Luganese

Delitto Cantoreggi, cade l'assassinio. Pena di 4 anni e 3 mesi

Il giudice Amos Pagnamenta: è stato omicidio colposo per omissione. La fidanzata della vittima: 'È una vergogna'. Si preannuncia il ricorso in Appello

Il luogo del delitto la sera del 17 dicembre 2019
(TI-PRESS)
19 maggio 2021
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Cade l'assassinio, cade l'omicidio intenzionale, l'intezionalità e il dolo eventuale. La Corte delle assise criminali di Lugano ha prosciolto dai reati principali il 35enne austriaco, accusato del delitto di Matteo Cantoreggi avvenuto il 17 dicembre alla pensione La Santa di Viganello, ammettendo l'omicidio colposo per omissione, così come aveva richiesto l'avvocatessa di difesa, Letizia Vezzoni. La pena di 17 anni richiesta ieri dalla pp Valentina Tuoni e dal rappresentante della famiglia, avvocato Stefano Pizzola, è stata drasticamente ridotta a 4 anni e 3 mesi. Magistrato e accusatore privato si riservano di ricorrere in Appello contro la sentenza. La prima reazione alla sentenza è venuta fuori dal tribunale dalla fidanzata di Matteo Cantoreggi, che a laRegione ha dichiarato: «È una vergogna».

Manca l'elemento soggettivo del reato 

«La Corte nutre seri dubbi sul punto principale dell'atto d'accusa». Così ha esordito il giudice Amos Pagnamenta prima di leggere la sentenza. Il presidente della Corte ha spiegato: «L'accertamento è stato reso difficile perché ci sono incongruenze sia da parte dell'imputato sia del terzo ospite presente nella pensione, che non possono essere ritenute tuttavia menzognere. L'imputato quella sera non ha introdotto la vittima nella sua stanza e non c'è prova che volesse dargli una lezione. Cantoreggi era fastidioso e l'imputato ha colpito la vittima. Ma non ha usato le ginocchia. Cantoreggi ha perso conoscenza sin dopo i pugni sferrati dall'imputato e viene abbandonata a peso morto nel corridoio. Poi è stato messo sul letto. Otto minuti più tardi, l'imputato e il terzo ospite hanno constatato il polso della vittima che non rispondeva. La Corte ha escluso che i due avessero concordato una versione comune. Non ha recitato, l'imputato: ha svolto i soccorsi di rianimazione prima dell'arrivo dei soccorritori. Non particolarmente perversi sono state le modalità messo in atto dall'imputato». Così hanno stabilito i giudici al termine di due giorni di processo. 

Ha proseguito il presidente della Corte: «I pugni sono stati la causa del decesso. Ma diverso è il nesso di causalità: è il sangue finito nei polmoni la causa della morte: Cantoreggi è deceduto per soffocamento e non direttamente per i pugni - così come ha stabilito il medico legale. Cade pertanto anche l'omicidio intenzionale. Manca l'elemento soggettivo. A mente della Corte le cause del decesso risiedono nel soffocamento. I pugni si qualificano nel reato di lesioni semplici».

La Corte ha spiegato tuttavia che il caso si avvicina al dolo eventuale, ma non lo raggiunge: «Nella fase successiva la lite, l'imputato ha trascinato il corpo di Cantoreggi nel corridoio, privo di conoscenza, e l'imputato gli ha inferto un calcio al costato. La vittima è stata abbandonata in posizione supina. E qui l'imputato era cognito dei rischi del decesso ed era capace di soccorsi e di vegliare la vittima. La morte di Cantoreggi sarebbe stata evitata "con verosimiglianza" - ha evidenziato la Corte. Era preciso dovere dell'imputato soccorrerlo per scongiurarne la morte. Questo è avvenuto tardivamente: 5 minuti passano dal primo soccorso, quando la vittima era ancora in vita, perché entrambi i testimoni lo hanno sentito respirare». Ma a mente della Corte - ha concluso il giudice Pagnamenta - non c'è dolo da parte del 35enne. C'è una negligenza cosciente». La corte ha così ammesso l'omicidio colposo per omissione, così come richiesto dalla difesa. 

I giudici non hanno inoltre ammesso nessuna misura terapeutica, né stazionaria né ambulatoriale, ritenendola ingiustificata. La Corte ha in conclusione definito grave la colpa dell'imputato: «non ha trattenuto la sua ira, ha agito con egoismo e ha omesso di tutelare la vita altrui». I familiari hanno lasciato l'aula in modo composto. Ma il caso, con tutta probabilità, non si chiude oggi.  Pubblica accusa e accusatore privato meditano seriamente il ricorso in Appello.