenamente come prima. Ho vissuto una specie di lutto, è come se una parte di me sia stata uccisa» dice la 36enne. Il 44enne si formò proprio a Balerna, dove finì per tornare dopo una esperienza in un’altra struttura analoga nel distretto. «Anche a me manca il lavoro in casa anziani, mi piaceva molto, ero sempre disponibile a rimpiazzare i colleghi, ho terminato l’attività con 500 ore di straordinario. Ma dopo tutto quello che è successo non me la sentirei più di tornare in quel settore, preferisco continuare come ora, in una situazione dove posso andare a lavorare più tranquillo».
Nel 2013 il 44enne tentò di forzare una ospite (quasi novantenne, che soffriva di diversi problemi mentali) a nutrirsi. «Mangia, se no paghi la multa di 500 franchi" – la frase incriminata –. "La donna rifiutava in genere il cibo. Pesava 32 chili, quindi bisognava stimolarla un po’... Abbiamo tentato in vari modi, scrivendole anche dei bigliettini, una metodologia che era stata suggerita da un dottore. Abbiamo usato vari metodi, e spesso cambiando il cibo però non sempre si aveva successo. Sarà forse stata una frase poco professionale. Ma, ripeto, è stata detta con buone intenzioni. Non volevo certamente spaventare né minacciare la signora. Non ho pronunciato quella frase ad alta voce in modo autoritario, non ho mai alzato la voce né con la signora né con gli altri ospiti. Quanto all’altra imputata, la frase dice di non averla pronunciata, e nemmeno di aversa sentita dire. «Ricordo che abbiamo pure provato a farla mangiare in sala camino, le abbiamo anche dato degli integratori alimentari: era un andare avanti a tentativi».
Un altro ospite sarebbe stato fatto sedere a forza sulla carrozzina, mentre stava tentando di alzarsi dalla stessa. Di questo è accusata la 36enne. L’anziano denotava problemi cognitivi. Voleva muoversi ma a quanto pare ciò lo metteva a rischio di cadute. «Capitava più volte al giorno di recuperarlo al volo prima che cadesse, anche perché alzandosi dalla carrozzina inciampava sui poggiapiedi, che non vedeva perché aveva problemi di vista. Può darsi che in alcuni di questi episodi lo abbia preso per le spalle, ma senza l’intento di fare del male al paziente, anzi».
Le affermazioni sulla ospite inappetente, dice l’avvocato difensore Verena Fontana, sono state riferite da un’assistente di cura fatte un anno e mezzo dopo i fatti. La legale le reputa inattendibili anche per la distanza intercorsa dall’accaduto. Venne violata la libertà dell’anziana? «La libertà della signora era già ristretta dal suo stato di salute». La difesa ha chiesto la completa assoluzione e che vengano riconosciute le spese legali sostenute, oltre a un risarcimento per torto morale di mille franchi. Gli operatori, dice, vennero colpiti per ‘lanciare un grido di allarme’ nei confronti dei vertici della casa anziani, così si sono trovati al centro di una tempesta mediatica. Anche l’altro legale, Alfio Decristoforis, ha chiesto l’assoluzione per la sua assistita. «Un contesto che è stato politicizzato, e che toglie credibilità alle accuse». «Negli atti non risultano spinte, atti di violenza, l’imputata a volte interveniva anche con impeto ma è giusto distinguere». Il risarcimento per torto morale, anche qui mille franchi, è dovuto, dice, «per l’effetto mediatico che c’è stato», e che ha visto i due imputati «nel ruolo di capri espiatori».