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Abusi alle Gole della Breggia? ‘Si è agito, ma non è facile’

Il governo dà conto del deposito all’interno del Parco. La domanda di costruzione in sanatoria è sub iudice

L’area è sotto la tutela di un Puc
(Ti-Press)
22 aprile 2022
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Auto posteggiate, lì poco lontano dal laghetto del Ghitello, a quanto pare non se ne vedono più. Ma la vertenza, che si trascina da qualche anno ormai, è tutt’altro che risolta. Spina nel fianco per le autorità, e a più livelli, è l’impiego a mo’ di deposito edile di un’area all’interno del Parco delle Gole della Breggia. Un tale impiego è in armonia con l’attuale vocazione del comparto? In effetti, della presenza del cementificio della Saceba oggi non restano che le vestigia, parte di un percorso storico all’interno del parco. E d’altra parte, sul piano istituzionale, "le autorità cantonali e comunali sono intervenute a più riprese per impedire l’utilizzo abusivo del comparto": la conferma giunge direttamente dal governo.

Aspettando il verdetto del governo

Sta di fatto che il proprietario del terreno – un’impresa di costruzioni della zona –, in quella superficie ci vuole sistemare materiali e mezzi; ma il primo a essere contrario è il Dipartimento del territorio (Dt). Sul Parco, in effetti, vige un Puc, un Piano di utilizzazione cantonale. La questione per ora è in sospeso: una parola chiara (se non definitiva, per un fatto di procedura) è attesa adesso dal servizio ricorsi del Consiglio di Stato (CdS). Servizio al quale, nel maggio dell’anno scorso, si sono rivolti gli stessi titolari della ditta dopo aver impugnato la decisione avversa del Municipio di Morbio Inferiore (competente per territorio). L’esecutivo ha, infatti, negato la licenza edilizia, peraltro presentata in sanatoria.

Il parcheggio? Non è parte della procedura

Il dossier, come detto, è datato e rimanda al 2017 e a vari atti parlamentari approdati sui tavoli dei Municipi di Morbio e Balerna. A riaccendere, però, di recente – era il marzo scorso – i riflettori è stata una nuova interrogazione, questa volta indirizzata al CdS, dei deputati del Movimento per il socialismo (Mps) – prima firmataria Simona Arigoni Zürcher –, determinata a fare chiarezza sull’"utilizzazione abusiva" dello spiazzo come parcheggio. Un uso, conferma il governo cantonale, non contemplato dalla richiesta edilizia. Tant’è, tiene a ribadire il CdS nella sua risposta all’atto parlamentare, che "il Dipartimento del territorio ha sollecitato il Comune a intervenire, quale responsabile del controllo del rispetto delle norme edili". In effetti, sin qui, tiene a far sapere ancora il governo, si è constatata "un’oggettiva difficoltà d’intervenire da parte del Comune, ulteriormente ostacolata dagli atti ricorsuali". I proprietari non si sono mai arresi davanti ai ‘verdetti’ negativi delle autorità.

Prime misure a partire dal 2017

Le prime segnalazioni sull’uso inadeguato del terreno sono arrivate oltre cinque anni or sono. Da quel momento, ripercorre il Consiglio di Stato, "le autorità comunali e cantonali, in collaborazione con i responsabili del Parco delle Gole della Breggia, si sono attivate per cercare di regolarizzare una situazione di occupazione del territorio non conforme al contesto pianificatorio e giuridico". L’atto più radicale a livello locale (su richiesta del Dt) è stato l’ordine di sgombero di veicoli, macchinari e materiali dall’area e, in contemporanea, la richiesta ai titolari di presentare una domanda di costruzione a posteriori. Misure alle quali i proprietari dei fondi si sono opposti con un ricorso al governo, che lo ha respinto. A quel punto i titolari dell’impresa si sono appellati, nel maggio del 2018, al Tribunale cantonale amministrativo (Tram). A quel tempo, osserva ancora il CdS, "l’utilizzo del comparto per parcheggiare veicoli è stato immediatamente interrotto da parte della ditta".

Da un ricorso all’altro

I nodi della vicenda, in ogni caso, non si sono sciolti tutti davanti al Tram. Tribunale che, ricorda ancora il governo, ha "accolto parzialmente il ricorso" (era il marzo del 2019). Gli effetti? Gli ordini che miravano a far cessare ogni attività e a far sgomberare i terreni, annullati. A resistere è stato solo l’obbligo di depositare una domanda di costruzione in sanatoria: l’incarto è approdato, infatti, negli uffici comunali nel maggio del 2019. In realtà, si fa memoria, si è tentato pure un esperimento di conciliazione fra le parti, ma "non ha permesso di raggiungere un accordo". Il resto è storia più recente, tant’è che il fascicolo è ancora sub iudice. Il suo parere, comunque, il Dipartimento lo ha già espresso: la richiesta edilizia non ha avuto udienza e ci sono delle precise ragioni. Le motivazioni sono dettate dalla "situazione pianificatoria, da conflitti importanti con la natura e il paesaggio, con lo spazio riservato alle acque, con il bosco e con la presenza di pericoli naturali". Detto altrimenti, ribadisce il CdS, "l’intervento non può essere autorizzato né con il diritto in vigore al momento in cui l’attività è stata avviata, né con il diritto oggi in vigore".