‘Sono partito dalla mia vicenda personale, ma non mi sono fermato lì’. Ora per Rubbettino, dall’autore de ‘La pozza del Felice’
Trecentoquattro momenti di una cronaca giornaliera che alterna lucidità, smarrimento, sbando, disperazione e flashback per lo più dolorosi, trattandosi anche di ricordi felici. Ne esce il quadro in divenire di quella che un tempo era una famiglia e adesso è un bimbo preso nel mezzo di due genitori che sono ancora un padre e una madre ma non più una moglie e un marito. Ne esce soprattutto il soliloquio di un ex marito che "la prima volta che ho sentito parlare di divorzio era quando i genitori di un mio compagno di classe in seconda media si erano divorziati", è adesso il divorzio lo vive in prima persona, nella deriva di un uomo che passa di psichiatra in psichiatra, di psicofarmaco in psicofarmaco, di legale in legale, lungo una discesa che puzza di alcol, che ha i segni della depressione, dell’instabilità economica e della frenesia: "Non c’ho tempo da perdere che sto vivendo in un delirio".
‘Uscirne fuori’ (Rubbettino Editore) è la nuova pubblicazione di Fabio Andina, edizione rivista dell’omonimo suo libro del 2016. Per gli amanti del rubinetto lasciato aperto, il rubinetto dei pensieri, nelle poco più di duecento pagine del libro non c’è un solo ‘a capo’ e tutto è scritto come si parla. O meglio, come parla il protagonista e come il suo autore vuole che il protagonista parli, in quel flusso controllato di parole che sa dell’amata beat-generation e che caratterizza anche ‘La pozza del Felice’, l’Andina best seller svizzero che si risparmiò, anche in quel caso, una buona dose di punteggiatura. In ‘Uscirne fuori’, «di autobiografico c’è la condizione che ha dato il la al romanzo», ci spiega lo scrittore: «Io un divorzio l’ho vissuto, da lì mi sono lasciato prendere per mano dal protagonista e tutto il resto è creato sulla base di fatti reali che accadono a chi divorzia, ricostruiti da letture e ricerche fatte. Partendo dalla mia esperienza personale ho provato a ricostruire ciò che potrebbe succedere, o quel che è successo a tanti». Con un distinguo: «Essendo scritto dal punto di vista del marito potrebbe sembrare che si tratti di un libro in cui la donna venga presa come la causa di tutto, ma i matrimoni falliti sono anche un concorso di cause».
Fino all’uscita di questa nuova pubblicazione, il Fabio Andina più recente era quello di ‘Sei tu Ticino’ adattato per la Rsi a radiodramma, cinque racconti estratti dal libro uscito nel 2020 e finiti nelle mani di Flavio Stroppini, regista, e nelle voci di Yor Milano, Moira Albertalli, Matteo Carassini, Margherita Saltamacchia e molti altri. Insieme al recente ‘Tessiner Horizonte – Momenti ticinesi’ (Rotpunktverlag), fusione bilingue tra la parola e schizzi del paesaggio montano, continua a essere recente anche ‘La pozza del Felice’, in finale al Premio Rts sabato 21 maggio a Losanna; lo stesso weekend, a Cannes, quella storia di montagna da oltre centomila copie in quattro lingue verrà sottoposta alla commissione di ‘Shoot the book’, tavola rotonda popolata da produttori e registi internazionali, momento di confronto durante il quale persone incaricate dall’editore possono presentare un romanzo e cercare di venderne i diritti per l’adattamento cinematografico. E Pro Helvetia ha proposto il Felice.
«Li chiamano ‘long seller’», dice Andina di quel libro che gli ha concesso la base finanziaria sulla quale costruire una vita da scrittore. «Il Felice mi ha anche dato modo di conoscere posti e persone che non avrei mai avuto occasione di conoscere, per ogni versione linguistica pubblicata. Quando ero agli inizi mi dissero che un libro ha una vita di un mese o due, se ti va bene tre; oggi mi rendo conto che il Felice è in giro da tre anni e mezzo». A questo proposito: «Non nascondo che l’idea di un prequel mi era passata per la testa, ma la Rubbettino ci ha visto lungo, spingendomi a non restare intrappolato nello scrittore di montagna, vestito dal quale è poi molto difficile uscire. Un buon editore in questo senso è importante». ‘Uscirne fuori’, restando in tema, non è una storia di montagna, «se non per il fatto che il protagonista viene buttato fuori di casa e dalla città se ne va a vivere nella baita di famiglia in montagna, ma non racconto la vita di montagna. Mi sono concentrato sugli aspetti psicologici del protagonista, sulla condizione interiore. Per intenderci, potrebbe essere il mare o la città, e le dinamiche sono quelle del divorzio indipendentemente da dove questo venga vissuto».
Fabio Andina non sarà più uno scrittore di montagna, ma conferma di essere ancora un uomo di montagna. «Quello sì, quello non cambierà, appena posso salgo. Sono sempre la stessa persona costantemente alla ricerca della solitudine, del silenzio, della tranquillità. Vivendo di scrittura ora riesco a ritagliarmi le giornate come le voglio io, sono libero di svegliarmi alle tre di mattina con il fuoco dentro, di mettere su il caffè e scrivere fino alle dieci, dopo aver visto il sole sorgere. Con un altro lavoro non potrei farlo». (www.fiabioandina.com)