Tanti ne sono passati dal primo cranio scoperto nel '39. E mentre al Circeo (Latina) spuntano altri nove nostri antenati, a Ercolano si scoprono nuove identità...
Il prologo è datato 24 febbraio 1939, quando alcuni operai stanno estraendo pietre all'interno della proprietà del signor Guattari, a San Felice Circeo in provincia di Latina, dopo che una frana aveva bloccato l'ingresso di una grotta; in fondo alla grotta in questione, nel tratto terminale più tardi denominato ‘Antro dell'Uomo’, i lavoratori trovano un insieme di pietre poste circolarmente e insieme un cranio assai ben conservato, che sarà presto attribuito all'Uomo di Neanderthal. Le analisi condotte al tempo da Alberto Carlo Blanc, paleontologo e geologo italiano, si concentrano in particolare sulle ferite riscontrate sul cranio, per condurre verso una teoria cannibalistica che finirà poi, romanzata e farcita di teorie ritualistico-misteriche, nel libro ‘Le iene del Circeo’. Ovvero: il forame nella zona occipitale sarebbe la prova di operazioni di allargamento effettuate da altri neanderthaliani con lo scopo di estrarre il cervello e cibarsene, il tutto a scopi rituali. È la disposizione circolare delle pietre ritrovate insieme alle ossa a portare alla conclusione del rito magico, teoria smentita soltanto cinquant'anni più tardi, quando dal convegno internazionale tenutosi al Circeo, i massimi esperti internazionali convergono sulla certezza che le aperture sul cranio sono i segni dei denti di iena e non di utensili e che quindi la grotta, già ufficialmente nota come Grotta Guattari, doveva essere la tana di una iena di 50mila anni fa, certezza corroborata dalle molte ossa animali, ovvero i resti dei suoi pasti. In sintesi: la iena avrebbe portato all'interno del proprio rifugio un cadavere umano, e anche solo la testa, per cibarsene nelle modalità studiate in Africa, ovvero mordendo la carne ivi attaccata ma senza spezzarne le ossa. Cosa che gli uomini, al contrario, avrebbero fatto.
Dalla Grotta Guattari a San Felice Circeo (Latina) - Keystone
All'Accademia Nazionale dei Lincei, espressosi in merito al ritrovamento del cranio, Blanc si esprime così: “Raccomandai al Guattari di chiudere l'accesso della grotta e di non lasciarvi più entrare nessuno”. Così sarebbe stato sin da subito, perché il sito venne classificato già all'epoca di Blanc come uno dei più importanti del paleolitico medio europeo. Un sito che oggi, ottant'anni dopo, a margine di un'operazione di messa in sicurezza della Grotta Guattari iniziata nell'autunno del 2020, restituisce altri e ancor più numerosi resti umani e animali.
I nuovi ritrovamenti arrivano da un'area della grotta ancora vergine, non oggetto degli studi di Blanc. È la zona detta ‘del laghetto’, allagata dalla falda sottostante da ottobre ad aprile. I nuovi resti umani vengono da lì: si tratta di una calotta cranica, un frammento di occipitale, frammenti di cranio (tra cui due emifrontali), frammenti di mandibola, due denti, tre femori parziali e altri frammenti non ancora identificati. Per complessivi nove individui, di cui una sola femmina, che vanno ad aggiungersi ai due identificati prima della guerra. Gli archeologi fanno sapere che i resti umani appartengono a epoche differenti: otto ominidi risalgono a un arco di tempo compreso tra i 50mila e i 68mila anni fa, il più antico avrebbe tra i 90mila e i 100mila anni. A essi si aggiungono i resti animali: iene, a conferma delle teorie di cui sopra, ma anche resti di cervo nobile e gigante, rinoceronte, orso delle caverne e cavallo selvatico. E ci sono anche tracce del passaggio dell'uro, un grande bovino ormai estinto, il cui ultimo esemplare, una femmina, morì nel 1627 per essere conservata – il cranio, ancora una volta – in un museo di Stoccolma. Le nuove indagini, condotte con strumenti inimmaginabili all'epoca della prima scoperta, coinvolgono studiosi di diversi enti di ricerca (Ingv, Cnr/Igag, Università di Pisa, Università di Roma La Sapienza), potrebbero ricostruire i movimenti dell'Uomo di Neanderthal nella pianura Pontina per un arco di tempo collocabile tra i 300mila e i 50mila anni fa. La frequentazione del luogo è dimostrata i resti di carbone e ossa di animali combuste, che portano a ipotizzare la presenza di un focolare ben strutturato.
Dalla Grotta Guattari a San Felice Circeo (Latina) - Keystone
È stato un weekend di scoperte, quello appena terminato. Per la seconda bisogna spostarsi avanti fino al tempo dei romani. A breve, a Ercolano riprenderanno gli scavi avviati quarant'anni fa (epoca del ritrovamento di 300 fuggiaschi), con l'obiettivo di potenziare la conservazione del sito archeologico patrimonio dell'Unesco, ma anche con l'intenzione di riportare alla luce il percorso che dall'antica spiaggia conduceva alla maestosa Villa dei Papiri. Nel frattempo, una ricerca firmata da Francesco Sirano, direttore del parco, si concentra su una delle vittime ritrovate nel corso della prima campagna. Inizialmente identificato come un semplice soldato, l'uomo potrebbe avere avuto un ruolo più importante. Sarebbe, come dichiarato da Sirano all'Ansa, “un ufficiale della flotta che partecipava alla missione di salvataggio lanciata da Plinio il Vecchio per soccorrere le popolazioni affacciate su questa parte del Golfo di Napoli”. Lo dimostrerebbero le ricche armi e gli strumenti da lavoro che portava in spalla.
Ercolano (Keystone)