Le Ong criticano il progetto di ordinanza ‘farsa’ presentato dal Consiglio federale. Il parere del professore di diritto internazionale Nicolas Bueno
29 novembre 2020: l’iniziativa ‘Per imprese responsabili’ viene accolta di misura dal popolo (50,7% di ‘sì’), non ottiene però la necessaria maggioranza dei cantoni. Karin Keller-Sutter – in prima linea durante una campagna aspramente combattuta – si presenta in conferenza stampa. Dà prova di fair-play nei confronti dei ‘perdenti’, che in realtà sono i vincitori morali della votazione. Il Consiglio federale – dichiara la ministra di giustizia e polizia – «pensa a tutte e tutti coloro che hanno lottato per anni a favore di questa iniziativa, e che oggi sono delusi (...). La loro mobilitazione non sarà stata vana». Il controprogetto indiretto adottato dal Parlamento è la «via moderata, efficace e concordata a livello internazionale» per raggiungere l’obiettivo condiviso anche da chi ha votato ‘no’. Le nuove norme del Codice delle obbligazioni comprendono l’obbligo per le grandi imprese di redigere ogni anno un rapporto sui rischi della loro attività in relazione a diritti umani, ambiente e corruzione, nonché un dovere di diligenza/controllo (esteso all’intera catena di fornitura) per quanto riguarda il lavoro minorile e i minerali provenienti da zone di conflitto. Il controprogetto non contiene per contro alcuna nuova clausola sulla responsabilità civile delle imprese.
14 aprile 2021: il Consiglio federale manda in consultazione fino a metà luglio il progetto di ordinanza con il quale intende attuare le disposizioni approvate alle urne. Prevede che tutte le aziende con un fatturato inferiore a 40 milioni di franchi e meno di 250 posti di lavoro a tempo pieno siano esentate dall’obbligo di dovuta diligenza in materia di lavoro minorile e dall’obbligo di rendiconto. Deroghe sono contemplate anche per aziende più grandi che presentano “lievi rischi” da questo punto di vista. Eccezioni anche per quanto concerne i minerali estratti in zone di guerra: l’obbligo di dovuta diligenza scatta solo a partire da una determinata soglia di volume importato (cento chili l’anno per l’oro, ad esempio). Inoltre, sono dispensate le imprese che lavorano e importano metalli riciclati. Il Consiglio federale ribadisce quanto affermato lo scorso autunno: le nuove disposizioni sono “ampiamente coordinate con i regolamenti corrispondenti a livello europeo”. Swissholdings, l’organizzazione mantello delle multinazionali, gioisce: questa è una “soluzione durevole per il futuro”.
Soluzione durevole, efficace, in linea con gli standard europei? I promotori dell’iniziativa e le organizzazioni non governative sono costernate. “Con quest’ordinanza la Svizzera resterà dietro la maggior parte dei Paesi europei”, ha detto ai giornali Tamedia Rahel Ruch del comitato d’iniziativa. Una coalizione di Ong deplora adesso una “legge minimalista” che sembra “una farsa”, un progetto “inefficace” che “disconosce” la volontà della maggioranza dei votanti e “incita a distogliere lo sguardo” dal lavoro minorile. “Il Consiglio federale prevede talmente tante eccezioni e condizioni derogatorie che non ci sarà praticamente alcuna azienda che dovrà sottostare agli obblighi di diligenza ragionevole riguardanti il lavoro minorile e i minerali di conflitto”, sostiene Chantal Peyer della coalizione di Ong, citata in una nota. Anche Nicolas Bueno, professore di diritto internazionale ed europeo a UniDistance Suisse, critica l’approccio governativo.
Professor Bueno, quale delle tante eccezioni e deroghe previste vi sembra la più problematica?
Già il fatto che l’obbligo di dovuta diligenza si applichi a soli due settori [lavoro minorile e minerali provenienti da zone di conflitto, ndr] è molto riduttivo. Poi, per quanto riguarda specificamente il progetto d’ordinanza, l’eccezione che mi sembra indifendibile sul piano internazionale è l’esenzione generalizzata delle piccole e medie imprese – anche di quelle la cui attività potrebbe presentare rischi elevati – dall’obbligo di dovuta diligenza in materia di lavoro minorile. Se proprio si voleva creare un’eccezione, la si doveva redigere in questo modo: sono esentate tutte le imprese che non si riforniscono in Paesi dove il lavoro minorile è una realtà.
Sulla questione del lavoro minorile “la Svizzera va più avanti dell’Ue”, ha dichiarato ai giornali Tamedia una portavoce dell’Ufficio federale di giustizia. Non è così, dunque?
Bisogna distinguere. Attualmente non abbiamo norme specifiche su quest’aspetto a livello di Unione europea. Esiste un progetto di Direttiva che abbraccia l’insieme dei diritti umani, e che comprende anche disposizioni in materia di lavoro minorile. Il progetto di ordinanza svizzero invece si spinge meno lontano della legge specifica in vigore da anni nei Paesi Bassi, ed è anche meno ambizioso della normativa adottata in giugno in Germania – il cui obbligo di diligenza è generalizzato e vale per i fornitori diretti, in via subordinata anche per quelli indiretti – o della legge norvegese.
Il Consiglio federale afferma che le nuove disposizioni sono “ampiamente coordinate con i regolamenti corrispondenti a livello europeo”. Non è d’accordo?
No. Per due ragioni: la prima è che la Svizzera in ambito di obbligo di diligenza ha adottato un approccio settoriale, mentre il progetto di Direttiva Ue è trasversale, copre cioè l’insieme dei diritti umani e le norme ambientali internazionalmente riconosciuti. La seconda ragione riguarda i meccanismi di applicazione: nel progetto di ordinanza del Consiglio federale, il solo meccanismo di questo tipo è l’obbligo per le grandi imprese di redigere un rapporto annuale nel quale rendano conto di come esercitano questo dovere di diligenza. Il progetto di Direttiva europea prevede invece dei meccanismi di controllo amministrativi, ovvero dei funzionari che verifichino l’effettivo rispetto dell’obbligo di dovuta diligenza e che, se del caso, impongano sanzioni. Non solo: c’è anche una clausola di responsabilità civile [era il ‘cuore’ dell’iniziativa ‘Per imprese responsabili’, ndr], in base alla quale la società madre può essere citata davanti a un tribunale nazionale per violazioni commesse dalle sue filiali all’estero.
Una clausola del genere esiste in Francia. La troviamo altrove?
Al momento no. Ma il principio è ormai sancito dalla giurisprudenza in vari Paesi, in particolare nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, dove peraltro i tribunali non fanno che applicare il diritto civile in vigore. Ciò che per contro non si è ancora affermato, è il principio della responsabilità civile della società madre per violazioni commesse all’estero dalle aziende fornitrici dirette o indirette.
Saranno presto superate le disposizioni sull’obbligo di diligenza in procinto di entrare in vigore in Svizzera?
Diciamo che la Svizzera avrebbe tutto l’interesse – per una questione di certezza del diritto – ad anticipare quanto avviene in Europa, altrimenti prima o poi saranno i tribunali a dettare la linea da seguire, come succede nel Regno Unito e nei Paesi Bassi. Inoltre l’Ue ha detto chiaramente che la futura Direttiva [destinata a essere recepita non prima di un paio d’anni o tre, ndr] si applicherà non solo alle società con sede negli Stati membri, ma anche alle multinazionali attive sul mercato unico europeo.