Cronaca di una mezza ammissione di colpa: la futura reputazione aziendale in mano al direttore Ssr, colpevole di 'mancato obbligo di vigilanza' per un caso di mobbing
Due collaboratori hanno commesso molestie: uno ha lasciato l’azienda, l’altro ha ricevuto una sanzione formale. Il grande accusato, invece, l’ex presentatore Darius Rochebin, è uscito dalla triste vicenda senza macchia in quanto “nessuna testimonianza raccolta porta a molestie sessuali o psicologiche, attacchi di personalità o qualsiasi reato penale”. Evidenziate responsabilità per Gilles Marchand, colpevole di “mancato obbligo di vigilanza” relativamente a un caso di mobbing. Ma il caso “non è grave” e il direttore generale della Ssr non è destinatario di alcuna sanzione. Anzi, a lui sono affidate le redini di quello che per l’azienda sarà (vorrebbe essere) una sorta di Nuovo Rinascimento morale.
Quanto sopra è, a grandi linee, il risultato delle inchieste avviate in seguito all’articolo di Le Temps sul caso di presunte molestie alla Rts, esploso nel novembre del 2020 e arrivato sino a venerdì mattina, quando in diretta streaming si sono presentati davanti ai media il presidente del Consiglio di amministrazione (Cda) Ssr Jean-Michel Cina, la consigliera Ursula Gut-Winterberger, il direttore Rts Pascal Crittin e lo stesso direttore generale.
Il caso, per sommi capi. Nel novembre del 2020, il quotidiano di lingua francese Le Temps pubblicava un’indagine giornalistica durata diversi mesi, basata su una trentina di testimonianze anonime che andavano a comporre un dossier riportante accuse di molestie sessuali, gesti inappropriati, abuso di potere. Tutto questo, secondo il giornale, sotto gli occhi della direzione, che avrebbe guardato da un’altra parte. Tre le diverse inchieste aperte dalla Ssr-Srg: la prima, affidata a un'organizzazione esterna, finalizzata all'analisi degli strumenti in essere per segnalare casi di abuso di potere o molestia; la seconda, gestita da esperti indipendenti, avente quale obiettivo l'esame delle eventuali responsabilità dirigenziali; la terza, gestita da un ufficio legale ginevrino, avente come oggetto le testimonianze dei dipendenti, con tanto di hotline dedicata. In tutto 220 le segnalazioni giunte, riferite agli ultimi 20 anni.
Il lavoro d'indagine potrà considerarsi pienamente definito solo a giugno, con gli esiti dell'inchiesta in seno alla Rsi, anche qui per presunte molestie. Quanto alla rete romanda, il futuro non riserverà sorprese: “Quanto raccolto dalla hotline non porterà a nuove indagini disciplinari”, garantisce il direttore di Rts Pascal Crittin, che ha espresso il suo rammarico nei confronti dei collaboratori che “non sono stati ascoltati abbastanza”. In assenza di novità future, a far rumore, quasi quanto le condanne, sono due addii: quello di Bernard Rappaz, caporedattore di telegiornali, che aveva deciso di ritirarsi dai compiti operativi durante le indagini e non tornerà in azienda (“Un ritorno al suo incarico si è rivelato irrealistico”, commenta l'azienda); lascia anche il direttore delle risorse umane, a favore di “un nuovo team”.
Quanto all'ex stella del telegiornale serale della Rts: “Il mio assistito accoglie con favore la serietà delle indagini in Svizzera, i cui risultati confermano ciò che ha detto fin dal primo giorno”, commenta Antoine Vey, avvocato di Darius Rochebin, ora in Francia a LCI, canale televisivo di proprietà di Tfr1. “Dopo un periodo di attesa di sei mesi – comunica il legale – le conclusioni dell’indagine consentono di chiarire definitivamente la situazione”. Le Temps dovrà ora occuparsi della denuncia penale per diffamazione presentata dal presentatore.
“La Rts e la Ssr sono un modello. Le molestie sessuali non sono accettabili, ancor meno il disagio tra il personale o la mancanza di fiducia nei servizi responsabili della gestione di questi problemi. Tutto questo deve cambiare rapidamente”. Per questo, interpellata a margine della conferenza stampa, Simonetta Sommaruga, direttrice del dipartimento federale da cui dipende anche il settore delle Comunicazioni, si augura che Gilles Marchand “implementi le modifiche richieste” dal consiglio d’amministrazione. Marchand, appunto. “Nel 2014, nei confronti di un collaboratore accusato di mobbing, ho preso la decisione sbagliata. Mi dispiace moltissimo e mi scuso di fronte alle persone che hanno subito conseguenze e sofferenze. Dobbiamo progredire a livello di qualità delle relazioni all’interno dell’azienda, dobbiamo dare maggior considerazione alle segnalazioni dei dipendenti”. Il direttore generale parla di “cultura di apertura, rispetto, dialogo”; porta a testimonianza la nuova “persona di fiducia”, sorta di antenna anti-abusi, il rafforzato ombudsman e ombudswoman, la formazione specifica per chi è a capo di un équipe, il monitoraggio su collaboratori e collaboratrici. “In parallelo – aggiunge – rafforzeremo il diversity board, in contatto con le diverse regioni”. E ancora: «Rafforzeremo il nostro impegno antisessista con misure vincolanti in caso di non rispetto. Cercheremo anche del know-how esterno. Trarremo insegnamento da questa crisi. Perché non si esce indenni da un’esperienza del genere”.
La frase definitiva di tutta la vicenda sembra averla proprio Sommaruga: “Il caso non è risolto”, parole riferite alla necessità dell’annunciato cambiamento culturale, ma da prendersi alla lettera se chi ha mancato nel suo obbligo di vigilanza sarà il referente ultimo di questo cambiamento: “Lei crede di essere la persona giusta per questa funzione, signor Marchand?”, chiede la stampa. E Marchand risponde: “Non è una decisione mia. È il Cda, che mi ha scelto per questo ruolo, a credere, evidentemente, che io lo sia la persona giusta. Considerato che davanti a noi abbiamo un mix di sfide, la concomitanza di fattori può aver portato a questa decisione”.
“Signor Marchand, non crede che la mancanza di sanzioni nei suoi confronti metta a rischio la credibilità della ‘zero tolleranza’ che annunciate?”. È la domanda che questa redazione ha posto compilando l’apposito form online, a inizio conferenza, a metà e poco prima della fine, in due delle tre lingue nazionali (che con l’italiano non si sa mai). Nessuno ha fatto da tramite. Ce la terremo per la prossima volta.