Le associazioni del personale oggi sono state sentite in audizione dalla commissione della Gestione. Il presidente Quadranti: ‘Diventerà una priorità’
Il dossier riguardante l’iniezione di mezzo miliardo di franchi all’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (attuale denominazione della cassa pensioni dei dipendenti dello Stato) è tornato stamattina sui tavoli della commissione parlamentare della Gestione, con l’audizione delle associazioni del personale. I sindacati appoggiano il messaggio governativo, ovvero l’attribuzione all’Ipct del contributo integrativo di 500 milioni “per la copertura del costo supplementare delle garanzie di pensione concesse agli assicurati con più 50 anni” nel quadro della riforma entrata in vigore nel 2013.
Il tema, pendente da tempo in Gestione, era stato politicamente congelato a causa della pandemia e delle conseguenze economiche sui conti del Cantone. Tolto dal freezer? «Sì, già la settimana scorsa abbiamo ricevuto in audizione il Consiglio di Stato e i dirigenti della cassa. Oggi con i sindacati siamo andati avanti», ci risponde il presidente della Gestione Matteo Quadranti (Plr). «Non è un tema che possiamo lasciare lì così, si tratta di impegni presi», continua. E qual è il clima in commissione? La Lega si è opposta a più riprese minacciando referendum nel caso si decidesse di andare in questa direzione. «Beh, anche Lugano ha messo a posto la sua cassa pensione...» replica Quadranti alludendo al fatto che si tratta di una città con - appena riconfermati - sindaco e altri due municipali leghisti. «Una convergenza si troverà, almeno di maggioranza» spiega il deputato liberale radicale: «Diventerà una priorità della commissione, ci andrà messo impegno. Noi e i socialisti sicuramente ci siamo. Magari si comincerà non col mezzo miliardo ma con la metà, però intanto il discorso è stato riaperto e si andrà avanti anche se di certo la questione non si esaurirà in poche settimane».
«Pur comprendendo il difficile momento finanziario e il peso di questa richiesta, sosteniamo la misura proposta del Consiglio di Stato, che è inevitabile dover attuare se si vuole scongiurare danni peggiori», afferma Lorenzo Jelmini, membro popolare democratico della Gestione ma sentito dalla commissione in veste di sindacalista dell’Ocst. «Di questa situazione, che va risanata, evidentemente non sono responsabili gli assicurati e nemmeno coloro che gestiscono la cassa. Nel 2012, quando si è discussa la riforma, nessuno aveva la sfera di cristallo». La Lega ha minacciato il referendum. «Siamo pronti a sostenere davanti al popolo la necessità di questo intervento, ma mi sembra un’assurdita che si speculi politicamente su questo tema», osserva Jelmini. Per il sindacalista della Vpod e deputato socialista Raoul Ghisletta «non si può far pagare i debiti dei vecchi ai giovani, queste garanzie ai pensionati non le hanno decise i giovani: sono il Consiglio di Stato il Gran Consiglio che nel 2012 le hanno date e sta a loro finanziarle. Senza questi 500 milioni si rischia di scatenare una sorta di guerra intergenerazionale». Ricorda Ghisletta: «A Lugano, a Bellinzona, a Locarno, a Chiasso e a Mendrisio hanno risanato le casse pensioni comunali e non ci sono stati referendum». Tornando al dossier di cui si sta occupando la Gestione, «è chiaro che se ci fossero state due casse, una con il primato delle prestazioni e l’altra col primato dei contributi, questo pasticcio non sarebbe successo». I 500 milioni, evidenzia Mattia Bosco, presidente del Ccs, il Comitato di coordinamento sindacale, «sono assolutamente necessari per far sì che il peso del mancato finanziamento non ricada sugli attivi, su coloro che lavorano. Per non penalizzarli ulteriormente».
Stamane dal democentrista Paolo Pamini è giunta una proposta. «Consiste nell’investire per alcuni decenni un’importante somma presa in prestito dal Cantone - annota Pamini, da noi interpellato -. Con un po’ di pazienza e grazie ai ricavi finanziari maggiori del costo di finanziamento dovrebbe essere possibile generare un guadagno sufficiente a colmare la sottocopertura dell’Ipct». Una proposta che secondo Pamini «avrebbe il vantaggio di evitare ulteriori grossi sacrifici da parte dei funzionari e prelievi sui contribuenti». Lo scenario prospettato dal parlamentare Udc sarà oggetto di approfondimenti giuridici.