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Lugano, prevenzione della pedofilia: ‘Io-No’ rischia di chiudere

Malgrado il lavoro non manchi, l’associazione attiva in città da poco più di due anni, lamenta un sostegno insufficiente da parte del Cantone

(‘Io-No’)
3 novembre 2022
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C’è delusione tra i fondatori dell’associazione "io-No!", la prima e unica iniziativa che in Ticino, dal 2021, fornisce ascolto a chi si sente attratto o prova fantasie sessuali nei confronti dei bambini e dei minorenni. Un importante lavoro di prevenzione a monte, cioè prima che i potenziali pedofili passino all’atto. Una primizia assoluta in Ticino che colma un vuoto incomprensibile, mentre nel resto del Paese esistono già servizi simili. L’idea ticinese ricalca infatti quanto già si fa dal lontano 1995 nel canton Vaud a Losanna con l’associazione "Dis No" a cui il lavoro, stando al rapporto di attività, ahi noi, non manca affatto. Anche nella Svizzera tedesca, dove è attiva "Kein Täter Werden", c’è da fare. Lo scorso luglio al "TagesAnzeiger" la direttrice Fanny de Tribolet-Hardy ha dichiarato che "da noi si annuncia una persona ogni settimana", uomini di età compresa tra i 16 e i 60 anni. Non sono pochi.

Decine di segnalazioni all’anno

"Nel 2021 abbiamo avuto una decina di segnalazioni e nel 2022 pure. E questo non facendo praticamente nessun tipo di pubblicità" ci dice la direttrice di "io-No!", Sarah Gamper. Segno che anche a sud delle Alpi i casi non mancano. Sono tante o poche le richieste di aiuto ricevute da "io-No!"? «Secondo noi per essere all’inizio è una cifra considerevole». Purtroppo, come riportava all’inizio di ottobre la Rsi, l’attività ticinese – che ha ricevuto sollecitazioni persino dall’Italia e dagli psicologi ticinesi – è a rischio e dopo soli due anni di consulenza potrebbe chiudere già l’anno prossimo. Il motivo? Secondo Gamper è il sostegno insufficiente da parte del Cantone per rendere più professionale il nuovo servizio.

‘Ci vogliono professionisti’

Dopo un riconoscimento a livello federale e un sostegno da alcuni privati, "io-No!" si è rivolta al Dipartimento sanità e socialità (Dss) che, tramite il fondo Swisslos, può concedere aiuti ad attività "meritevoli", che soddisfano "obiettivi qualitativi e quantitativi", così alla Rsi si era espresso il direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie del Dss, Gabriele Fattorini, che aveva seguito il dossier. Fattorini aggiungeva che si stava proprio "sperimentando" in che "misura sostenere" l’associazione che, di fatto, ha ricevuto una prima tranche di 10mila franchi. Ma il problema per Gamper rimane: quei soldi non bastano per pagare gli stipendi del comitato, l’affitto, la formazione, una linea telefonica eccetera. «Un servizio come il nostro non può basarsi sul volontariato» spiega. «Ci vogliono professionisti e persone competenti, perché le persone con le quali ci si confronta portano delle situazioni di disagio importanti».

Cantone all’ascolto, ma...

Gamper, che è riconoscente verso l’aiuto del Cantone, trova deludente l’approccio del Dss che potremmo definire un po’ troppo... contabile, rispetto a una nuova offerta i cui risultati non si possono misurare a breve termine. In effetti, come valutare gli obiettivi qualitativi di prevenzione verso i potenziali pedofili? E perché non concedere di più visto che in termini quantitativi l’utenza non è affatto mancata? Abbiamo rivolto queste domande a Fattorini il quale riconosce che c’è un’utenza a "io-No!" ma, senza entrare troppo nel merito, precisa solo che "tutte le richieste le analizziamo" e che per avere un nuovo aiuto ogni associazione deve presentare dei dati a consuntivo, un rapporto d’attività ecc. Al momento, taglia corto il funzionario, non ha più ricevuto notizie da "io-No!".

‘Faremo di tutto per tenere aperto’

La direttrice Gamper a ‘laRegione’ rassicura, non senza un tono di amarezza: il resoconto dell’attività per il 2021 è stato consegnato a marzo 2022, lo stesso avverrà per quello di quest’anno. «Non siamo ufficialmente chiusi» precisa, questo si vedrà nel 2023, «siamo ancora raggiungibili via email e rispondiamo alle sollecitazioni che ci arrivano», ma il Cantone «sa che siamo in difficoltà» e il problema è che concede aiuti ‘a progetto’, per cui bisognerebbe ogni anno presentare una nuova richiesta con un nuovo budget. L’insoddisfazione di fondo rimane: 10mila franchi l’anno per prevenire potenziali atti di pedofilia, oggettivamente, non bastano. Tuttavia, conclude Gamper, i numeri dimostrano che «la rete funziona bene», quindi «faremo di tutto per tenere aperto». Sarebbe auspicabile in un cantone dove, la cronaca lo dimostra, la pedofilia è un problema reale.

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