Bellinzonese

La Riganti di Biasca annuncia la chiusura: in 18 a casa

La ditta lombarda che aveva ritirato la Smb investendo 7 milioni ha annunciato oggi lo stop alla produzione nel corso dell'estate

Acquisita a fine 2017 ed ora destinata alla chiusura (Ti-Press)
22 giugno 2020
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Nel dicembre 2017 aveva rilevato l'allora Smb di Biasca che, in forti difficoltà, aveva licenziato tutti i 41 dipendenti di cui la metà riassunti; oggi, soltanto due anni e mezzo dopo, il gruppo industriale Riganti, basato nel Varesotto, ha a sua volta annunciato la chiusura dello stabilimento ticinese e comunicato la decisione di licenziare i 18 operai rimasti, di cui metà residenti nelle Tre Valli e l'altra metà frontalieri. La comunicazione è avvenuta questa mattina da parte della direzione che ha convocato operai e sindacati Unia e Ocst. Lo stop avverrà nel corso dell'estate, fra la metà di luglio (fino ad allora il lavoro è garantito) e il mese di settembre. Nel frattempo è stata avviata la procedura di consultazione coinvolgendo maestranze e parti sociali, fase questa che nel corso di questa e della prossima settimane richiederà più incontri e assemblee. Il termine di disdetta, su richiesta dei sindacati, è stato prorogato dall'iniziale 30 giugno al 3 luglio, così da concedere un mese di salario in più ai 22 dipendenti (quattro potrebbero venire ricollocati nella ditta varesina).

Persi 3,5 milioni in due anni e mezzo

Come appreso dalla 'Regione', i motivi della decisione considerano da una parte i massicci investimenti, nell'ordine di 7 milioni di franchi, effettuati per aggiornare i dispositivi di sicurezza e rinnovare l'impianto di produzione nel campo della metallurgia pesante (stampati per turbine); dall'altra la difficoltà a fare breccia in un mercato vieppiù orientatosi verso regioni del mondo (Cina e India) dove manodopera e materie prime costano meno. Quadro generale - lamentano i sindacati - che tuttavia doveva essere ben noto al gruppo lombardo, non certo di primo pelo, al momento di acquisire una Smb che a sua volta aveva chiuso per difficoltà analoghe alle attuali. L'emergenza Covid, e la crisi mondiale che ha generato, sembrano nel frattempo aver oltremodo pesato sulla possibilità di chiudere i bilanci in pareggio, con una perdita cumulata in due anni e mezzo pari a tre milioni e mezzo di franchi. 

I sindacati: 'Pugno nello stomaco'

«Ci fa specie che nel mese di gennaio, riconfermando l'esistenza dell'equilibrio precario protrattosi nei due anni precedenti, la dirigenza nell'ambito delle trattative intavolate per adeguamenti salariali infine concessi, non sia stata più chiara nell'indicare a noi e ai collaboratori le reali forti difficoltà sicuramente già allora presenti nell'incrementare il portafoglio clienti», annota Igor Cima di Unia parlando di pugno nello stomaco: «Tanto più che negli ultimi mesi alcuni interinali sono stati assunti come fissi. Che senso ha aumentare i salari e assumere, per poi chiudere?». Anche il sindacalista Ocst Claudio Isabella parla di una doccia fredda. «Nessuno se lo aspettava, anche alla luce degli importanti investimenti fatti per ristrutturare la sede. Alcuni dipendenti avevano anche iniziato dei corsi di formazione», sottolinea da noi contattato. «Finora non le aveva mai riversate sui suoi dipendenti, ma in effetti la ditta aveva delle difficoltà finanziarie a causa della poca produzione e del basso valore aggiunto dei prodotti. Per essere concorrenziali dovevano adattare i prezzi al mercato che è molto improntato su quello cinese», spiega. Secondo Isabella è un ennesimo brutto colpo per le Tre Valli, dove i numeri delle chiusure si fanno sempre più pesanti e gli arrivi sono pochi. «Dispiace molto per questi lavoratori e per le loro famiglie. In particolare alcuni residenti erano in azienda da tanti anni, ancora dai tempi della dirigenza precedente», aggiunge il sindacalista.

L'amministratore: 'Non c'erano alternative'

Non c'erano alternative, secondo quando spiega alla 'Regione' Duilio Benigna, amministratore unico della ditta. «Siamo dispiaciuti, abbiamo fatto il possibile ma di fronte all'evidenza non si può fare altro che chiudere», sottolinea adducendo motivi economici. «Produrre qua è diventato impossibile. Abbiamo tentato e anche investito. Già prima del Coronavirus c'erano delle avvisaglie e miravamo perlomeno a contenere le perdite». Ma la pandemia sembra aver dato il colpo di grazia. «A livello mondiale sono saltate tutte le forniture», aggiunge. Oltre ai dipendenti, i dirigenti dell'azienda hanno informato l'Ufficio cantonale del lavoro. «Stiamo elaborando il piano sociale (ndr: che il Contratto collettivo indica come obbligatorio) in collaborazione con i sindacati con cui abbiamo avuto un buon rapporto fin dall'inizio». Sindacati che dal canto loro caldeggiano la strada del tempo ridotto, possibilità data sino alla fine dell'estate e di cui la ditta ha finora parzialmente beneficiato.

Un'altra mazzata per la zona industriale

Sempre questa estate chiuderà i battenti un'altra 'storica' ditta di Biasca, la Intervalves Technologies Ag attiva nella produzione di valvole per motori, che ha annunciato la cessazione nel mese di febbraio a fronte delle difficoltà economiche che la perseguitano da anni. In tutto 25 i dipendenti che rimarranno senza lavoro. Nel 2013 la fabbrica era passata nelle mani del gruppo d'oltre Gottardo Derendinger, senza però mai raggiungere un bilancio positivo. Tanto che la perdita progressiva ha superato l'importo di 4 milioni di franchi. Per la Zona industriale d'interesse cantonale (Ziic) di Biasca un anno da dimenticare, preceduto dal taglio - nel corso di più anni - di circa 300 impieghi nelle Tre Valli.

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