L'associazione si è da poco stabilita in viale Castagnola ed è in arrivo una linea telefonica. Un bilancio con la direttrice Sarah Gamper
La recente condanna dell’ex allenatore dell’Hockey club Lugano è solo l’ultimo grosso caso di abusi sessuali su minori passato da un’aula penale ticinese. Le inchieste aperte dal Ministero pubblico per atti sessuali con fanciulli sono state 28 nel 2020, in diminuzione rispetto alle 49 del 2019. Un dato in controtendenza con quello nazionale, dove l’anno della pandemia ha visto gli incarti salire a 1’257, rispetto ai 1’163 dell’anno precedente. «E ricordiamoci che stiamo parlando solo della punta dell’iceberg. La maggioranza dei casi non viene denunciata e conseguentemente le statistiche sono per forza falsate. Ma i dati sono allarmanti già così: anche nel piccolo Ticino ogni tot tempo emerge un nuovo caso». A interpretarci le cifre è Sarah Gamper, direttrice di ‘io-NO!’, associazione nata due anni fa per prevenire gli abusi sessuali sui minori. In un modo inedito per il nostro cantone: agendo su chi prova un’attrazione per i minori. La recente apertura di una sede in viale Castagnola a Lugano è l’occasione per fare un bilancio di questi due anni.
Partiamo dalle richieste di aiuto: ne avete avute dal 2019 a oggi?
Una quindicina, considerando che di mezzo c’è stato il Covid. Sono principalmente tre le categorie di persone che si rivolgono a noi: i professionisti, quelli che noi chiamiamo ‘la cerchia’ e infine le persone che ci contattano in prima persona perché provano attrazione sessuale per i bambini. I primi per segnalare una situazione o per chiedere quali passi intraprendere. Invece i secondi – parenti o amici di persone che hanno queste pulsioni – spesso si sentono soli e non sanno cosa fare. Può capitare che dall’oggi al domani arrivi la polizia per arrestare un familiare per pedopornografia: si tratta di un evento destabilizzante. L’associazione si avvale di una rete di professionisti per indirizzare in base ai bisogni.
È un tema molto tabù infatti.
Sì. E per la famiglia o gli amici intimi può essere doppiamente difficile, perché si fanno dei sensi di colpa: ‘Perché non mi sono accorto?’, ‘cosa avrei potuto fare per evitarlo?’. Le persone sessualmente attratte dai bambini hanno bisogno di essere ascoltate; spesso infatti con noi parlano per la prima volta della loro attrazione sessuale e dei loro timori.
Cosa vi dicono?
È molto soggettivo: dipende dalla persona, dalla situazione, dal grado di consapevolezza. C’è chi ha bisogno ‘solo’ di parlare, chi è disorientato, chi è nel diniego più totale. Si tratta quindi di fare il punto della situazione e capire quali sono i loro bisogni. È importante anche far capire che quel che stanno facendo è un passo molto importante. Ricordiamoci che l’attrazione sessuale verso i minori non è una scelta. Proprio per questo, spesso queste persone vivono molto male perché sono coscienti che è qualcosa che non va bene, ma non possono scegliere di non provare questa attrazione sessuale. A chi teme di non poterla più gestire, consigliamo una psicoterapia con dei professionisti che collaborano con l’associazione, persone sensibili al tema che cercheranno di aiutarli senza giudicarli. L’associazione si occupa di ascoltare le persone che la contattano: per alcune di loro poterne parlare ha un effetto preventivo importante. Viene fatto il punto della situazione, si chiariscono i bisogni e si cerca di orientare verso un terapeuta sensibile al tema. L’idea è di permettere a queste persone di continuare ad agire in modo rispettoso dell’integrità dei bambini. Chi lo desidera può chiamarci senza darci le generalità in quanto l’anonimato è garantito. È importante sottolineare che se ci dovessimo rendere conto che l’integrità di un minore è in pericolo avviseremmo l’autorità competente.
Anche se non agite direttamente sulle vittime, la loro tutela rimane fondamentale.
Assolutamente. Noi siamo nati per coprire un segmento che in Ticino era ancora scoperto. Ci sono già enti e servizi a tutela delle vittime e anche noi lo facciamo, ma agendo diversamente: rivolgersi alle persone che si sentono sessualmente attratte dai minori significa coprire il tassello mancante per fare protezione a 360 gradi. Per chi commette un reato è necessaria una pena, che non deve essere solo punitiva ma soprattutto riabilitativa. È importante per queste persone imparare a gestire la loro pulsione e sapere a chi chiedere aiuto. Noi siamo come un corrimano al quale potersi appoggiare quando necessario, prima che sia troppo tardi. Non giustifichiamo nessun abuso sessuale, desideriamo che venga fatta prevenzione.
Il profilo del pedofilo è molto eterogeneo, ma una cosa in comune l'hanno: sono quasi tutti uomini. Giusto?
Gli studi sulla pedofilia femminile stanno emergendo anche se sono ancora una minoranza. Forse se ne parla meno per un pregiudizio sociale, o perché è più difficile che emergano. Rispetto alla controparte maschile, spesso anche le dinamiche risultano differenti. In ogni caso noi ci rivolgiamo sia agli uomini sia alle donne. È importante andare oltre i pregiudizi: spesso il pedofilo nell’immaginario collettivo è visto come una persona che aspetta i bambini al parco, il classico ‘orco’. Invece frequentemente si tratta di una persona molto vicina alla famiglia della vittima e alla vittima stessa e nella maggior parte dei casi queste cose avvengono all’interno della cerchia familiare.
E poi ci sono i giovanissimi: sono cresciuti negli anni i casi di minorenni consumatori di materiale pedopornografico.
Noi infatti ci rivolgiamo sia agli adulti, che agli adolescenti. Ci sono adolescenti che chiamano servizi come il nostro disperati perché non sanno a chi rivolgersi. Il problema principale è far capire a chi ne fa utilizzo che più sale la domanda e più ci sarà offerta, ma soprattutto che dietro a un’immagine o un video c’è sempre un bambino vero che è stato sessualmente abusato. Mi piacerebbe molto, e mi auguro che sia un nostro prossimo progetto, entrare nelle scuole per far sapere agli adolescenti che ci siamo. Perché è in quella fase che si scopre la sessualità.
La collaborazione con l'ente pubblico è buona?
È buona. Abbiamo il riconoscimento della Confederazione, vale a dire un finanziamento su quattro anni con l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas). Abbiamo ottenuto un riconoscimento dalla Città di Lugano e stiamo preparando la documentazione da sottoporre al Cantone e al Grigioni italiano.
E i vostri prossimi passi quali saranno?
Il primo obiettivo è attivare la linea telefonica, attualmente siamo raggiungibili via e-mail. La ricerca fondi è altrettanto importante e impegnativa, vista la delicatezza del tema. Stiamo cercando di consolidare e ampliare la rete di professionisti con i quali collaboriamo per continuare a offrire un servizio di qualità. Stiamo inoltre lavorando sulla raccolta di dati, a fini statistici: ci permetterà di capire se e come orientare il servizio. Non da ultimo è per noi importante la collaborazione con gli altri enti svizzeri che perseguono il nostro stesso scopo. E anche su questo fronte stiamo compiendo passi importanti.