Forte aumento in vista. Cos’è stato fatto e cosa si sta facendo per arginare i costi della salute e ridurre l’impatto sul portafoglio degli assicurati
La tregua sarà stata di breve durata. Solo una tregua, appunto. Perché ormai è assodato: dopo la quasi impercettibile diminuzione del premio medio di quest’anno (-0,2%), la prima dal 2008, un’ennesima stangata attende gli assicurati in autunno. Le recenti indiscrezioni (‘Le Matin Dimanche’ ha evocato un +7-9%) non vengono confermate dall’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp). L’autorità che approva i premi malattia non si pronuncia sull’entità dell’aumento. Ma dà per scontato che questo si verificherà. Nel 2021 in effetti i costi sanitari hanno ripreso l’ascensore (santésuisse: +5,1% in media per assicurato, una crescita che non si vedeva dal 2013); e anche quest’anno sarà più o meno così: l’‘effetto di recupero’, innescatosi dopo il rinvio di numerosi trattamenti a causa della pandemia, proseguirà. Rieccoci quindi alla casella di partenza.
Casella di partenza? Non proprio. La politica negli ultimi anni non è rimasta a guardare.
Stando al monitoraggio realizzato dall’Ufsp, negli ultimi anni l’incremento medio dei costi a carico della Lamal ha sfiorato il 3%. Tra il 1999 e il 2019 i costi complessivi del sistema sanitario sono più che raddoppiati, passando da 40,6 a 82,5 miliardi. Quindi: le misure adottate sin qui sono servite soltanto a evitare il peggio. "Questo è l’anno decisivo per adottare, soprattutto a Berna, delle misure davvero incisive per tenere sotto controllo l’evoluzione dei costi", ha dichiarato nelle scorse settimane a ‘laRegione’ Céline Antonini, responsabile per la Svizzera italiana dell’associazione di assicuratori malattia curafutura. Ma cosa fare, concretamente? Di seguito, una carrellata delle principali misure in discussione a livello federale e cantonale per contenere i costi e/o i premi.
Nel 2020 le riserve degli assicuratori malattia ammontavano a 11,3 miliardi di franchi, ben al di sopra del requisito minimo stabilito per legge. Il Consiglio federale, come detto, ha voluto che venissero ridotte a vantaggio degli assicurati. Al momento però non esiste alcun vincolo. Il Consiglio nazionale intende spingersi oltre: lo scorso autunno ha approvato una mozione di Lorenzo Quadri (Lega) che – riprendendo la richiesta contenuta in un’iniziativa cantonale ticinese – mira a rendere obbligatoria la riduzione delle riserve eccedentarie. La commissione preparatoria del Consiglio degli Stati l’ha respinta di misura. Il plenum dovrebbe decidere in giugno. Comunque, l’impatto sui premi di una riduzione obbligatoria delle riserve non va sopravvalutato.
È un altro modo per incidere direttamente sui premi. Ed è quanto chiede il Partito socialista con la sua iniziativa popolare: nessuna economia domestica dovrebbe spendere più del 10% del reddito disponibile a questo titolo; in caso contrario, Confederazione e Cantoni coprirebbero la differenza. Il Consiglio federale ha elaborato un controprogetto indiretto. Iniziativa e controprogetto sono al vaglio della commissione competente del Consiglio nazionale.
Serve un monitoraggio dei costi sanitari con possibilità di correzione – mediante riduzione delle tariffe l’anno successivo – al quale partecipino fornitori di servizi (medici, ospedali, fisioterapisti ecc.), assicuratori e anche i Cantoni. Lo ha stabilito a fine febbraio il Nazionale. I ‘senatori’ si occuperanno in giugno o in settembre della controversa proposta di modifica dell’articolo 47c della Lamal. La Federazione dei medici svizzeri (Fmh) teme un razionamento delle cure (uno scenario scartato dal ministro della Sanità Alain Berset) e già minaccia di lanciare un referendum. Anche curafutura è contraria.
Un vero e proprio freno generalizzato ai costi, di più vasta portata, lo ha previsto il Consiglio federale nel suo controprogetto indiretto all’iniziativa popolare del Centro denominata ‘Per premi più bassi – Freno ai costi nel settore sanitario’. Questa chiede di ‘agganciare’ l’aumento dei costi a carico della Lamal all’evoluzione dell’economia nazionale e dei salari. Il governo propone invece di stabilire ogni anno un tetto massimo dei costi in ogni settore; in caso di sforamento, scatterebbero correttivi (adeguamento delle tariffe ecc.). Lo strumento è inviso a medici, ospedali e assicuratori. La commissione sanitaria del Nazionale sta esaminando entrambe le proposte.
Anche i Cantoni possono fare la loro parte. Dall’inizio di questo mese hanno la facoltà di congelare le ammissioni di nuovi medici in diverse specializzazioni del settore ambulatoriale o in determinate regioni. Obiettivo: evitare offerte superflue e frenare i costi della salute. Basilea Città e Campagna – cantoni a forte densità di camici bianchi – hanno già annunciato di voler sfruttare la possibilità offerta dalla modifica della Lamal voluta dal Parlamento. Le autorità contano di dimezzare nell’arco di due anni l’aumento dei costi negli otto ambiti interessati.
I Cantoni possono agire anche a un altro livello: la pianificazione ospedaliera. Ma qui conflitti d’interesse (i Cantoni sono sia pianificatori che proprietari delle strutture) e campanilismo (ogni cantone o regione vuole il suo ospedale; e ogni ospedale vuole le sue apparecchiature mediche, sempre più performanti) rendono arduo il compito. La pianificazione intercantonale rimane perlopiù una chimera. L’eccezione: i cinque Cantoni della Svizzera orientale che nel febbraio del 2020 hanno firmato una dichiarazione d’intenti per definire una copertura ospedaliera comune negli ambiti delle cure acute, della riabilitazione e della psichiatria. Una prima in Svizzera, il cui scopo è beneficiare di sinergie e frenare così l’aumento dei costi della sanità. Un progetto concreto dovrebbe essere presentato prossimamente. A complicare le cose ci ha pensato il Nazionale: in marzo ha approvato un diritto di ricorso per curafutura e santésuisse contro le decisioni cantonali sulla pianificazione ospedaliera e le liste degli ospedali. Tocca ora al Consiglio degli Stati esprimersi.
Adesso i Cantoni si accollano almeno il 55% dei costi delle cure stazionarie; le casse malati coprono al massimo il restante 45%. Le cure ambulatoriali sono invece interamente a carico della Lamal, vengono cioè finanziate al 100% attraverso i premi. In ragione del crescente spostamento delle cure verso l’ambulatoriale, la quota della spesa sanitaria finanziata dai premi sale. Da qui la necessità di riequilibrare il sistema. L’idea di un finanziamento uniforme (con i Cantoni che verrebbero chiamati a finanziare in parte anche il settore ambulatoriale) circola dal 2009. Ma in Parlamento il cosiddetto ‘Efas’ – destinato nelle intenzioni a eliminare incentivi sbagliati e a ridurre gli oneri per gli assicurati – ha ripreso slancio soltanto una decina d’anni più tardi. Dopo il sì del Nazionale, nel 2019, il dossier è ora all’esame della competente commissione del Consiglio degli Stati.
Curafutura e la Federazione dei medici svizzeri (Fmh) puntano sul cosiddetto Tardoc. In dicembre hanno consegnato al Consiglio federale una nuova versione della struttura tariffaria per le prestazioni mediche ambulatoriali, destinata a sostituire l’obsoleto Tarmed, nel quale numerose prestazioni sono ormai sovrafatturate. L’auspicio dei promotori è che entri in vigore il 1° gennaio 2023. La precedente versione del documento era stata respinta dal governo.
Sempre in dicembre, l’organizzazione mantello degli ospedali H+ e l’altra associazione degli assicuratori malattia, santésuisse, hanno consegnato al Consiglio federale una domanda d’esame in vista dell’introduzione di tariffe forfettarie ambulatoriali. Vorrebbero che queste entrassero in vigore il 1° gennaio 2024. Con il nuovo sistema, la maggioranza delle prestazioni ambulatoriali ospedaliere verrebbe remunerata tramite importi forfettari.
Santésuisse stima il potenziale di risparmio complessivo in relazione ai medicamenti in 780 milioni di franchi, pari a una riduzione del 2,3% dei premi o di 85 franchi l’anno per assicurato. Curafutura calcola ad esempio che incoraggiare la vendita di farmaci prodotti mediante biotecnologie consentirebbe di risparmiare 100 milioni all’anno; "diverse centinaia di milioni" all’anno potrebbero invece essere risparmiati agendo sui margini di distribuzione delle farmacie (una nuova tariffa concordata con Pharmasuisse è stata presentata nel 2020 al Consiglio federale).
I costi delle analisi di laboratorio in Svizzera sono assai più elevati di quelli praticati in molti altri Paesi europei. La Confederazione li sta analizzando. L’Ufsp ha annunciato che ci saranno tagli in questo settore entro fine anno. Stando ai calcoli di ‘Mister prezzi’, il potenziale di risparmi ammonta a più di 1,5 miliardi di franchi all’anno.
Le spese per malattia e infortunio dovrebbero poter essere dedotte integralmente dal reddito imponibile a prescindere dall’aliquota percentuale, sia per l’imposta federale diretta (Ifd) che per le imposte cantonali e comunali. A metà aprile la Commissione economia e tributi del Consiglio nazionale ha approvato due iniziative parlamentari in tal senso di Céline Amaudruz (Udc/Ge). Lo scorso anno il Consiglio federale aveva messo in consultazione un avamprogetto di legge volto ad aumentare le deduzioni concesse in ambito di Ifd per i premi dell’assicurazione malattia obbligatoria e contro gli infortuni. In Ticino, la Lega valuta il lancio di un’iniziativa popolare a livello cantonale per chiedere la deducibilità integrale dei premi di cassa malati dalle imposte.
Assicuratori malattia, ospedali, medici, industria farmaceutica: i principali gruppi di interesse del settore sanitario sono ben rappresentati in Parlamento. Non a caso numerose proposte per limitare l’influenza di parlamentari-lobbisti e lobby tout court sono state affossate negli scorsi anni. Il ‘senatore’ vallesano Beat Rieder (Centro) ha voluto riprovarci. Ma il progetto destinato ad applicare la sua proposta – vietare in linea di massima ai parlamentari l’assunzione di mandati retribuiti aventi un nesso con l’attività di membro di una commissione – avanza a fatica nella competente commissione degli Stati. La Camera dei Cantoni ne discuterà verosimilmente in settembre.
Nel settore sanitario "è l’offerta che crea la domanda", ricordava lo scorso autunno la direttrice di santésuisse Verena Nold. Secondo il Consiglio federale, i trattamenti inappropriati o superflui – dettati anzitutto da un’offerta sovrabbondante – costituirebbero il 20% dei costi della salute. Ma combattere la medicina inutile è più facile a dirsi che a farsi. Tutti i fornitori di prestazioni possono fare la loro parte nel limitare il consumo eccessivo di farmaci, esami e cure mediche. Alcuni medici e farmacisti, ad esempio, lavorano assieme in seno a circoli di qualità che su scala locale contribuiscono a migliorare la qualità delle prescrizioni, riducendo tra l’altro il ricorso ai farmaci più cari a favore dei generici, e limitando al contempo la capacità di penetrazione delle case farmaceutiche negli studi medici, nelle farmacie e negli ospedali. Anche ciascuno di noi, come assicurato, ha una precisa responsabilità. L’Acsi e altre associazioni dei consumatori forniscono preziosi consigli in questo senso.
Non si potrà influire sui principali fattori strutturali che determinano la crescita della spesa sanitaria, ossia la crescita demografica/invecchiamento della popolazione e il progresso della medicina e della tecnologia medica. Probabilmente, non si potrà nemmeno evitare un aumento dei costi della salute – e di conseguenza dell’onere dei premi – a seguito dell’attuazione dell’iniziativa ‘Per cure infermieristiche forti’, approvata alle urne lo scorso novembre.