Contributo di 500 milioni, il 22 giugno il direttore del Dfe Vitta in commissione della Gestione. L'Ipct: tocca ora alla politica fare la propria parte
Il comunicato è recentissimo, è datato 31 maggio ed è pubblicato sul sito dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino, la denominazione attuale della Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato. È stato stilato alla luce delle “risoluzioni dei collegi docenti di varie scuole” pervenute nei mesi scorsi all’Ipct su più aspetti riguardanti il trattamento pensionistico. Fra cui quello affrontato nella parte conclusiva della nota. “Un primo intervento per rafforzare il finanziamento dell’Ipct è già stato concretizzato con il messaggio governativo 7784 licenziato il 15.01.2020 all’indirizzo del Gran Consiglio. Esso ha l’obbiettivo di attribuire all’Ipct un contributo integrativo di 500 milioni di franchi per finanziare i maggiori costi generati dalle garanzie di pensione ex art. 24 della Legge sull’Ipct a seguito dell’inevitabile riduzione del tasso tecnico (passato in pochi anni dal 3.5% all’1.5%). Essendo fermo da più di un anno in Commissione gestione e finanze del Gran Consiglio, il Consiglio di amministrazione dell’Ipct, di concerto con il Consiglio di Stato, sta sollecitando la stessa commissione a evadere questo messaggio in tempi brevi. Tocca quindi ora alla politica fare la propria parte. Benché legato alla questione del finanziamento delle garanzie di pensione, non si può tuttavia nascondere che l’esito di questo messaggio influenzerà le misure di compensazione che il Consiglio di amministrazione dell’Ipct potrà attuare”. Firmato Istituto di previdenza del Cantone Ticino, e meglio dal suo direttore Daniele Rotanzi e dalla capoufficio previdenza Lara Fretz. Tocca alla politica fare la propria parte, scrivono dunque i vertici della cassa. Per cercare di uscire dall’impasse in cui si trova il dossier, commissione della Gestione e governo hanno deciso di incontrarsi. A breve. «Ci troveremo il 22 giugno - dice la presidente della Gestione Anna Biscossa -. La richiesta di un incontro è arrivata dal direttore del Dipartimento finanze ed economia, per aggiornarci sul tema». Da Christian Vitta, aggiunge la deputata socialista, «ci aspettiamo anche, questa perlomeno la nostra speranza, delle proposte operative concrete. Sui 500 milioni in commissione non c’è al momento un grande consenso, c’è più di una perplessità. Vedremo il 22 se vi saranno delle novità che possano rendere meno tortuoso il percorso».
La Lega mantiene intanto la propria posizione. Se il contributo di mezzo miliardo dovesse essere approvato dal Gran Consiglio «lanceremmo il referendum», afferma Michele Foletti. «Con questa operazione non si risana strutturalmente la cassa pensioni e si continua a garantire i privilegi dei vecchi assicurati che hanno beneficiato della riforma votata dal Gran Consiglio nel 2012 (con, fra l’altro, il passaggio dal primato delle prestazioni a quello dei contributi, ndr.) -sostiene perentorio il deputato leghista -. Aspettiamo ora di sapere cosa ci dirà il Consiglio di Stato». Osserva il granconsigliere popolare democratico Lorenzo Jelmini: «L’odierna situazione economica e finanziaria non facilita certo la ricerca di una soluzione. Che comunque dobbiamo individuare, perché rinviare non aiuta a migliorare lo stato di salute finanziario della cassa pensioni, che conta complessivamente circa sedicimila assicurati attivi fra dipendenti dello Stato, di Comuni, fondazioni e altri enti. Per questo è fondamentale incontrarci con il governo per trovare insieme delle soluzioni praticabili. Vanno poi ricordate due cose. La prima: la richiesta del contributo integrativo è la conseguenza di una decisione politica presa alcuni anni fa dal parlamento, quella cioè di mantenere i diritti acquisiti di alcune classi di età. La seconda: la gestione attuale della cassa pensione è da giudicare senz’altro positivamente, tant’è che in questi anni sono stati fatti degli utili anche superiori alla media di quelli conseguiti dalle casse pensioni».
Al tema dei 500 milioni si è accennato pure oggi durante la riunione settimanale della commissione Gestione. «Adesso - rileva a sua volta il capogruppo del Ps Ivo Durisch - non c'è, purtroppo, una maggioranza per andare in parlamento. Partire con una prima tranche di 250 milioni di franchi? Non risolverebbe completamente il problema, ma permetterebbe almeno di non far ricadere tutto il maggior onere contributivo sugli assicurati attivi. Qualora non venisse stanziato questo contributo integrativo o se dovesse essere bocciato dai cittadini in caso di referendum, sarebbero in larga misura i giovani assicurati a dover risanare la cassa pensioni, cosa che tra l’altro stanno già facendo adesso»
A titolo personale il granconsigliere liberale radicale Bixio Caprara annota che «un aspetto è il tema del carico dei pensionamenti anticipati che vanno ad aggravare il tema della copertura, mentre un secondo tema comunque evidente è che c’è un costante prolungo delle speranze di vita e c’è un gap accresciuto tra chi lavora e paga, e chi riceve prestazioni». Per Caprara «bisognerà sicuramente chiedere un credito per risanare, ma credo che non si possa scappare anche da una correzione dei contributi: sia gli assicurati sia i datori di lavoro verosimilmente dovranno aumentare la propria partecipazione al finanziamento. Se non ci sarà questo aumento si risana adesso, ma tra qualche anno saremo punto a capo».
Per il deputato dell’Udc Paolo Pamini «è importante aspettare se sarà possibile procedere con il fondo sovrano che ho proposto». Sui 500 o 250 milioni che dovrebbero essere dedicati al risanamento è netto: «Se si chiede un sacrificio deve esserci un progetto che o non costa al contribuente, o è risolutorio una volta per tutte».
«Noi siamo disposti a dare il nostro sì a questo contributo, ma che siano 250 milioni o mezzo miliardo non sosterremo una soluzione che si promette miracolosa quando sappiamo che è solo un cerotto», commenta la coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin. Perché «questa non sarà una soluzione definitiva, ma una medicazione. Assieme a questo credito va impresso un cambio di paradigma».