Pd e Forza Italia lo sosterranno, M5S a rischio spaccatura. La Lega pensa a un appoggio esterno. In futuro possibile staffetta con Mattarella al Quirinale
Mario Draghi ha accettato l'incarico. Proverà a formare un governo. E ha tutte le carte in regola per riuscirci. L'ex presidente della Bce è un nome talmente altisonante che è difficile storcere il naso. Mattarella non poteva giocarsi una carta migliore come presidente del Consiglio. Quella carta l'ha portata in dote Matteo Renzi, che - per tutti - era passato da rottamatore di partiti a demolitore di governi. Evidentemente, oltre al piccone per abbattere Conte, il leader di Italia Viva si era portato anche cemento e cazzuola per ricostruire.
Il capocantiere Mario Draghi è sembrato più che pronto: “Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, dare risposte ai problemi quotidiani, rilanciare il Paese sono le sfide. Abbiamo a disposizione le risorse straordinarie dell'Ue, abbiamo la possibilità di operare con uno sguardo attento alle future generazioni e alla coesione sociale”. Questa l'agenda: un cambio di marcia sul Recovery Plan, più spesa per la sanità, più investimenti per la ripresa. Con due priorità: i giovani, troppo spesso dimenticati, e la sopravvivenza delle imprese dopo la mazzata Covid.
A rispondere con entusiasmo all'appello di Draghi è stato il Partito Democratico. E arriverà Forza Italia. L'obiettivo è la cosiddetta maggioranza Ursula, dal nome del presidente della Commissione europea von der Leyen, eletta – per parte italiana – proprio con i voti del partito di Berlusconi, del Pd e di M5S.
Il rebus odierno sono proprio i Cinquestelle, come spiega Ilario Lombardo, giornalista de ‘La Stampa’ che ha vissuto da vicino battesimo e funerale dei due governi Conte: “Il leader Beppe Grillo ha parlato di fedeltà a Conte, senza porre veti su Draghi. E Conte e Draghi si sono parlati. Un via libera del premier uscente all'ex presidente della Bce sarebbe una specie di semaforo verde per i parlamentari del Movimento. Tuttavia c'è un rischio spaccatura se qualcuno dovesse dire sì troppo in fretta, o se – una volta decisa una linea morbida – qualcuno s'impuntasse per il no”. È una questione di tempismo e opportunità, insomma, più che di convinzione, secondo Lombardo: “In politica si dice che bisogna far maturare i tempi e consumare i passaggi. E questo è più che mai vero oggi per i Cinquestelle. Forza Italia appoggerà il governo, e per loro averli come alleati non è una cosa semplice da digerire. Certo, finora hanno dimostrato le solite ingenuità e durante le trattative si sono fatti mangiare da Renzi, uno che ha tanti difetti, ma quando si tratta di giochi di palazzo sa benissimo come muoversi”. Spingerà per avere un incarico nel governo? “Non è detto, lui conta tanto in Parlamento pur avendo solo il 2%, ma non ha consenso fuori. E forse un ruolo di primo piano potrebbe non giovargli. La sua tattica a lungo raggio è ricostituire un grande partito centrista moderato, come fu Forza Italia. Certo, avere messo il proprio marchio sull'arrivo di Draghi nobilita un lavoro che fino a pochi giorni fa era considerato sporco, da cinico arrivista. Molto dipenderà dall'esito di questo governo”. Perfino la Lega di Salvini potrebbe dare una sorta di appoggio esterno, mentre a rimanere fuori è Fratelli d'Italia.
Ma che data di scadenza ha un governo Draghi? “Al momento non è prevedibile - continua Lombardo - anche se va tenuto conto dei tempi di elezione del presidente della Repubblica. Mattarella scade nel gennaio 2022. Draghi, che è un candidato per il ruolo, potrebbe tirare avanti un anno e poi fare una specie di staffetta. Oppure si potrebbe decidere di confermare l'attuale presidente, tenendolo in carica un paio d'anni (successe anche con Napolitano, ndr), per calcolare meglio i tempi del passaggio di consegne”. In tutto questo resta da decifrare il ruolo del Pd, ultimo a scaricare Conte, primo a salire sul carro di Draghi. “Hanno provato a governare la crisi, ma a un certo punto hanno perso lucidità, dimenticandosi dell'obiettivo. Il loro livore nei confronti di Renzi li ha accecati, facendoli chiudere a riccio”.
Ora restano solo da capire tempi e modi, “ma Draghi non è uno sprovveduto. Sa che un governo tecnico non avrebbe l'appoggio dei Cinquestelle e partirebbe zoppo. O non partirebbe proprio. Dovrà dosare bene le scelte, ma ha un credito tale, in Italia e all'estero, da potersi permettere più di chiunque altro”.